Summa Teologica - I-II

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Articolo 4 - Se un peccato possa essere causa di peccato

In 2 Sent., d. 36, q. 1, a. 1; d. 42, q. 2, aa. 1, 3; De Malo, q. 8, a. 1; In Rom., c. 1, lect. 7

Pare che un peccato non possa essere causa di peccato.

Infatti:

1. Ci sono quattro generi di cause, a nessuno dei quali si può ricorrere per dire che un peccato è causa di peccato.

Il fine, infatti, ha l'aspetto di bene: e ciò non si addice al peccato, che invece è un male.

Per lo stesso motivo poi il peccato non può essere neppure causa efficiente: poiché il male non è causa agente ma, come dice Dionigi [ De div. nom. 4 ], « è debole e impotente ».

La causa materiale e quella formale infine sembra che siano circoscritte ai corpi naturali, composti di materia e di forma, per cui il peccato non può avere una causa materiale e formale.

2. Secondo Aristotele [ Meteor. 4,3 ] « produrre un essere consimile è proprio di una cosa perfetta ».

Ma il peccato per sua natura è imperfetto.

Quindi non può essere causa di peccato.

3. Se questo peccato ha come sua causa un altro peccato, per lo stesso motivo anche quest'ultimo ha per causa un altro peccato; e così si andrebbe all'infinito, il che è assurdo.

Perciò un peccato non può esser causa di peccato.

In contrario:

S. Gregorio [ In Ez hom. 11 ] insegna: « Un peccato che non viene subito cancellato dalla penitenza è peccato e causa di peccato ».

Dimostrazione:

Avendo il peccato una causa in quanto è un atto, un peccato può essere causa di un altro peccato come un atto umano può esserlo di un altro atto.

Per cui un peccato può essere causa di un altro peccato secondo i quattro generi di casualità.

Prima di tutto come causa efficiente, sia direttamente che indirettamente.

Indirettamente, come può esserlo un removens prohibens [ cioè togliendo l'ostacolo ]: infatti dal momento che l'uomo con un peccato perde la grazia, la carità, la vergogna, o qualsiasi altro ostacolo al peccato, cade [ facilmente ] in un altro peccato: e così il primo peccato è indirettamente causa del secondo.

Direttamente invece perché un atto peccaminoso dispone a commettere più facilmente un atto consimile: infatti gli atti producono le disposizioni e gli abiti che inclinano ad atti consimili.

- Nel genere della causa materiale poi un peccato può essere causa di un altro preparandone la materia: l'avarizia, p. es., prepara la materia alle liti, che per lo più vertono sulle ricchezze accumulate.

- E ancora, nel genere della causa finale un peccato è causa di un altro nel senso che uno, per raggiungere lo scopo di un peccato, può essere spinto a commetterne un altro: come quando uno per ambizione commette simonia, o per rubare commette fornicazione.

- E poiché il fine in morale dà la forma, come sopra [ q. 1, a. 3; q. 18, a. 6 ] si è spiegato, ne segue che un peccato è causa formale di un altro.

Infatti nell'atto di fornicazione commesso per rubare la fornicazione costituisce la materia e il furto la forma.

Analisi delle obiezioni:

1. Il peccato in quanto disordine è un male, ma in quanto atto ha per fine un bene, almeno apparente.

E così dalla parte dell'atto può essere causa finale ed efficiente, anche se non può esserlo dalla parte del disordine.

Il peccato poi non ha una materia da cui deriva, ma ha una materia che lo riguarda [ circa quam ].

La forma invece l'ha dal fine.

Perciò, come si è detto [ nel corpo ], un peccato può dirsi causa di peccato secondo i quattro generi di causalità.

2. Il peccato è imperfetto di un'imperfezione morale nel suo aspetto di disordine, ma come atto può avere una perfezione fisica.

E da questo lato può essere causa di peccato.

3. Non tutte le cause del peccato sono peccati.

Perciò non è necessario procedere all'infinito, potendosi giungere a un primo peccato che non ha come causa un altro peccato.

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