Summa Teologica - I-II |
Supra, q. 73, a. 6; II-II, q. 59, a. 4, ad 1; In 2 Sent., d. 22, q. 2, a. 2;De Malo, q. 3, a. 8; In Div. Nom., c. 4, lect. 2; In 5 Ethic., lect. 13
Pare che l'ignoranza non diminuisca il peccato.
1. Ciò che è comune a ogni peccato non può diminuire il peccato.
Ma l'ignoranza si trova in tutti i peccati: infatti il Filosofo [ Ethic. 3,1 ] scrive che « ogni malvagio è ignorante ».
Perciò l'ignoranza non diminuisce il peccato.
2. Se a un peccato se ne aggiunge un altro si ha un peccato più grave.
Ma sopra [ a. 2 ] abbiamo visto che l'ignoranza stessa è un peccato.
Quindi essa non può diminuire il peccato.
3. La stessa cosa non può aggravare e attenuare la colpa.
Ma l'ignoranza aggrava la colpa: afferma infatti S. Ambrogio [ Glossa ord. su Rm 2,4 ]: « Pecchi gravissimamente, se ignori ».
Quindi l'ignoranza non diminuisce il peccato.
4. Se l'ignoranza diminuisse il peccato, ciò dovrebbe avvenire specialmente per quell'ignoranza che toglie del tutto l'uso della ragione.
Ma questa ignoranza non lo diminuisce, bensì lo aggrava: infatti il Filosofo [ Ethic. 3,5 ] scrive che « l'ubriaco merita una doppia condanna ».
Quindi l'ignoranza non diminuisce il peccato.
Quanto facilita il perdono diminuisce il peccato.
Ma l'ignoranza ha questa capacità, come appare evidente dalle parole di S. Paolo [ 1 Tm 1,13 ]: « Mi è stata usata misericordia perché agivo senza saperlo ».
Quindi l'ignoranza diminuisce o attenua il peccato.
In tanto l'ignoranza può diminuire il peccato in quanto diminuisce la volontarietà, poiché ogni peccato è volontario; se invece non diminuisce la volontarietà in nessun modo può diminuire il peccato.
È chiaro quindi che l'ignoranza che scusa totalmente dal peccato, in quanto elimina del tutto la volontarietà, non diminuisce il peccato, ma lo esclude.
L'ignoranza invece che non causa il peccato, ma è ad esso concomitante, né lo diminuisce né lo aggrava.
Per cui può diminuire il peccato soltanto l'ignoranza che lo causa senza però scusare totalmente da esso.
Ora, una simile ignoranza in certi casi è direttamente ed essenzialmente volontaria: come quando uno cerca apposta di non conoscere una cosa per peccare più liberamente.
E tale ignoranza aumenta la volontarietà e il peccato: è infatti l'intensità del volere peccaminoso che spinge a subire il danno dell'ignoranza, in vista della libertà di peccare.
Invece in altri casi l'ignoranza che è causa del peccato non è voluta direttamente, bensì indirettamente, o in maniera accidentale.
Ciò si verifica, p. es., quando uno non vuole faticare nello studio, e quindi rimane ignorante; oppure quando per voler bere troppo vino si ubriaca e perde il discernimento.
E tale ignoranza diminuisce la volontarietà, e quindi il peccato.
Quando infatti non si sa che una cosa è peccato, non si può dire che la volontà si porti sul peccato direttamente, ma solo indirettamente: per cui vi è minore disprezzo, e quindi il peccato è minore.
1. L'ignoranza comune a tutti i peccatori non è causa del peccato, ma è piuttosto conseguente alla causa di esso, cioè alle passioni o agli abiti che spingono al peccato.
2. L'aggiunta di un peccato a un altro produce più peccati, ma non sempre ne produce uno più grave: poiché non sempre si tratta del medesimo peccato, ma di diversi peccati.
E può capitare, se il primo diminuisce il secondo, che tutti e due insieme non abbiano la gravità che avrebbe uno di essi da solo.
L'omicidio, p. es., è più grave se è commesso da un uomo padrone di sé che se è commesso da un ubriaco, sebbene in quest'ultimo caso i peccati siano due: e ciò perché l'ubriacatura, per quanto grave possa essere, concorre piuttosto a diminuire la colpevolezza del peccato seguente.
3. Le parole di S. Ambrogio possono essere intese dell'ignoranza affettata [ cioè ricercata ].
Oppure vanno applicate al genere dei peccati di ingratitudine, al sommo dei quali troviamo il misconoscimento dei benefici ricevuti.
Oppure ancora vanno intese dell'ignoranza dell'incredulità, che sovverte le fondamenta della vita spirituale.
4. L'ubriaco merita una doppia condanna per i due peccati che commette, cioè per l'ubriacatura e per il peccato che essa provoca.
Tuttavia l'ubriachezza diminuisce il peccato successivo, per l'ignoranza che lo accompagna, e forse tanto più la diminuisce quanto più grave è l'ubriachezza, come si è detto [ ad 2 ].
- Si potrebbe però anche rispondere che le parole riportate ricapitolano le disposizioni di Pittaco, antico legislatore, il quale stabilì, come riferisce Aristotele [ Polit. 2,9 ], che « se gli ubriachi avessero ferito qualcuno fossero puniti più gravemente; non guardando tanto alla scusante, che gli ubriachi dovrebbero avere maggiore, quanto piuttosto all'utilità, poiché infliggono più ingiurie gli ubriachi che i non ubriachi ».
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