Summa Teologica - I-II |
Infra, a. 8, ad 3; De Malo, q. 3, a. 10; In 5 Ethic., lect. 13
Pare che la passione scusi totalmente dal peccato.
1. Tutto ciò che causa un atto involontario scusa totalmente dal peccato.
Ma la concupiscenza della carne, che è una passione, causa atti involontari, secondo l'espressione di S. Paolo [ Gal 5,17 ]: « La carne ha desideri contrari allo spirito, sicché voi non fate quello che vorreste ».
Quindi la passione scusa totalmente dal peccato.
2. La passione, come si è detto [ a. 2 ], causa l'ignoranza dei casi particolari.
Ma l'ignoranza del caso particolare scusa totalmente dal peccato, come spiegammo a suo tempo [ q. 19, a. 6 ].
Quindi la passione scusa totalmente dal peccato.
3. L'infermità dell'anima è più grave di quella del corpo.
Ma l'infermità del corpo scusa totalmente dal peccato, come è evidente nel caso dei pazzi furiosi.
Quindi molto più scusa la passione, che è un'infermità dell'anima.
L'Apostolo [ Rm 7,5 ] chiama « peccaminose » le passioni solo perché causano i peccati.
Il che non avverrebbe se scusassero totalmente dal peccato.
Quindi le passioni non scusano totalmente dal peccato.
Un atto che nel suo genere è cattivo è scusato totalmente dal peccato solo se viene reso del tutto involontario.
Se quindi la passione è tale da rendere del tutto involontario l'atto che la accompagna, allora scusa totalmente dal peccato; altrimenti non lo scusa del tutto.
Ora, su questo argomento si devono considerare due cose.
Primo, che un'azione può essere volontaria o per se stessa, come quando la volontà la cerca direttamente, o nella sua causa, quando la volontà ha di mira la causa e non l'effetto, come è evidente nel caso di chi volontariamente si ubriaca.
Infatti gli viene imputato ciò che commette nell'ubriachezza come se fosse una cosa volontaria.
- Secondo, si deve osservare che una cosa può essere volontaria direttamente o indirettamente: direttamente volontario è ciò che la volontà persegue; indirettamente volontario invece è ciò che la volontà potrebbe impedire, ma non impedisce.
E in base a ciò dobbiamo distinguere.
Poiché talora la passione è così forte da togliere totalmente l'uso della ragione: come è evidente nel caso di coloro che impazziscono per amore o per ira.
E in questi casi, se la passione da principio fu volontaria, l'atto viene imputato come peccaminoso perché volontario in causa: come si è detto per l'ubriachezza.
Se invece la causa non fu volontaria, ma naturale - p. es. perché uno a motivo di una malattia o per altre cause del genere è incorso in una passione che gli ha tolto del tutto l'uso della ragione -, allora i suoi atti sono completamente involontari, e quindi sono scusati totalmente dal peccato.
Talora invece la passione non è tale da togliere del tutto l'uso della ragione.
E allora la ragione può eliminare la passione pensando ad altro; oppure può impedirle di conseguire il suo effetto, poiché le membra vengono applicate all'operazione solo col consenso della ragione, come si è visto [ q. 17, a. 9 ].
Perciò una tale passione non scusa totalmente dal peccato.
1. L'espressione « sicché voi non fate quello che vorreste » non va riferita agli atti esterni, ma ai moti interiori della concupiscenza: infatti l'uomo [ giusto ] vorrebbe non provare mai la concupiscenza del male.
E lo stesso pensiero è espresso in quell'altro testo [ Rm 7,15 ]: « Non quello che voglio io faccio, ma quello che detesto ».
- Oppure può essere riferita alla volontà precedente lo stato passionale: come appare evidente nei continenti che per la loro concupiscenza finiscono con l'agire contro il loro proposito.
2. L'ignoranza del caso particolare che scusa totalmente dalla colpa è l'ignoranza di circostanze che uno non è in grado di conoscere, pur usando la debita diligenza.
Invece la passione causa un'ignoranza della legge nei casi particolari in quanto impedisce l'applicazione delle nozioni universali agli atti particolari.
E la ragione, come si è visto [ nel corpo ], è in grado di reprimerla.
3. L'infermità del corpo è involontaria.
Ora, il caso sarebbe analogo se fosse invece volontaria: come si è detto [ ib. ] a proposito dell'ubriachezza, che è una certa infermità corporale.
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