Summa Teologica - I-II |
II-II, q. 164, a. 1; In 2 Sent., d. 30, q. 1, a. 1; In 3 Sent., d. 16, q. 1, a. 1; In 4 Sent., Prol.; d. 4, q. 2, a. 1, sol. 3; C. G., IV, c. 52; De Malo, q. 5, a. 4; Comp. Theol., c. 193; In Rom., c. 5, lect. 3; In Hebr., c. 9, lect. 5
Pare che la morte e le altre miserie corporali non siano effetti del peccato.
1. L'uguaglianza delle cause richiede l'uguaglianza degli effetti.
Ora, le miserie suddette non sono uguali per tutti, ma in alcuni sono particolarmente gravi; invece il peccato originale, di cui queste miserie sono gli effetti più vistosi, è uguale in tutti, come si è spiegato [ q. 82, a. 4 ].
Quindi la morte e le altre miserie non sono effetti del peccato.
2. Tolta la causa viene a cessare l'effetto.
Invece togliendo i peccati col battesimo o con la confessione tali miserie non cessano.
Quindi non sono effetti del peccato.
3. Il peccato attuale è più colpevole di quello originale.
Eppure il peccato attuale non altera la natura del corpo con dei difetti.
Molto meno, dunque, il peccato originale.
Perciò la morte e tutti gli altri difetti corporali non sono effetti del peccato.
L'Apostolo [ Rm 5,12 ] insegna: « A causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo, e con il peccato la morte ».
Una cosa può essere causa di un'altra in due maniere: direttamente [ per se ] e indirettamente [ per accidens ].
È causa diretta ciò che produce un effetto in virtù della propria natura o forma: e da ciò segue che l'effetto è direttamente inteso dalla causa.
Ora, siccome la morte e le altre miserie sono estranee all'intenzione di chi pecca, è chiaro che questi mali non hanno come causa diretta il peccato.
Perché invece qualcosa sia causa indiretta di un fatto basta che intervenga a rimuoverne un ostacolo: Aristotele, p. es. [ Phys. 8,4 ], osserva che « chi abbatte una colonna, indirettamente muove la pietra sovrapposta ».
E in questo senso il peccato di Adamo è causa della morte e di tutte le altre miserie della natura umana: poiché tale peccato ha distrutto la giustizia originale, da cui dipendeva non solo la subordinazione all'anima di tutte le potenze inferiori, ma la stessa disposizione del corpo alle dipendenze dell'anima, senza difetto alcuno, come si è spiegato nella Prima Parte [ q. 97, a. 1 ].
Sottratta quindi la giustizia originale a motivo del peccato del nostro progenitore, la natura umana, come fu ferita nell'anima per il disordine delle sue facoltà, così divenne corruttibile per il disordine del corpo.
Ora, la sottrazione della giustizia originale ha l'aspetto di pena, come anche la sottrazione della grazia.
Perciò anche la morte, e tutte le miserie corporali che la accompagnano, sono come delle pene del peccato originale.
E sebbene tali difetti non fossero voluti da chi compiva il peccato, tuttavia sono ordinati da Dio come dei castighi della sua giustizia.
1. L'uguaglianza delle cause dirette produce l'uguaglianza degli effetti: poiché l'aumento o la diminuzione delle prime produce l'aumento o la diminuzione dei secondi.
Ma l'uguaglianza delle cause indirette non richiede l'uguaglianza degli effetti.
Se uno, p. es., abbatte con un'uguale spinta due colonne, non ne segue che le pietre sovrapposte si muovano con la stessa velocità, ma sarà più veloce la pietra che risulta più pesante per la sua natura, alla quale viene abbandonata con la rimozione dell'ostacolo che le impediva di cadere.
Così dunque, una volta eliminata la giustizia originale, la natura del corpo umano fu lasciata a se stessa: per cui i corpi di alcuni sono più soggetti ai difetti che quelli di altri, secondo la diversità della complessione naturale, sebbene il peccato d'origine sia uguale in tutti.
2. Il peccato, sia originale che attuale, viene tolto da colui al quale si deve anche l'eliminazione di queste miserie; e questi, come dice l'Apostolo [ Rm 8,11 ], « darà la vita anche ai nostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in noi »: ma l'una e l'altra cosa avviene nel tempo conveniente, secondo l'ordine della divina sapienza.
È infatti necessario giungere all'immortalità e all'impassibilità della gloria, che in Cristo ha già avuto il suo inizio e che egli ci ha conquistato, dopo esserci conformati alla sua passione.
Per cui è necessario che per un certo tempo rimanga la passibilità del nostro corpo, per meritare, sull'esempio di Cristo, l'impassibilità della gloria.
3. Nel peccato attuale possiamo considerare due cose: l'essenza stessa dell'atto e la sua colpevolezza.
Rispetto alla prima il peccato attuale può anche produrre un difetto nel corpo: alcuni, ad es., per un eccesso di cibo si ammalano, o muoiono.
Ma sotto l'aspetto della colpa questo peccato priva della grazia che è data agli uomini per rettificare le azioni dell'anima, e non per preservare anche dalle miserie corporali, come faceva invece la giustizia originale.
Perciò il peccato attuale non causa, come quello originale, le miserie suddette.
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