Summa Teologica - I-II |
II-II, q. 164, a. 1, ad 1; In 2 Sent., d. 30, q. 1, a. 1; In 3 Sent., d. 16, q. 1, a. 1; In 4 Sent., d. 36, q. 1, a. 1, ad 2; C. G., IV, c. 52; De Malo, q. 5, a. 5; In Rom., c. 5, lect. 3; In Hebr., c. 9, lect. 5
Pare che la morte e gli altri difetti siano naturali per l'uomo.
1. Secondo Aristotele [ Met. 10,10 ], « il corruttibile e l'incorruttibile differiscono come generi diversi ».
Ma l'uomo appartiene al genere degli altri animali, che sono corruttibili per natura.
Quindi l'uomo è naturalmente corruttibile.
2. Tutto ciò che si compone di contrari è per natura corruttibile, avendo in se stesso la causa della propria corruzione.
Ma tale è il corpo umano.
Quindi esso è per natura corruttibile.
3. Il caldo per natura consuma l'umido.
Ora, la vita umana viene conservata dal caldo e dall'umido.
Poiché dunque le operazioni vitali si compiono per un atto del calore naturale, come insegna Aristotele [ De anima 2,4], sembra che la morte e gli altri difetti siano naturali per l'uomo.
Tutto ciò che nell'uomo è naturale proviene da Dio.
Ma « Dio non ha creato la morte », come dice la Scrittura [ Sap 1,13 ].
Quindi la morte non è naturale per l'uomo.
2. Ciò che è conforme alla natura non può essere né punizione, né male: poiché ogni cosa trova conveniente quanto le è naturale.
Ora, la morte e gli altri difetti sono la pena del peccato originale, come sopra [ a. prec. ] si è detto.
Quindi non sono naturali per l'uomo.
3. La materia deve essere proporzionata alla sua forma, e ogni cosa al suo fine.
Ma il fine dell'uomo è la beatitudine eterna, come si è dimostrato [ q. 2, a. 7; q. 5, aa. 3,4 ].
Inoltre la forma del corpo umano è l'anima razionale, che è incorruttibile, secondo le conclusioni raggiunte nella Prima Parte [ q. 75, a. 6 ].
Quindi il corpo umano è naturalmente incorruttibile.
Di ogni essere corruttibile possiamo parlare in due sensi: primo, in base alla natura universale; secondo, in base alla natura particolare.
La natura particolare, infatti, è la virtù attiva e preservativa di ciascuna cosa.
E rispetto a questa qualsiasi corruzione o difetto è contro natura, come nota Aristotele [ De caelo 2,6 ]: poiché tale virtù ha di mira l'esistenza e la conservazione del soggetto a cui appartiene.
Invece la natura universale è la virtù attiva esistente in un principio universale dell'universo, p. es. in uno dei corpi celesti; oppure in una sostanza superiore, ossia in Dio stesso, denominato da qualcuno « natura naturante ».
E questa virtù mira al bene e alla conservazione dell'universo, che esigono l'alternarsi della generazione e della corruzione nelle cose.
E da questo lato la corruzione e il deterioramento delle cose sono naturali: non già per l'inclinazione della forma, che è il principio del loro essere e della loro perfezione, ma per l'inclinazione della materia, che l'agente universale distribuisce proporzionatamente a ciascuna forma.
E sebbene ogni forma miri a perpetuare il proprio essere, nessuna forma di cose corruttibili può conseguire questa perpetuità all'infuori dell'anima razionale.
Poiché quest'ultima non è del tutto soggetta alla materia, come le altre forme; anzi, ha persino una propria operazione immateriale, come si è dimostrato nella Prima Parte [ q. 75, a. 2 ].
Perciò all'uomo compete per natura l'incorruttibilità dalla parte della sua forma, a differenza delle altre realtà corruttibili.
Siccome però l'uomo ha una materia composta di elementi contrari, il tutto risulta corruttibile per l'inclinazione della materia.
E così l'uomo è naturalmente corruttibile secondo la natura della materia lasciata a se stessa, ma non secondo la natura della forma.
Ora, le prime tre obiezioni dell'articolo fanno forza sulla materia; le tre successive invece guardano solo alla forma.
Per risolverle quindi si deve ricordare che la forma dell'uomo, cioè l'anima razionale, per la sua incorruttibilità è proporzionata al suo fine, che è la beatitudine eterna.
Invece il corpo umano, per sua natura corruttibile, da un lato è proporzionato alla sua forma e da un altro lato le è sproporzionato.
Infatti in una data materia si possono considerare due tipi di proprietà: quelle volute dell'agente e quelle che costui non cerca, pur essendo conformi alla condizione naturale della materia.
Un fabbro, p. es., per fare un coltello sceglie una materia dura e duttile, tale da poter essere assottigliata e adattata al taglio; e da questo lato il ferro è la materia adatta per un coltello.
Il fatto invece che il ferro sia soggetto a spezzarsi e ad arrugginirsi deriva dalla disposizione naturale del ferro, e non interessa l'agente, che anzi, se potesse, lo eliminerebbe.
Perciò questa disposizione della materia non è proporzionata all'intenzione dell'artefice, né all'intenzione dell'arte.
Parimenti dunque il corpo umano è una materia ricercata dalla natura per l'equilibrio della sua complessione, così da essere un organo adattissimo per il tatto, e per le altre potenze sensitive e motorie.
La sua corruttibilità invece dipende dalla condizione della materia, e non è ricercata dalla natura: poiché la natura, potendolo, sceglierebbe una materia incorruttibile.
Dio però, a cui tutte le nature sono soggette, nel creare l'uomo supplì al difetto della natura dando l'incorruttibilità al corpo mediante il dono della giustizia originale, come si è visto nella Prima Parte [ q. 97, a. 1 ].
E in questo senso si dice che « Dio non ha creato la morte », e che la morte è la punizione del peccato.
Sono così risolte anche le obiezioni.
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