Summa Teologica - I-II

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Articolo 6 - Se l'obbligazione alla pena rimanga dopo il peccato

III, q. 86, a. 4; In 2 Sent., d. 42, q. 1, a. 2; Comp. Theol., c. 181

Pare che l'obbligazione alla pena, o reato, non rimanga dopo il peccato.

Infatti:

1. Eliminata la causa si elimina anche l'effetto.

Ma il peccato è la causa dell'obbligazione alla pena.

Eliminato quindi il peccato, cessa anche tale obbligazione.

2. Il peccato viene tolto col ritorno alla virtù.

Ora, a chi è virtuoso non è dovuta la pena, ma piuttosto il premio.

Eliminata quindi la colpa non rimane l'obbligazione alla pena.

3. Secondo Aristotele [ Ethic. 2,3 ], « le pene sono delle medicine ».

Ma le medicine non vengono più usate dopo che uno è guarito dalla malattia.

Eliminata quindi la colpa non rimane l'obbligo della pena.

In contrario:

Narra la Scrittura [ 2 Sam 12,13s ] che « allora Davide disse a Natan: Ho peccato contro il Signore.

Natan rispose a Davide: Il Signore ha perdonato il tuo peccato; tu non morirai.

Tuttavia, poiché in questa casa tu hai insultato il Signore, il figlio che ti è nato dovrà morire ».

Quindi uno è punito anche dopo che il peccato è stato rimesso.

Quindi l'obbligazione alla pena rimane anche dopo che è stata eliminata la colpa.

Dimostrazione:

Nel peccato si possono considerare due cose: l'atto peccaminoso e la macchia che ne deriva.

Ora, è chiaro che in tutti i peccati attuali, terminato l'atto peccaminoso, rimane il reato.

Infatti l'atto peccaminoso rende l'uomo reo e obbligato alla pena, in quanto trasgressore dell'ordine stabilito dalla giustizia divina.

E in tale ordine l'uomo non rientra se non mediante la soddisfazione della pena, che riporta l'uguaglianza della giustizia: in modo cioè che colui il quale concesse alla propria volontà più del dovuto, agendo contro la legge di Dio, spontaneamente o contro voglia soffra secondo l'ordine della giustizia divina il contrario di quanto vorrebbe.

E questo ristabilimento dell'equilibrio della giustizia mediante il compenso della pena lo si osserva anche nelle ingiurie fatte agli uomini.

Per cui è evidente che, cessato l'atto del peccato o dell'ingiuria, rimane ancora l'obbligo della pena.

Se invece parliamo della liberazione dal peccato quanto alla macchia, allora è chiaro che quest'ultima può essere tolta per il solo fatto che l'anima, ricongiungendosi a Dio, elimina la distanza da lui, distanza che aveva determinato in essa quella perdita di splendore che è appunto la macchia, come sopra [ q. 86, a. 1 ] si è visto.

Ora, l'uomo si ricongiunge a Dio con la volontà.

Quindi non si può togliere da un uomo la macchia del peccato senza che la sua volontà accetti l'ordine della divina giustizia, o accollandosi spontaneamente una pena in riparazione delle colpe passate, oppure sopportando pazientemente una sofferenza imposta dalla divina giustizia: in entrambi i casi infatti la pena ha natura di soddisfazione.

La pena soddisfattoria tuttavia toglie qualcosa alla nozione di pena.

Infatti la pena ha nel suo concetto di essere contraria alla volontà.

Invece la pena soddisfattoria, sebbene considerata in astratto sia contraria alla volontà, tuttavia in concreto è volontaria.

Perciò è volontaria puramente e semplicemente: come risulta da quanto si disse [ q. 6, a. 6 ] a proposito della volontarietà.

Si deve dunque concludere che, tolta la macchia della colpa, può rimanere l'obbligazione a una pena soddisfattoria, ma non a una vera e propria punizione.

Analisi delle obiezioni:

1. Come dopo l'atto peccaminoso rimane la macchia, secondo quanto si è detto [ q. 86, a. 2 ], così può rimanere anche il reato.

Scomparsa invece la macchia il reato [ ossia l'obbligazione alla pena ], non rimane sotto il medesimo aspetto, come si è visto [ nel corpo ].

2. A chi è virtuoso non è dovuta una vera punizione, ma può essergli dovuta una pena soddisfattoria: poiché alla virtù spetta anche il soddisfare per le offese fatte a Dio o agli uomini.

3. Tolta la macchia è risanata la piaga del peccato nella volontà.

Ma si richiede ancora la pena per guarire, mediante medicine contrarie, le altre potenze dell'anima sconvolte dal peccato.

E anche per ristabilire l'equilibrio della giustizia e per togliere lo scandalo altrui, in modo da edificare con la pena coloro che furono scandalizzati con la colpa: come avvenne nel ricordato esempio di Davide [ cf. s.c. ].

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