Summa Teologica - I-II |
In 5 Ethic., lect. 16
Pare che la legge umana non debba porsi in termini universali, ma piuttosto in termini particolari.
1. Il Filosofo [ Ethic. 5,7 ] insegna che « l'ordine legale si estende a tutti i casi particolari contemplati dalla legge e alle sentenze dei giudici », che sono anch'esse particolari, poiché riguardano atti singoli.
Quindi la legge non va posta solo in termini universali, ma deve anche riferirsi ai casi particolari.
2. La legge, come si è detto [ q. 90, aa. 1,2 ], è fatta per dirigere gli atti umani.
Ma gli atti umani sono fatti particolari.
Quindi le leggi umane non vanno poste in termini universali, ma particolari.
3. La legge è regola e misura degli atti umani, come si è spiegato [ q. 90, aa. 1,2 ].
Ma la misura, come dice Aristotele [ Met. 10,1 ], deve essere certissima.
Siccome dunque negli atti umani non vi può essere nulla di universalmente certo, così da non patire eccezioni nei casi particolari, sembra necessario che le leggi non abbiano una portata universale, bensì particolare.
Il Digesto [ 1,3,3 ] dice che « le leggi vanno stabilite in rapporto a quanto avviene di frequente, e non in rapporto a quanto può capitare in un caso singolo ».
Tutto ciò che esiste quale mezzo ordinato a un fine deve essere proporzionato a tale fine.
Ma la legge ha come fine il bene comune: poiché, come dice S. Isidoro [ Etym. 2,10; 5,21 ], « la legge non è scritta per un'utilità privata, ma per il bene comune dei cittadini ».
Per cui le leggi devono essere proporzionate al bene comune.
Ma il bene comune implica una molteplicità.
Quindi la legge deve riferirsi a una pluralità di persone, di attività e di tempi.
Infatti la comunità di uno stato consta di molte persone; e il suo bene viene procurato da molti atti; e non viene istituita per durare solo un po' di tempo, ma per durare in ogni tempo mediante la successione dei cittadini, come nota S. Agostino [ De civ. Dei 22,6 ].
1. Il Filosofo [ l. cit. nell'ob. ] distingue in tre parti il diritto legale, o diritto positivo.
Ci sono infatti delle disposizioni che sono poste senz'altro in termini universali.
E queste sono le leggi ordinarie.
E in proposito egli afferma che « è legale quanto all'inizio è indifferente a essere in una maniera o nell'altra, ma una volta stabilito non è [ più ] indifferente »: p. es. che gli schiavi siano riscattati a un dato prezzo.
Ci sono invece altre disposizioni che sono universali sotto un aspetto e particolari sotto un altro.
E tali sono i privilegi, che suonano quasi private leggi: poiché riguardano persone determinate, e tuttavia abbracciano una molteplicità di affari.
E ad essi accenna Aristotele scrivendo [ ib. ]: « Ci sono ancora tutte quelle cose che la legge regola nei casi singoli ».
- Ci sono poi delle disposizioni che vengono dette legali non in quanto leggi, ma in quanto applicazioni delle leggi comuni a casi particolari: come sono le sentenze, considerate quali norme giuridiche.
E quanto a ciò egli accenna alle « sentenze giudiziarie ».
2. Ciò che è fatto per dirigere deve regolare una molteplicità di cose: per cui il Filosofo [ Met. 10,1 ] afferma che quanto appartiene a un dato genere è misurato da quell'unica cosa che è la prima in tale genere.
Se infatti ci fossero tante regole o misure quante sono le cose misurate o regolate cesserebbe l'utilità della regola o misura, che consiste proprio nel poter giudicare più cose con una sola.
Quindi la legge non avrebbe più scopo, se si limitasse a un unico atto singolare.
Infatti per dirigere gli atti singoli ci sono i precetti particolari delle persone prudenti: la legge invece è « un precetto universale », come si è spiegato [ q. 92, a. 2, ob. 1 ].
3. Secondo Aristotele [ Ethic. 1,3 ] « non si deve pretendere in tutte le cose la medesima certezza ».
Perciò nelle realtà contingenti, quali sono i fenomeni fisici e le cose umane, basta la certezza per cui una cosa è vera nella maggior parte dei casi, sebbene vi siano delle eccezioni.
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