Summa Teologica - I-II |
II-II, q. 137, a. 4; In 2 Sent., d. 29, expos.; C. G., III, c. 155; De Verit., q. 24, a. 13
Pare che un uomo in grazia non abbia bisogno dell'aiuto della grazia per perseverare.
1. Come dice il Filosofo [ Ethic. 7,1 ] la perseveranza, al pari della continenza, è qualcosa di inferiore alla virtù.
Ma l'uomo non ha bisogno di un nuovo aiuto della grazia per avere le virtù, una volta che sia giustificato dalla grazia.
Molto meno, dunque, ne avrà bisogno per avere la perseveranza.
2. Le virtù vengono infuse tutte insieme.
Ma la perseveranza è elencata tra le virtù.
Quindi sembra che la perseveranza sia infusa con la grazia assieme alle altre virtù.
3. Secondo l'insegnamento dell'Apostolo [ Rm 5,15ss ] l'uomo riacquistò, per il dono di Cristo, più di quanto aveva perduto col peccato di Adamo.
Ma Adamo aveva avuto la facoltà di poter perseverare.
Perciò con la grazia di Cristo tale facoltà viene concessa ancora di più a noi.
E così l'uomo non ha bisogno della grazia per perseverare.
S. Agostino [ De persev. 2 ] scrive: « Perché si chiede a Dio la perseveranza se questa non è data da Dio?
Si tratta forse di una domanda irrisoria, sapendo noi che quanto gli si chiede non è dato da lui, ma è in potere dell'uomo, senza che egli lo conceda? ».
Ora, la perseveranza viene chiesta anche da coloro che sono stati già santificati dalla grazia: poiché tale domanda è implicita nelle parole « sia santificato il tuo nom e», come spiega S. Agostino [ De persev. 2 ], servendosi dell'autorità di S. Cipriano.
Quindi l'uomo, anche se è in grazia, ha bisogno di ricevere da Dio la perseveranza.
Tre sono le accezioni del termine perseveranza.
Talora infatti significa quell'abito dell'anima per cui l'uomo è costante e non si lascia distogliere dall'agire secondo la virtù nonostante l'assalto delle tristezze: e in questo senso la perseveranza sta alle tristezze come la continenza sta ai piaceri, secondo le parole del Filosofo [ Ethic. 7,7 ].
In secondo luogo la perseveranza può indicare l'abito in forza del quale l'uomo concepisce il proposito di perseverare nel bene sino alla fine.
E in tutte e due queste accezioni la perseveranza viene infusa assieme alla grazia, come la continenza e le altre virtù.
In un altro modo invece si chiama perseveranza il continuare nel bene sino alla fine della vita.
E per avere questa perseveranza l'uomo in grazia ha bisogno non già di una nuova grazia abituale, ma dell'aiuto di Dio che lo guidi e lo protegga contro gli assalti delle tentazioni, come si è visto [ a. prec. ].
E così chi è già santificato dalla grazia ha bisogno di chiedere a Dio questo dono della perseveranza, cioè deve chiedere di essere custodito dal male sino alla fine della vita.
Infatti la grazia viene data a molti a cui non è dato di perseverare nella grazia.
1. L'obiezione vale per il primo significato del termine perseveranza, come la successiva vale per il secondo.
2. È così risolta anche la seconda obiezioni.
3. Come insegna S. Agostino [ De corr. et gratia 12.33 ], « nello stato primitivo fu dato all'uomo un dono che gli offriva la possibilità di perseverare, ma non gli fu dato di perseverare.
Invece adesso, per la grazia di Cristo, molti ricevono sia il dono della grazia per poter perseverare, sia ancora il perseverare di fatto ».
E così il dono di Cristo è più grande del peccato di Adamo.
- Tuttavia l'uomo poteva perseverare più facilmente con la grazia dello stato di innocenza, in cui non c'era alcuna ribellione della carne allo spirito, di quanto non possiamo noi ora. Poiché la restaurazione della grazia di Cristo, sebbene sia iniziata quanto allo spirito, non è ancora compiuta quanto alla carne. Il che avverrà nella patria, dove l'uomo non solo potrà perseverare, ma sarà anche in condizione di non poter peccare.
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