Summa Teologica - I-II |
In 2 Sent., d. 26, q. 1, a. 2; a. 4, ad 1; C. G., III, c. 150; De Verit., q. 27, a. 2, ad 7
Pare che la grazia non sia una qualità dell'anima.
1. Nessuna qualità agisce sul proprio soggetto: poiché l'azione della qualità è inseparabile dall'azione del soggetto, per cui quest'ultimo verrebbe ad agire su se stesso.
Ma la grazia agisce sull'anima.
Quindi la grazia non è una qualità.
2. La sostanza è più nobile della qualità.
Invece la grazia è più nobile della natura dell'anima: poiché con la grazia possiamo fare molte cose alle quali non basta la natura, come si è visto [ q. 109 ].
Quindi la grazia non è una qualità.
3. Nessuna qualità rimane se cessa di esistere in un soggetto.
Invece la grazia rimane.
Infatti essa non si corrompe: poiché in tal caso sarebbe ridotta al nulla, come dal nulla viene creata, tanto che si parla di « nuova creatura » [ Gal 6,15 ].
Quindi la grazia non è una qualità.
Illustrando l'espressione del Salmo [ Sal 104,5 ]: « L'olio che fa brillare il suo volto », la Glossa [ ord. ] afferma che « la grazia è il candore dell'anima, che attira il santo amore ».
Ma il candore dell'anima è una qualità, come la bellezza del corpo.
Quindi la grazia è una certa qualità.
Come si è visto [ a. prec. ], quando diciamo che uno ha la grazia di Dio vogliamo indicare che in lui si trova un effetto della gratuita volontà di Dio.
Ma sopra [ q. 109, aa. 1,2,5 ] si è detto che l'uomo è aiutato in due modi dalla gratuita volontà di Dio.
Primo, in quanto l'anima umana viene mossa da Dio a conoscere, volere o compiere qualcosa.
E allora questo effetto gratuito che si opera nell'uomo non è una qualità, ma un moto dell'anima: infatti, secondo il Filosofo [ Phys. 3,3 ], « l'atto di chi muove è un moto in chi viene mosso ».
Secondo, l'uomo viene aiutato dalla gratuita volontà di Dio in quanto Dio infonde nell'anima un dono abituale.
E ciò perché non è ragionevole che Dio provveda a coloro che ama in vista di un bene soprannaturale meno che alle creature che ama in vista di un bene naturale.
Ora, alle creature di ordine naturale egli non provvede soltanto muovendole ai loro atti naturali, ma anche donando loro le forme e le facoltà che sono i princìpi di tali atti, perché tendano ad essi da se stesse.
Ed è così che i moti impressi da Dio diventano connaturali e facili alle creature, secondo le parole della Sapienza [ Sap 8,1 ]: « Tutto dispone con soavità ».
Perciò a maggior ragione egli infonde in coloro che muove al conseguimento di un bene soprannaturale delle forme o qualità soprannaturali mediante cui li muove a raggiungere i beni eterni con soavità e prontezza.
E così il dono della grazia è una certa qualità.
1. La grazia, in quanto è una qualità, agisce nell'anima non come causa efficiente, ma come causa formale: cioè come la bianchezza rende bianchi e la giustizia rende giusti.
2. Per sostanza si intende o la natura stessa di una data cosa, oppure una parte di tale natura, come nel caso della materia o della forma.
Ora la grazia, essendo superiore alla natura umana, non può essere una sostanza, o una forma sostanziale, ma è una forma accidentale dell'anima.
Infatti ciò che si trova in Dio in maniera sostanziale viene a esistere in maniera accidentale nell'anima che partecipa la bontà divina: come è chiaro nel caso della scienza.
Per il fatto quindi che l'anima partecipa imperfettamente la bontà divina, quella partecipazione che corrisponde alla grazia ha nell'anima una sussistenza meno perfetta della sussistenza dell'anima in se stessa.
È tuttavia superiore alla natura dell'anima, essendo un'emanazione e una partecipazione della bontà divina: non però quanto al modo di esistere.
3. Come dice Boezio [ Ps. Beda, Sent. phil. ex Arist. ], « l'esistere dell'accidente è l'inerire ».
Infatti l'accidente non viene denominato ente perché ha l'essere in se stesso, ma perché per suo mezzo una cosa esiste: per cui Aristotele [ Met. 7,1 ] scrive che l'accidente, « più che ente, è dell'ente ».
E poiché la corruzione e la produzione appartengono al soggetto a cui appartiene l'essere, propriamente parlando un accidente né viene prodotto né si corrompe; si dice tuttavia che è prodotto o si corrompe in quanto il soggetto comincia o cessa di essere in atto rispetto a tale accidente.
Ed è in questo senso che si parla anche della creazione della grazia, cioè nel senso che gli uomini vengono creati in essa, ossia vengono costituiti in un nuovo modo di essere a partire dal nulla, cioè dall'inesistenza dei meriti, secondo le parole di S. Paolo [ Ef 2,9 ]: « Creati in Cristo Gesù per le opere buone ».
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