Summa Teologica - I-II

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Articolo 3 - Se la grazia si identifichi con la virtù

In 2 Sent., d. 26, q. 1, a. 4; De Verit., q. 27, a. 2

Pare che la grazia si identifichi con la virtù.

Infatti:

1. S. Agostino [ De spir. et litt., cc. 14,32 ] insegna che « la grazia operante è la fede che opera mediante la carità ».

Ma la fede che opera mediante la carità è una virtù.

Quindi la grazia è una virtù.

2. A qualunque cosa conviene una definizione, conviene anche il definito.

Ora, le definizioni che i Santi Dottori e i filosofi danno della virtù convengono anche alla grazia: questa infatti « rende buono chi la possiede e buona l'opera che egli compie » [ Arist., Ethic. 2,6 ]; inoltre essa è « una buona qualità della mente, con la quale si vive rettamente », ecc. [ P. Lomb., Sent. 2,27 ].

Perciò la grazia è una virtù.

3. La grazia è una qualità.

Ora, è evidente che essa non è nella quarta specie della qualità, che è « la forma o la figura costante di una cosa », poiché non appartiene al corpo.

E non è nella terza, poiché non è « una passione o qualità passibile », che si riscontra nell'anima sensitiva, come dimostra Aristotele [ Phys. 7,3 ], mentre la grazia risiede in maniera principale nella mente.

E neppure è nella seconda specie, che è « la potenza o l'impotenza naturale », poiché la grazia è superiore alla natura, e non è indifferente al bene e al male come la potenza naturale.

Perciò deve appartenere alla prima specie, che è « l'abito o la disposizione ».

Ora, gli abiti dell'anima sono delle virtù: poiché persino la scienza è in qualche modo una virtù, come sopra [ q. 56, a. 3; q. 57, aa. 1,2 ] si disse.

Quindi la grazia si identifica con la virtù.

In contrario:

Se la grazia fosse una virtù, dovrebbe essere certamente una delle tre virtù teologali.

Ma non è né la fede né la speranza, poiché queste possono esistere anche senza la grazia santificante.

E neppure è la carità: poiché secondo S. Agostino [ De praed. sanct. 2,16 ] « la grazia previene la carità ».

Quindi la grazia non è una virtù.

Dimostrazione:

Alcuni ritennero che la grazia si identifichi essenzialmente con la virtù, distinguendosi da essa solo concettualmente: essa cioè verrebbe detta grazia in quanto rende l'uomo gradito a Dio, oppure in quanto viene data gratuitamente, mentre sarebbe detta virtù in quanto dispone a ben operare.

E sembra che questa fosse l'opinione del Maestro delle Sentenze [ 2,27 ].

Se però si considera bene la nozione di virtù, ci si accorge che così non può essere.

Come dice infatti il Filosofo [ Phys. 7,3 ], « la virtù è la disposizione di ciò che è perfetto; e chiamo perfetto ciò che è disposto secondo natura »; per cui risulta chiaro che la virtù di una realtà qualsiasi è relativa a una natura preesistente: si parla cioè di virtù quando un essere è disposto in conformità con la sua natura.

Ora, è evidente che le virtù acquisite con gli atti umani, e delle quali abbiamo già trattato [ qq. 55 ss. ], sono disposizioni che dispongono l'uomo in ordine alla natura umana.

Le virtù infuse invece dispongono l'uomo in una maniera superiore, e a un fine più alto: perciò è necessario che esse si ricolleghino a una qualche natura superiore.

E questa è la natura divina partecipata, di cui così parla S. Pietro [ 2 Pt 1,4 ]: « Ci ha donato i beni grandissimi e preziosi che erano stati promessi, perché diventaste per loro mezzo partecipi della natura divina ».

E per avere noi ricevuto questa natura possiamo dire di essere stati rigenerati come figli di Dio.

Come dunque la luce naturale della ragione è distinta dalle virtù acquisite, che si ricollegano a tale luce, così la luce della grazia, che è una partecipazione della natura divina, è distinta dalle virtù infuse, che da essa derivano e ad essa sono ordinate.

Per cui anche l'Apostolo [ Ef 5,8 ] così si esprime: « Un tempo eravate tenebra, ora siete luce nel Signore.

Comportatevi perciò come i figli della luce ».

Come infatti le virtù acquisite predispongono l'uomo a camminare in modo conforme alla luce naturale della ragione, così le virtù infuse lo predispongono a camminare in modo conforme alla luce della grazia.

Analisi delle obiezioni:

1. S. Agostino denomina grazia la fede operante mediante la carità poiché l'atto di tale fede è il primo atto in cui si manifesta la grazia santificante.

2. La bontà di cui si parla nella definizione della virtù viene concepita come conformità a una natura preesistente, o essenziale o partecipata.

Non è questa invece la bontà che viene attribuita alla grazia, a cui la bontà viene attribuita come alla radice della bontà nell'uomo, secondo le spiegazioni date [ nel corpo ].

3. La grazia appartiene alla prima specie della qualità.

Però non si identifica con la virtù, essendo invece un abito presupposto alle virtù infuse, quale loro principio e radice.

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