Summa Teologica - I-II

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Articolo 5 - Se l'uomo possa sapere di essere in grazia

In 1 Sent., d. 17, q. 1, a. 4; In 3 Sent., d. 33, q. 1, a. 2, ad 1; In 4 Sent., d. 9, q. 1, a. 3, sol. 2; d. 21, q. 2, a. 2, ad 2; De Verit., q. 10, a. 10; In 2 Cor., c. 12, lect. 1; c. 13, lect. 2

Pare che l'uomo possa sapere di essere in grazia.

Infatti:

1. La grazia risiede nell'anima per la sua essenza.

Ora, S. Agostino [ De Gen. ad litt. 12, cc. 25,31 ] dimostra che l'anima ha una conoscenza certissima delle realtà esistenti in essa per la loro essenza.

Quindi la grazia può essere conosciuta con assoluta certezza da chi la possiede.

2. La grazia è un dono di Dio come la scienza.

Ma chi riceve da Dio la scienza sa di averla: così infatti si esprime la Scrittura [ Sap 7,17 ]: « Egli mi ha concesso la conoscenza infallibile delle cose ».

Per lo stesso motivo, quindi, chi riceve da Dio la grazia sa di avere la grazia.

3. La luce è più conoscibile delle tenebre poiché, stando all'Apostolo [ Ef 5,13 ], « tutto quello che si manifesta è luce ».

Ora il peccato, che è tenebra spirituale, può essere conosciuto con certezza da chi è in peccato.

Perciò a maggior ragione lo sarà la grazia, che è luce spirituale.

4. L'Apostolo [ 1 Cor 2,12 ] afferma: « Noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito di Dio, per conoscere tutto ciò che Dio ci ha donato ».

Ma la grazia è il più importante fra i doni di Dio.

Quindi l'uomo che ha ricevuto la grazia dello Spirito Santo apprende dal medesimo Spirito che egli ha ricevuto la grazia.

5. Nella Scrittura [ Gen 22,12 ] così il Signore fa dire [ da un angelo ] ad Abramo: « Ora so che tu temi Dio », cioè « Te l'ho fatto conoscere ».

Ma qui si parla del timore casto, o filiale, che non può stare senza la grazia.

Quindi l'uomo può conoscere di essere in grazia.

In contrario:

Sta scritto [ Qo 9,1 ]: « L'uomo non sa se è degno di amore o di odio ».

Ma la grazia santificante rende l'uomo degno dell'amore di Dio.

Quindi nessuno può sapere se ha la grazia santificante.

Dimostrazione:

Una cosa può essere conosciuta in tre modi.

Primo, per rivelazione.

E per questa via uno può sapere di essere in grazia.

Infatti Dio talora lo rivela ad alcuni per uno speciale privilegio, per iniziare in essi già in questa vita la gioia della sicurezza, e perché essi con maggiore fortezza e confidenza proseguano le loro grandi opere, e affrontino le contrarietà della vita presente.

A S. Paolo, p. es., fu detto [ 2 Cor 12,9 ]: « Ti basta la mia grazia ».

Secondo, l'uomo può conoscere una cosa da se stesso e con certezza.

E in questo modo nessuno può sapere di essere in grazia.

Infatti non si può avere la certezza di una cosa se non possiamo giudicarne in base alle sue cause o princìpi propri.

È così infatti che si ha la certezza delle conclusioni dimostrative mediante i princìpi universali indiscutibili, mentre nessuno potrebbe avere la scienza di una conclusione se non conoscesse i princìpi.

Ora, il principio e l'oggetto della grazia è Dio, il quale per la sua trascendenza è a noi sconosciuto, secondo le parole della Scrittura [ Gb 36,26 ]: « Ecco, Dio è così grande che non lo comprendiamo ».

Perciò la sua presenza o la sua assenza in noi non la possiamo conoscere con certezza, come sta scritto [ Gb 9,11 ]: « Ecco, mi passa vicino e non lo vedo, se ne va e di lui non m'accorgo ».

E così l'uomo non può giudicare con certezza di essere in grazia; come dice appunto S. Paolo [ 1 Cor 4,3 ]: « Neppure io giudico me stesso: chi mi giudica è il Signore ».

Terzo, si può conoscere una cosa in maniera indiziale, attraverso certi segni.

E in questo modo uno può sapere di essere in grazia: cioè in quanto trova in Dio la sua gioia, disprezza le cose del mondo e non ha coscienza di alcun peccato mortale.

E in questo senso possono intendersi le parole dell'Apocalisse [ Ap 2,17 ]: « Al vincitore darò la manna nascosta, che nessuno conosce all'infuori di chi la riceve »: in quanto cioè chi la riceve sperimenta una dolcezza che è ignota a chi non la riceve.

Tuttavia questa conoscenza è imperfetta.

Per cui l'Apostolo [ 1 Cor 4,4 ] diceva: « Anche se non sono colpevole di colpa alcuna, non per questo sono giustificato ».

E il Salmista [ Sal 19,13 ] scrive: « Le inavvertenze chi le discerne?

Assolvimi dalle colpe che non vedo ».

Analisi delle obiezioni:

1. Le realtà che si trovano nell'anima per la loro essenza sono conosciute con una conoscenza sperimentale, in quanto l'uomo attraverso le operazioni sperimenta i loro princìpi interiori.

Come percepiamo la volontà volendo, e la vita nelle operazioni vitali.

2. La natura della scienza implica che l'uomo abbia la certezza dei dati scientifici; e così pure la natura della fede implica che un uomo sia certo delle cose che crede.

E questo perché la certezza costituisce la perfezione dell'intelletto, nel quale tali doni risiedono.

Perciò chiunque abbia la scienza, o la fede, è certo di averla.

Non è invece la stessa cosa per la grazia, per la carità e per gli altri abiti che risiedono nella potenza appetitiva.

3. Il peccato ha come principio e come oggetto un bene transitorio, che ci è noto.

Invece l'oggetto o il fine della grazia è a noi sconosciuto, per l'immensità della sua luce: poiché secondo l'espressione dell'Apostolo [ 1 Tm 6,16 ] « Egli abita una luce inaccessibile ».

4. L'Apostolo parla in quel testo dei doni della gloria, che sono stati offerti alla nostra speranza e che noi conosciamo in maniera certissima per fede, sebbene non siamo in grado di sapere con certezza se abbiamo la grazia con cui li possiamo meritare.

- Oppure dobbiamo dire che egli parla della conoscenza straordinaria che si ha per rivelazione.

Infatti aggiunge: « A noi Dio lo ha rivelato per mezzo dello Spirito ».

5. Anche le parole rivolte ad Abramo possono essere applicate alla conoscenza sperimentale, che si ottiene attraverso il compimento delle opere.

Infatti nel gesto compiuto Abramo poteva conoscere sperimentalmente di avere il timore di Dio.

- Oppure possono riferirsi a una rivelazione.

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