Summa Teologica - I-II

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Articolo 3 - Se chi è in grazia possa meritare la vita eterna a rigore di giustizia

In 2 Sent., d. 27, q. 1, a. 3; In 3 Sent., d. 18, q. 1, a. 2; In Rom., c. 4, lect. 1; c. 6, lect. 4; c. 8, lect. 4

Pare che un uomo in grazia non possa meritare la vita eterna a rigore di giustizia.

Infatti:

1. L'Apostolo [ Rm 8,18 ] scrive: « Le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi ».

Eppure fra tutte le opere meritorie le più efficaci sono le sofferenze dei santi.

Quindi nessuna opera umana merita a rigore di giustizia la vita eterna.

2. Spiegando l'espressione dell'Apostolo [ Rm 6,23 ]: « La grazia di Dio è la vita eterna », la Glossa [ ord. ] commenta: « Avrebbe potuto anche dire: "Il compenso della giustizia è la vita eterna", ma ha preferito dire: "La grazia di Dio è la vita eterna" per farci comprendere che Dio ci conduce alla vita eterna non per i nostri meriti, ma per la sua misericordia ».

Ma ciò che uno merita a rigore di giustizia non lo riceve per misericordia, bensì per diritto.

Perciò non sembra che uno con la grazia possa meritare la vita eterna a rigore di giustizia.

3. È rigoroso quel merito che è uguale alla mercede.

Ora, nessun atto della vita presente può uguagliare la vita eterna, che sorpassa ogni nostra conoscenza e desiderio. Inoltre sorpassa anche la carità dei viatori, come sorpassa anche la natura.

Quindi l'uomo mediante la grazia non può meritare la vita eterna a rigore di giustizia.

In contrario:

Il compenso che viene dato secondo un giusto giudizio è a rigore di giustizia.

Ma la vita eterna è data da Dio secondo un giudizio di giustizia, poiché S. Paolo [ 2 Tm 4,8 ] ha scritto: « Ora mi resta solo la corona di giustizia che il Signore, giusto giudice, mi consegnerà in quel giorno ».

Quindi l'uomo merita la vita eterna a rigore di giustizia.

Dimostrazione:

L'atto meritorio di un uomo può essere considerato da due punti di vista: primo, in quanto emana dal libero arbitrio; secondo, in quanto procede dalla grazia dello Spirito Santo.

Se si considera l'opera meritoria secondo la portata dell'atto, e in quanto deriva dal libero arbitrio, allora non si può riscontrare una stretta esigenza di giustizia, data l'assoluta sproporzione, ma c'è soltanto una convenienza, per una certa uguaglianza di proporzionalità: sembra infatti conveniente che Dio ricompensi secondo l'eccellenza della sua virtù l'uomo che opera nella misura delle sue forze.

Se invece parliamo dell'opera meritoria in quanto procede dalla grazia dello Spirito Santo, allora essa merita la vita eterna a rigore di giustizia.

Perché allora il valore del merito va considerato secondo la virtù dello Spirito Santo che ci conduce alla vita eterna, in base alle parole evangeliche [ Gv 4,14 ]: « Diventerà in lui una sorgente d'acqua che zampilla per la vita eterna ».

Inoltre il valore dell'atto va considerato secondo la nobiltà della grazia, dalla quale l'uomo, fatto partecipe della natura divina, è reso figlio adottivo di Dio; e a lui in forza dell'adozione è dovuta l'eredità, secondo l'espressione dell'Apostolo [ Rm 8,17 ]: « Se figli, anche eredi ».

Analisi delle obiezioni:

1. L'Apostolo in quel testo parla delle sofferenze dei santi secondo la loro natura.

2. Le parole della Glossa vogliono sottolineare che la prima causa che ci fa raggiungere la vita eterna è la misericordia di Dio, mentre il nostro merito è una causa subordinata.

3. La grazia dello Spirito Santo che abbiamo nella vita presente, sebbene non arrivi a uguagliare di fatto la gloria eterna, tuttavia la uguaglia virtualmente: come il seme di un albero contiene virtualmente tutto l'albero.

E così pure in forza della grazia prende dimora nell'uomo lo Spirito Santo, che è la causa adeguata della vita eterna, per cui S. Paolo [ 2 Cor 1,22 ] lo chiama « la caparra della nostra eredità ».

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