Summa Teologica - II-II

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Articolo 1 - Se l'incredulità sia un peccato

In 2 Sent., d. 39, q. 1, a. 2, ad 4

Pare che l'incredulità non sia un peccato.

Infatti:

1. Qualsiasi peccato è contro natura, come insegna il Damasceno [ De fide orth. 2, cc. 4,30 ].

Ma l'incredulità non è contro natura, poiché S. Agostino [ De praed. sanct. 5 ] afferma che « potere avere la fede, come potere avere la carità, è nella natura dell'uomo; ma avere la fede, come avere la carità, è proprio della grazia dei fedeli ».

Perciò non avere la fede, cioè essere increduli, non è contro natura, e quindi non è un peccato.

2. Nessuno pecca facendo ciò che non può evitare: poiché ogni peccato è volontario.

Ma non è in potere dell'uomo evitare l'incredulità, da cui egli non può difendersi se non accettando la fede; infatti l'Apostolo [ Rm 10,14 ] scrive: « Come potranno credere senza averne sentito parlare?

E come potranno sentirne parlare senza uno che lo annunzi? ».

Quindi l'incredulità non è un peccato.

3. Abbiamo visto in un trattato precedente [ I-II, q. 84, a. 4 ] che ci sono sette vizi capitali a cui si riducono tutti i peccati.

Ma in nessuno di essi è inclusa l'incredulità.

Perciò questa non è un peccato.

In contrario:

La virtù ha come contrario un vizio.

Ora, la fede è una virtù, e ad essa si contrappone l'incredulità.

Quindi l'incredulità è un peccato.

Dimostrazione:

Si possono riscontrare due tipi di incredulità.

Primo, un'incredulità di pura negazione: e così chiameremo uno infedele, o incredulo, per il solo fatto che non ha la fede.

Secondo, un'incredulità di contrarietà alla fede: nel senso cioè che uno resiste alla predicazione della fede, o la disprezza, secondo il lamento di Isaia [ Is 53,1 ]: « Chi ha creduto alla nostra rivelazione? ».

E in ciò si ha la perfetta nozione di incredulità.

Ed è in questo senso che l'incredulità è un peccato.

Se invece si prende l'incredulità come pura negazione, quale si trova in coloro che mai seppero nulla della fede, allora essa non ha carattere di peccato, ma piuttosto di castigo, poiché tale ignoranza delle cose divine deriva dal peccato dei nostri progenitori.

E quelli che sono increduli in questo senso si dannano per gli altri peccati, che non possono essere rimessi senza la fede, ma non si dannano per il peccato di incredulità.

Da cui le parole del Signore [ Gv 15,22 ]: « Se non fossi venuto e non avessi parlato loro, non avrebbero alcun peccato »; e S. Agostino [ In Ioh. ev. tract. 89 ] spiega che qui si parla « di quel peccato che consiste nel non avere creduto in Cristo ».

Analisi delle obiezioni:

1. Non è nella natura dell'uomo avere la fede; però è nella natura dell'uomo non opporsi mentalmente alle ispirazioni interne e alla predicazione esterna della verità.

Ed è per questo che l'incredulità è contro natura.

2. L'argomento vale per l'incredulità di semplice negazione.

3. Il peccato di incredulità nasce dalla superbia, che suggerisce all'uomo di non piegare la propria intelligenza alle regole della fede e alla sana interpretazione dei Padri.

Per cui S. Gregorio [ Mor. 31,45 ] afferma che « dalla vanagloria nascono le stravaganze dei novatori ».

Sebbene si potrebbe anche rispondere che come le virtù teologali non si riducono a quelle cardinali, ma le precedono, così anche i vizi opposti alle virtù teologali non si riducono ai vizi capitali.

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