Summa Teologica - II-II

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Articolo 2 - Se sia giusto dividere il timore in filiale, iniziale, servile e mondano

In 3 Sent., d. 34, q. 2, a. 1, sol. 2; In Rom., c. 8, lect. 3

Pare che non sia giusto dividere il timore in filiale, iniziale, servile e mondano.

Infatti:

1. Il Damasceno [ De fide orth. 2,15 ] enumera sei specie di timore, cioè la pigrizia, la vergogna e tutte le altre specie di cui abbiamo già parlato [ I-II, q. 41, a. 4 ], e che non sono ricordate in questa divisione.

Perciò questa divisione del timore non è appropriata.

2. Tutti questi timori sono o buoni o cattivi.

Eppure vi è un timore, cioè quello naturale, che moralmente non è buono, trovandosi anche nei demoni, secondo le parole di S. Giacomo [ Gc 2,19 ]: « I demoni credono e tremano », e neppure è cattivo, riscontrandosi anche in Cristo, poiché come dice il Vangelo [ Mc 14,33 ] « Gesù cominciò a sentire paura e angoscia ».

Quindi il timore non è ben diviso nel modo indicato.

3. Il rapporto del figlio con il padre è diverso da quello della moglie con il marito, e degli schiavi con il padrone.

Ma il timore filiale, che è quello del figlio rispetto al padre, viene distinto dal timore servile, che è quello degli schiavi in rapporto al padrone.

Quindi si doveva distinguere da tutti gli altri timori anche il timore casto, che pare essere quello della moglie verso il marito.

4. Il timore iniziale e quello mondano temono la pena come il timore servile.

Perciò essi non andavano distinti fra di loro.

5. Come la concupiscenza ha per oggetto il bene, così anche il timore ha per oggetto il male.

Ma la concupiscenza degli occhi, con la quale uno brama i beni del mondo, è distinta dalla concupiscenza della carne, con la quale uno desidera il proprio piacere.

Quindi anche il timore mondano, col quale uno teme di perdere i beni eterni, è distinto dal timore col quale uno teme un danno alla propria persona.

In contrario:

Sta l'autorità del Maestro delle Sentenze [ 3,34 ].

Dimostrazione:

Noi qui stiamo parlando del timore in quanto contribuisce in qualche modo a convertirci a Dio, o ad allontanarci da lui.

Avendo infatti il timore per oggetto il male, talora l'uomo si allontana da Dio per il timore di certi mali: e questo timore è detto umano o mondano.

Altre volte invece l'uomo è spinto, dai mali che teme, a volgersi e ad aderire a Dio.

E questi mali sono di due specie, cioè il male della pena e il male della colpa.

Se quindi uno si volge e aderisce a Dio per il timore della pena, si avrà il timore servile.

Se invece lo fa per il timore della colpa, si avrà il timore filiale: infatti è proprio dei figli temere l'offesa del padre.

Se poi lo fa per l'una e per l'altra cosa, allora si ha il timore iniziale, che sta fra un timore e l'altro.

Abbiamo poi già esaminato sopra [ I-II, q. 42, a. 3 ], trattando della passione del timore, il problema se sia possibile temere il male della colpa.

Analisi delle obiezioni:

1. Il Damasceno divide il timore in quanto è una passione.

Invece questa divisione del timore è in ordine a Dio, come si è notato [ nel corpo ].

2. Il bene morale consiste principalmente nel volgersi a Dio, mentre il male morale consiste nell'allontanarsi da lui.

Per questo tutti i predetti timori implicano il bene o il male morale.

Invece il timore naturale è presupposto al bene e al male morale.

Quindi non va enumerato tra questi timori.

3. Il rapporto tra lo schiavo e il padrone dipende dal dominio del padrone che tiene soggetto lo schiavo; invece il rapporto del figlio con il padre, o della moglie col marito, dipende dall'affetto del figlio che si sottomette al padre, o della moglie che per amore si unisce al marito.

Perciò il timore filiale e quello casto si riducono alla stessa cosa: poiché mediante l'amore di carità Dio diviene nostro padre, secondo le parole di S. Paolo [ Rm 8,15 ]: « Avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: "Abbà, Padre" »; e per questa medesima carità viene chiamato anche nostro sposo, secondo quell'altra espressione [ 2 Cor 11,2 ]: « Vi ho promessi a un unico sposo, per presentarvi quale vergine casta a Cristo ».

Invece il timore servile è di tutt'altro genere: poiché nel suo concetto non include la carità.

4. I tre timori indicati sono connessi con la pena, ma in maniera diversa.

Infatti il timore mondano, o umano, si riferisce a una pena che allontana da Dio, e che è inflitta o minacciata dai nemici di Dio.

Invece il timore servile e quello iniziale si riferiscono a una pena che porta gli uomini a Dio, e che è inflitta o minacciata da lui.

Pena che per il timore servile è l'oggetto primario, mentre è un oggetto secondario per il timore iniziale.

5. Il timore di perdere i beni temporali e quello di perdere l'incolumità del proprio corpo allontanano da Dio per uno stesso motivo: poiché i beni esterni appartengono al corpo.

Quindi ambedue i timori sono qui contati per uno solo, sebbene i mali temuti siano diversi, come sono diversi anche i beni desiderati.

Da questa diversità deriva invece la distinzione specifica dei peccati, pur essendo comune a tutti la capacità di allontanare da Dio.

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