Summa Teologica - II-II |
In 3 Sent., d. 34, q. 2, a. 3, sol. 2
Pare che il timore iniziale differisca essenzialmente dal timore filiale.
1. Il timore filiale è un effetto della carità.
Invece il timore iniziale è il principio della carità, secondo l'espressione della Scrittura [ Sir 25,16 Vg ]: « Il timore di Dio è il principio dell'amore ».
Quindi il timore iniziale è diverso da quello filiale.
2. Il timore iniziale teme la pena, che è l'oggetto del timore servile: e così pare che il timore iniziale si identifichi con quello servile.
Ma il timore servile è diverso da quello filiale.
Quindi anche il timore iniziale è distinto essenzialmente da quello filiale.
3. Un dato intermedio differisce ugualmente dai due estremi.
Ma il timore iniziale sta in mezzo fra il timore servile e quello filiale.
Perciò differisce ugualmente dall'uno e dall'altro.
La perfezione e l'imperfezione non mutano l'essenza di una cosa.
Ma questi due timori, iniziale e filiale, differiscono solo secondo la perfezione e l'imperfezione della carità, come dimostra S. Agostino [ In I ep. Ioh. tract. 9 ].
Perciò il timore iniziale non differisce essenzialmente dal timore filiale.
Si parla di timore iniziale in quanto dà inizio.
E poiché tanto il timore servile quanto quello filiale sono in qualche modo l'inizio della sapienza, entrambi possono essere detti iniziali in qualche maniera.
Ma in questo senso il timore iniziale non si distingue da quello servile e da quello filiale.
Esso va invece preso come proprio dello stato degli incipienti, nei quali si riscontra un principio di timore filiale in forza di una carità incipiente, ma non il timore filiale perfetto, poiché essi non hanno ancora raggiunto la perfezione della carità.
Perciò il timore iniziale, da questo lato, sta a quello filiale come la carità imperfetta a quella perfetta.
Ora, la carità perfetta e quella imperfetta non differiscono essenzialmente, ma solo di grado.
Si deve quindi concludere che il timore iniziale, nel senso indicato, non differisce essenzialmente dal timore filiale.
1. Il timore che è principio della carità è quello servile il quale, secondo S. Agostino [ In I ep. Ioh. tract. 9 ], « fa entrare la carità come la setola fa entrare lo spago ».
- Oppure, se l'affermazione si riferisce al timore iniziale, si può dire che è principio della carità non in senso assoluto, ma rispetto alla carità perfetta.
2. Il timore iniziale non teme le pene come oggetto suo proprio, ma in quanto comporta degli elementi di timore servile.
Il quale per la sua essenza è compatibile con la carità, però senza la servilità.
E gli atti di questo timore coesistono con la carità imperfetta in colui che è mosso ad agire onestamente non soltanto dall'amore della giustizia, ma anche dal timore della pena; cessano invece in colui che possiede la carità perfetta, la quale « scaccia il timore che suppone un castigo », come dice S. Giovanni [ 1 Gv 4,18 ].
3. Il timore iniziale si colloca tra il filiale e il servile non come tra specie differenti di un unico genere, ma come una realtà imperfetta è intermedia fra l'ente perfetto e il non ente, secondo la dottrina di Aristotele [ Met 2,2 ].
Realtà imperfetta che è sostanzialmente identica all'ente perfetto, mentre differisce totalmente dal non ente.
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