Summa Teologica - II-II |
De Virt., q. 2, aa. 4, 8; In Rom., c. 13, lect. 2
Pare che l'amore di carità si limiti a Dio, e non si estenda anche al prossimo.
1. A Dio dobbiamo l'amore come dobbiamo il timore, poiché sta scritto [ Dt 10,12 ]: « E ora, Israele, che cosa ti chiede il Signore tuo Dio se non che tu lo tema e lo ami? ».
Ma il timore col quale si teme l'uomo, cioè il timore umano, è diverso dal timore col quale si teme Dio, e che può essere servile o filiale, come sopra [ q. 19, a. 2 ] si è spiegato.
Quindi l'amore di carità con cui si ama Dio è diverso dall'amore con cui si ama il prossimo.
2. Il Filosofo [ Ethic. 8,8 ] afferma che « essere amati consiste nell'essere onorati ».
Ma l'onore che è dovuto a Dio, ossia l'onore di latria, è diverso dall'onore dovuto a una creatura, che è l'onore di dulia.
Quindi l'amore del prossimo è diverso dall'amore di Dio.
3. « La speranza genera la carità », come dice la Glossa [ interlin. su Mt 1,2 ].
Ma la speranza è così limitata a Dio che la Scrittura [ Ger 17,5 ] rimprovera quanti sperano nell'uomo: « Maledetto l'uomo che confida nell'uomo ».
Quindi la carità è dovuta a Dio in modo così esclusivo da non estendersi al prossimo.
Sta scritto [ 1 Gv 4,21 ]: « Questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche il suo fratello ».
Come sopra [ I-II, q. 54, a. 3 ] si è detto, gli abiti devono la loro diversità solo alla diversità specifica dei loro atti: poiché tutti gli atti di una data specie appartengono al medesimo abito.
Ma siccome la specie dell'atto viene desunta dalla ragione formale dell'oggetto, è necessario che l'atto che mira a tale ragione e l'atto che coglie l'oggetto sotto tale ragione siano della medesima specie: come sono della medesima specie l'atto visivo con cui si vede la luce e quello con cui si vede il colore in ragione della luminosità.
Ora, la ragione dell'amore del prossimo è Dio: infatti ciò che dobbiamo amare nel prossimo è che egli sia in Dio.
Per cui è evidente che sono identici nella specie l'atto con cui si ama Dio e quello con cui si ama il prossimo.
Quindi l'abito della carità si estende non solo all'amore di Dio, ma anche a quello del prossimo.
1. In due modi si può temere e amare il prossimo.
Primo, per se stesso: come quando uno teme il tiranno per la sua crudeltà, o lo ama per la cupidigia di ottenere da lui qualcosa.
E tale timore umano è distinto dal timore di Dio, e così pure l'amore.
- Secondo, un uomo può essere temuto e amato per i doni di Dio che sono in lui: come quando si teme il potere civile in quanto ha ricevuto da Dio la missione di correggere i malfattori, e lo si ama per la giustizia che esercita.
E tale timore dell'uomo non si distingue dal timore di Dio, come neppure l'amore.
2. L'amore ha di mira il bene in generale, l'onore invece riguarda il bene proprio di chi viene onorato: è infatti un riconoscimento del suo valore.
E così l'amore non ha divisioni specifiche secondo il grado di bontà dei diversi oggetti, purché si riferiscano a una bontà comune; invece l'onore si distingue secondo i beni propri dei singoli.
Per cui noi amiamo con lo stesso amore di carità tutti i nostri prossimi in quanto si riferiscono a un unico bene comune che è Dio, mentre tributiamo onori diversi alle varie persone secondo il valore di ciascuna.
Ed è così che tributiamo a Dio l'onore di latria a motivo del suo valore del tutto singolare.
3. Sono rimproverati coloro che sperano nell'uomo considerandolo come la causa principale della salvezza, non quelli che sperano nell'uomo quale ministro dell'aiuto di Dio.
E così pure sarebbe reprensibile uno che amasse il prossimo come fine principale, non invece chi ama il prossimo a motivo di Dio, come vuole la carità.
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