Summa Teologica - II-II

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Articolo 8 - Se alla pubblica denunzia debba precedere il ricorso ai testimoni

In 4 Sent., d. 19, q. 2, a. 3, sol. 2; De Virt., q. 3, a. 2, ad 2, 24 sqq.; Quodl., 11, q. 10, a. 1; In Matth., c. 18

Pare che alla pubblica denunzia non debba precedere il ricorso ai testimoni.

Infatti:

1. I peccati occulti non vanno manifestati agli altri: perché così, secondo S. Agostino [ Serm. 82 ], uno sarebbe più « propalatore » della colpa che « correttore » del proprio fratello.

Ora, chi ricorre ai testimoni manifesta ad altri la colpa del suo fratello.

Quindi nei peccati occulti non si deve ricorrere ai testimoni prima della denunzia pubblica.

2. Un uomo è tenuto ad amare il prossimo come se stesso.

Ma per il proprio peccato occulto nessuno ricorre ai testimoni.

Quindi non ci si deve ricorrere neppure per i peccati occulti del proprio fratello.

3. Si portano i testimoni per provare un fatto.

Ma nei peccati occulti non si può avere una prova dai testimoni.

Perciò questo ricorso ai testimoni è inutile.

4. S. Agostino [ Epist. 211 ] insegna che il peccato « va manifestato prima al superiore che ai testimoni ».

Ma mostrarlo al superiore significa dirlo alla Chiesa.

Quindi il ricorso ai testimoni non deve precedere la pubblica denunzia.

In contrario:

Stanno le affermazioni del Signore [ Mt 18,15ss ].

Dimostrazione:

È giusto che da un estremo all'altro si passi attraverso un punto intermedio.

Ora, nella correzione fraterna il Signore volle che il principio fosse occulto, in modo che un fratello correggesse l'altro da solo a solo, mentre volle che la fine fosse pubblica, con la denunzia fatta alla Chiesa.

Perciò è conveniente che in mezzo venga posto il ricorso ai testimoni, in modo che da principio si dica la colpa del fratello a pochi, che gli possano essere di giovamento e non di ostacolo, affinché così possa venire almeno emendato senza pubblica infamia.

Analisi delle obiezioni:

1. Alcuni ritengono che nella carità fraterna si debba osservare quest'ordine: dapprima si deve correggere il fratello in segreto; e se dà ascolto, bene.

Se invece non dà ascolto, e il peccato è rigorosamente occulto, allora essi dicono che non si devono fare altri passi.

Se invece il peccato comincia a essere conosciuto da certi indizi, allora si deve procedere oltre, come il Signore comanda.

- Ma ciò è contro quanto insegna S. Agostino [ Serm. 82 ], cioè che non si deve nascondere il peccato del proprio fratello, « perché non imputridisca nel cuore ».

Perciò si deve rispondere diversamente, e cioè che dopo l'ammonizione segreta fatta una o più volte, finché c'è una speranza di emendamento si devono fare altri passi con l'ammonizione segreta.

Quando poi si può arguire che l'ammonizione segreta non basta, si deve procedere ricorrendo ai testimoni, per quanto occulta possa essere la colpa.

A meno che uno non sia persuaso che ciò non gioverebbe a emendare il fratello, ma a renderlo peggiore: perché allora bisognerebbe desistere del tutto dalla correzione, come si è detto sopra [ a. 6 ].

2. Per emendarsi dai propri peccati uno non ha bisogno di testimoni: cosa che invece può essere necessaria per l'emendamento delle colpe commesse dai nostri fratelli.

Perciò l'argomento non regge.

3. Si possono portare i testimoni per tre motivi.

Primo, per dimostrare che l'atto di cui uno è rimproverato è peccaminoso, come nota S. Girolamo [ Glossa su Mt 18,16 ].

Secondo, per rinfacciare la colpa, se venisse ripetuta, come accenna S. Agostino [ Serm. 82 ].

Terzo, « per dimostrare che il fratello che corregge ha fatto quanto stava in lui », come nota il Crisostomo [ In Mt hom. 60 ].

4. S. Agostino vuole che la colpa venga detta al superiore prima che ai testimoni in quanto il superiore è una persona privata che può giovare più delle altre, e non già in quanto è un rappresentante della Chiesa, investito delle sue funzioni di giudice.

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