Summa Teologica - II-II |
In 3 Sent., d. 33, q. 1, a. 3, sol. 2; In 5 Ethic., lectt. 4 sqq.
Pare che nella giustizia distributiva il giusto mezzo venga determinato come in quella commutativa.
1. L'una e l'altra giustizia, come si è detto [ a. prec. ], rientra nella giustizia particolare.
Ora, in tutte le parti della temperanza e della fortezza il giusto mezzo viene determinato in una sola maniera.
Quindi uno solo è il modo in cui va determinato il giusto mezzo anche nella giustizia distributiva e in quella commutativa.
2. Il giusto mezzo che viene determinato dalla ragione costituisce la forma delle virtù morali.
Ora, non potendo una virtù avere che un'unica forma, pare che per i due tipi di giustizia il giusto mezzo debba essere determinato in una sola maniera.
3. Nella giustizia distributiva il giusto mezzo viene determinato in considerazione della diversa dignità delle persone.
Ma la dignità delle persone viene considerata anche nella giustizia commutativa, p. es. nelle punizioni: poiché chi percuote il principe viene punito più gravemente di chi percuote una persona privata.
Quindi nelle due specie di giustizia il giusto mezzo è determinato allo stesso modo.
Il Filosofo [ Ethic. 5, cc. 3,4 ] insegna che il giusto mezzo nella giustizia distributiva è determinato secondo una proporzionalità « geometrica », mentre nella commutativa secondo una proporzionalità « aritmetica ».
Nella giustizia distributiva, come si è visto [ a. prec. ], viene attribuito qualcosa a delle persone private in quanto ciò che è proprio del tutto è dovuto alle parti.
E l'attribuzione è tanto più grande quanto più la parte ha maggiore importanza nel tutto.
Così dunque nella giustizia distributiva viene dato a una persona tanto più del bene comune quanto maggiore è la sua importanza nella collettività.
La quale importanza in uno stato aristocratico è valutata in base alla virtù, in un'oligarchia in base alle ricchezze e in una democrazia in base alla libertà; e così via.
Perciò nella giustizia distributiva il giusto mezzo non viene determinato secondo l'equivalenza di una cosa con un'altra, ma secondo una proporzionalità delle cose alle persone: cosicché, come una persona è superiore all'altra, così anche le cose che vengono date a una persona sono superiori a quelle date a un'altra.
Per questo il Filosofo [ cf. s. c. ] scrive che tale giusto mezzo è secondo la « proporzionalità geometrica », in cui l'equivalenza non è fondata sulla quantità, ma su una proporzione: come quando diciamo che 6 sta a 4 come 3 sta a 2.
Poiché in tutti e due i casi abbiamo una proporzione sesquialtera, in cui il numero maggiore contiene il minore una volta e mezzo, mentre manca un'equivalenza tra le rispettive eccedenze, poiché il 6 supera il 4 di due, mentre il 3 supera il 2 di 1.
Al contrario nelle permute, o commutazioni, a una singola persona viene contraccambiato qualcosa per un bene che le apparteneva: come è evidente specialmente nella compravendita, nella quale innanzitutto appare il concetto di commutazione.
Per cui bisogna adeguare una cosa a un'altra cosa: in modo che quanto uno ha in più, per averlo ricevuto da un altro, lo restituisca al legittimo proprietario in quantità uguale.
E così si ha un'equivalenza secondo un giusto mezzo « aritmetico », fondata sull'uguaglianza quantitativa tra avanzo e disavanzo: il 5, p. es., è il giusto mezzo tra il 6 e il 4.
Se quindi in principio due persone avevano entrambe 5, e una di esse ha ricevuto 1 dall'altra, il primo avrà 6 e l'altro rimarrà con 4.
Si avrà quindi giustizia se entrambi vengono ricondotti al giusto mezzo prendendo 1 da chi aveva 6 e dandolo a chi era rimasto con 4: e allora entrambi avranno 5, che è appunto il giusto mezzo.
1. Nelle altre virtù morali il giusto mezzo viene determinato secondo la ragione, e non secondo la realtà oggettiva. Invece nella giustizia abbiamo un giusto mezzo reale: e così il giusto mezzo va determinato in base alla diversità delle cose.
2. La forma universale della giustizia è l'uguaglianza, nella quale la giustizia distributiva concorda con la commutativa.
Nella prima però abbiamo l'uguaglianza basata su una proporzionalità geometrica, nella seconda invece su una proporzionalità aritmetica.
3. Negli atti e nelle passioni umane la condizione della persona incide sulla grandezza di una cosa: è infatti un'ingiuria più grave percuotere chi comanda che percuotere una persona privata.
Quindi la condizione della persona nella giustizia distributiva è considerata direttamente per se stessa; invece nella giustizia commutativa è considerata solo in quanto differenzia le cose.
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