Summa Teologica - II-II |
In 5 Ethic., lect. 4
Pare che non sia diversa la materia delle due specie di giustizia.
1. La diversità di materia implica una diversità di virtù, come è evidente nel caso della fortezza e della temperanza.
Se quindi la materia della distributiva fosse diversa dalla materia della commutativa, non si tratterebbe più di un'unica virtù, cioè della giustizia.
2. La distribuzione, che è il compito della giustizia distributiva, ha per oggetto « il danaro, gli onori o qualsiasi altra cosa che può essere spartita tra i membri di una collettività », come nota Aristotele [ Ethic. 5,2 ].
Ma tutto ciò è oggetto anche della commutazione reciproca tra individui, che interessa la giustizia commutativa.
Quindi la materia della giustizia distributiva non è diversa da quella della giustizia commutativa.
3. Se questa diversità di materia fosse imposta dalla diversità specifica tra i due tipi di giustizia, dove non c'è differenza specifica non ci dovrebbe essere neppure diversità di materia.
Invece il Filosofo [ ib. ], pur ammettendo un'unica specie nella giustizia commutativa, le attribuisce una molteplicità di materie.
Perciò la materia di queste due specie di giustizia pare essere la stessa.
Aristotele [ ib. ] insegna che « tra le specie della giustizia una dirige nelle distribuzioni, l'altra nelle permute o commutazioni ».
Come si è detto sopra [ q. 58, aa. 8,10 ], la giustizia ha per oggetto alcune operazioni esterne, ossia le distribuzioni e le commutazioni, che consistono nell'uso di entità esteriori, cioè di cose, di persone o di prestazioni d'opera: di cose, come quando uno toglie o restituisce a un altro la sua roba; di persone, come quando uno commette un'ingiuria personale, percuotendo o insultando, oppure quando presta riverenza; di prestazioni d'opera, come quando uno giustamente esige o rende ad altri un servizio.
Se quindi prendiamo per materia dei due tipi di giustizia le cose stesse il cui uso consiste nelle operazioni, allora la materia della giustizia distributiva e della commutativa è identica: infatti le cose possono essere distribuite dalla collettività ai singoli, ed essere commutate da un individuo all'altro; e così ci può essere anche una certa distribuzione di oneri, e insieme la ricompensa per essi.
Se invece prendiamo come materia dei due tipi di giustizia le stesse azioni principali mediante cui facciamo uso delle persone, delle cose e delle prestazioni d'opera, allora la materia è diversa.
Infatti la giustizia distributiva ha di mira le distribuzioni, mentre la commutativa ha per oggetto le commutazioni possibili tra due individui.
E tra queste ultime alcune sono involontarie e altre volontarie.
Sono involontarie quando uno usa della roba, della persona o delle prestazioni altrui contro la volontà dell'altro.
E ciò avviene in certi casi di nascosto con la frode, in altri invece apertamente con la violenza.
E può riguardare o le cose, o la persona propria, o la persona dei congiunti.
Quando riguarda le cose di nascosto si ha il furto, mentre quando le riguarda apertamente si ha la rapina.
- Riguardo invece alla persona propria, o se ne compromette l'incolumità, oppure se ne intacca l'onore.
Quanto all'incolumità si ha un danno occulto con l'uccisione o le percosse a tradimento, e con l'avvelenamento; si ha invece un danno aperto con l'uccisione aperta, l'incarcerazione, la fustigazione o la mutilazione.
- Quanto invece all'onore o dignità uno può essere danneggiato di nascosto con la falsa testimonianza, o con la detrazione, o con altre cose del genere che ne compromettono la fama; e può essere danneggiato apertamente con le accuse in tribunale o con gli insulti.
- Quanto infine alle persone congiunte uno può essere colpito nella moglie, per lo più in maniera occulta, mediante l'adulterio; oppure negli schiavi, che possono essere indotti a fuggire dal loro padrone: cose che possono essere fatte anche apertamente.
E lo stesso si dica delle altre persone congiunte, contro le quali si possono commettere delle ingiurie come contro la persona da cui dipendono.
L'adulterio però e la seduzione degli schiavi colpiscono immediatamente tale persona; anche se, essendo lo schiavo una proprietà del padrone, questa seduzione si riduce a un furto.
Le commutazioni invece sono volontarie quando uno passa a un altro volontariamente le proprie cose.
E se il passaggio è assoluto, senza obblighi, come nella donazione, non è più un atto di giustizia, ma di liberalità.
In tanto invece il passaggio appartiene alla giustizia, in quanto conserva un legame di obbligazione [ ratio debiti ].
E ciò può avvenire in tre modi.
Primo, quando uno passa a un altro ciò che gli appartiene in compenso di altre cose: come avviene nella compravendita.
- Secondo, quando uno offre a un altro ciò che gli appartiene concedendone l'uso con l'obbligo della restituzione.
E se la concessione dell'uso è gratuita si ha l'usufrutto per le cose capaci di fruttare, oppure il mutuo o il prestito per quelle che non fruttano, come sono i danari, i recipienti e simili.
Se invece l'uso non è concesso gratuitamente, si ha la locazione e l'affitto.
- Terzo, uno può offrire temporaneamente le proprie cose non perché vengano usate, ma perché vengano solo conservate, come nel deposito; oppure per stabilire un'obbligazione, come quando uno dà in pegno i propri averi, o anche quando li offre come garanzia per un altro.
Ora in tutte queste azioni, sia volontarie che involontarie, è identico il criterio per determinare il giusto mezzo, cioè l'equivalenza della restituzione.
Così tutti questi atti appartengono a un'unica specie di giustizia, cioè alla commutativa.
Sono così risolte anche le obiezioni.
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