Summa Teologica - II-II |
Pare che il furto non sia sempre un peccato.
1. Nessun peccato può essere oggetto di un comando divino, poiché sta scritto [ Sir 15,20 ]: « Non ha comandato a nessuno di essere empio ».
Ora, nell'Esodo [ Es 12,35s ] si legge che Dio comandò un furto: « Gli Israeliti eseguirono l'ordine di Mosè, e spogliarono gli Egiziani ».
Quindi il furto non sempre è peccato.
2. Chi trova una cosa non sua e se ne appropria, commette un furto: poiché si apropria di una cosa altrui.
Eppure ciò è conforme all'equità naturale, come insegnano i giuristi.
Perciò il furto non sempre è peccato.
3. Chi prende una cosa sua non pecca, poiché non agisce contro la giustizia, di cui non compromette l'uguaglianza.
Ora, si commette un furto anche prendendo da un altro la roba a lui data in custodia o in deposito.
Quindi il furto non è sempre un peccato.
Nell'Esodo [ Es 20,15 ] si legge: « Non rubare ».
Se uno considera la natura del furto, scorge in esso due aspetti peccaminosi.
Primo, la contrarietà alla giustizia, che mira a rendere a ciascuno il suo.
E così il furto è in contrasto con la giustizia, in quanto appropriazione della roba altrui.
Secondo, l'inganno o la frode che il ladro commette usurpando la roba altrui di nascosto e come servendosi di insidie.
Perciò è evidente che qualsiasi furto è un peccato.
1. Prendere la roba d'altri, sia apertamente che di nascosto, con l'autorizzazione del giudice che dispone in tal modo non è un furto: poiché la sentenza fa sì che quella data cosa ci appartenga.
Perciò molto meno fu un furto la spogliazione degli Egiziani da parte dei figli d'Israele fatta per comando di Dio, a motivo delle angherie da essi subite senza motivo.
Così infatti si esprime la Scrittura [ Sap 10,20 ]: « I giusti spogliarono gli empi ».
2. A proposito delle cose trovate bisogna distinguere.
Ce ne sono infatti alcune che non furono mai possedute da nessuno, come le pietre preziose e le perle che si trovano sul lido del mare: e queste sono del primo occupante.
E la stessa cosa vale per i tesori nascosti sotto terra da tempo immemorabile, e che non hanno un padrone: a meno che le leggi civili non impongano allo scopritore di darne la metà al padrone del campo, se uno ha scoperto il tesoro nel campo di un altro.
Per cui nella parabola evangelica [ Mt 13,44 ] si dice che lo scopritore del tesoro nascosto nel campo « comprò il campo », per avere il diritto di possedere intero il tesoro.
- Ci sono invece delle cose trovate che appartenevano di recente a qualcuno.
E allora se uno le prende non per ritenerle, ma per restituirle al padrone che non le considera come abbandonate, non commette un furto.
Parimenti non commette un furto se le ritiene qualora si presuma che siano abbandonate, e chi le trova le ritenga tali.
Altrimenti si commette un peccato di furto.
Di qui le parole di S. Agostino ripetute dal Decreto [ di Graz. 2,14, 5,6 ]: « Se hai trovato qualcosa e non l'hai restituita, l'hai rubata ».
3. Chi prende di nascosto la roba propria depositata presso un'altra persona fa un torto al depositario: poiché costui è tenuto a restituire, o a giustificare la propria innocenza.
Per cui quel tale commette peccato; ed è tenuto a riparare il torto fatto al depositario.
- Chi invece prende la roba propria a chi la detiene ingiustamente pecca non già perché fa un torto a costui - per cui non è tenuto a restituire o a compensare nessuno -, ma pecca contro la giustizia legale, in quanto si arroga il giudizio sui propri beni scavalcando le regole del diritto.
Perciò egli è tenuto a dare soddisfazione a Dio, e a sedare lo scandalo che eventualmente avesse potuto dare al prossimo.
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