Summa Teologica - II-II |
Pare che la derisione non sia un peccato speciale, distinto dai precedenti.
1. Schernire è lo stesso che deridere.
Ma lo scherno si riduce a una contumelia.
Quindi la derisione non si distingue dalla contumelia.
2. Uno può essere deriso solo per qualcosa di malfatto di cui l'uomo si vergogna.
Ma tali sono i peccati: e se questi vengono rinfacciati apertamente si ha la contumelia, se invece se ne parla di nascosto si ha la maldicenza o la mormorazione.
Perciò la derisione non è un peccato distinto dai precedenti.
3. Questi peccati si distinguono in base al danno che infliggono al prossimo.
Ma con la derisione non si può danneggiare il prossimo che nell'onore, nella fama o nell'amicizia.
Quindi la derisione non è un peccato distinto dai precedenti.
La derisione viene fatta per gioco: per cui viene anche detta scherzo.
Invece nessuno dei peccati precedenti viene fatto per gioco, ma sul serio.
Quindi la derisione si distingue da essi.
Come si è notato sopra [ q. 72, a. 2 ], i peccati di lingua vanno giudicati specialmente osservando l'intenzione di chi parla.
Perciò in base ai veri scopi che uno ha di mira nel parlare contro il prossimo si ha la distinzione fra questi peccati.
Ora, come con l'insulto si vuole menomare il prestigio di una persona, con la maldicenza si vuole colpirne la fama e con la mormorazione si attenta al bene dell'amicizia, così con la derisione si mira a suscitare la vergogna di chi viene deriso.
E poiché tale scopo è distinto dagli altri, il peccato di derisione è distinto dai peccati precedenti.
1. Lo scherno e la derisione convengono nel fine, ma differiscono nel modo: poiché « la derisione si fa con la bocca », cioè con le parole e con le risa, « mentre lo scherno si fa corrugando il naso », come dice la Glossa [ P. Lomb. ] sulle parole del Salmo [ Sal 2,4 ]: « Se ne ride chi abita i cieli ».
Però questa differenza non dà una diversità specifica.
In ogni modo queste due cose differiscono dall'insulto come la vergogna differisce dal disonore: come infatti nota il Damasceno [ De fide orth. 2,15 ], la vergogna è « la paura del disonore ».
2. Da un'opera ben fatta uno merita presso gli altri riverenza e fama, e presso se stesso il vanto della buona coscienza, secondo le parole di S. Paolo [ 2 Cor 1,12 ]: « Questo è il nostro vanto: la testimonianza della coscienza ».
Al contrario invece con un'azione mal fatta, cioè viziosa, uno compromette presso gli altri l'onore e la fama: per cui chi vuole insultare o diffamare parla delle azioni disonorevoli del prossimo.
Invece presso se stesso per tali discorsi uno perde il vanto della coscienza in seguito a una certa confusione o vergogna: e il derisore mira precisamente a tale scopo.
Rimane quindi evidente che la derisione ha in comune con i peccati suddetti la materia, ma se ne differenzia per il fine.
3. La sicurezza e la tranquillità della coscienza sono un gran bene, secondo quelle parole dei Proverbi [ Pr 15,15 ]: « Per un animo tranquillo è sempre festa ».
Perciò chi turba la coscienza del prossimo coprendolo di confusione gli arreca un danno ben preciso.
Quindi la derisione è un peccato speciale.
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