Summa Teologica - II-II

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Articolo 3 - Se il venditore sia tenuto a dichiarare i difetti di ciò che vende

Quodl., 2, q. 5, a. 2

Pare che il venditore non sia tenuto a dichiarare i difetti di ciò che vende.

Infatti:

1. Dal momento che il venditore non forza il compratore a comprare, pare che sottoponga la merce al suo giudizio.

Ora, spetta alla persona medesima il giudizio e la conoscenza dell'oggetto.

Perciò non va imputato al venditore se l'acquirente sbaglia nel suo giudizio comprando precipitosamente, senza un diligente esame delle condizioni della merce.

2. È da stolti compiere dei gesti che impediscono le proprie funzioni.

Ora, se uno indica i difetti di ciò che vende, impedisce la vendita.

Cicerone infatti [ De off. 3,13 ] parla di un tale il quale affermava: « Che cosa c'è di più assurdo di un proprietario il quale dia ordine al banditore di gridare così: Vendo una casa malsana? ».

Dunque il venditore non è tenuto a dichiarare i difetti di ciò che vende.

3. Per un uomo è più necessario conoscere la via dell'onestà che le tare della merce in vendita.

Eppure non si è tenuti a dare consigli a tutti, e a dir loro la verità su cose riguardanti la virtù: sebbene non si debba mai dire il falso.

Molto meno, quindi, si è tenuti a dichiarare le tare della merce, come per consigliare il compratore.

4. Se uno fosse tenuto a dichiarare i difetti di ciò che vende, ciò avrebbe il solo scopo di diminuire il prezzo.

Ma questa diminuzione potrebbe avvenire anche per altri motivi a prescindere dai difetti della merce: nel caso p. es. di un mercante il quale, nel portare il grano dove c'è carestia, sapesse che è imminente l'arrivo di altri rifornimenti: cosa che se venisse a conoscenza dei compratori farebbe diminuire il prezzo.

Ora, non pare che il venditore sia tenuto a informarli su ciò.

Quindi, per lo stesso motivo, non è tenuto neppure a farlo per i difetti di ciò che vende.

In contrario:

S. Ambrogio [ De off. 3,1 0] insegna: « Nei contratti si è tenuti a dichiarare i difetti di ciò che si vende; e se il venditore non lo fa, sebbene la merce sia passata nelle mani del compratore, il contratto è annullato per frode ».

Dimostrazione:

È sempre illecito dare ad altri occasione di pericolo o di danno; sebbene non sia necessario sempre che uno dia agli altri aiuto e consiglio per assicurare loro dei vantaggi, ma solo in casi determinati: p. es. quando gli altri sono affidati alle sue cure, o quando diversamente non c'è chi possa aiutarli.

Ora, il venditore che mette in vendita una cosa avariata, per ciò stesso offre al compratore un'occasione di danno o di pericolo, qualora il difetto ricada come danno o come pericolo sull'acquirente: come danno, se per tale difetto la cosa in vendita risulta di minor prezzo, mentre viene venduta a prezzo normale; come pericolo, se il difetto è tale da rendere impossibile o nocivo il suo uso: come nel caso di uno che venda per veloce un cavallo zoppo, per stabile una casa in rovina, o per buono un cibo avariato o avvelenato.

Per cui, se questi difetti sono nascosti e il venditore non li denunzia, la vendita è fraudolenta, e chi ha venduto è obbligato al risarcimento dei danni.

Se invece il difetto è evidente - p. es. se un cavallo ha un occhio solo, oppure quando l'uso della merce, sebbene non soddisfi più il venditore, può tuttavia andar bene per altri -, e se il venditore pensa da se stesso a ridurre debitamente il prezzo, allora non è tenuto a dichiarare i difetti di ciò che vende.

Poiché per questi difetti probabilmente il compratore pretenderebbe un abbassamento esagerato del prezzo.

Per cui il venditore può provvedere alla propria indennità tacendo i difetti della merce.

Analisi delle obiezioni:

1. Non si può emettere un giudizio se non su cose evidenti: poiché, come dice Aristotele [ Ethic. 1,3 ], « ciascuno giudica le cose che conosce ».

Se quindi i difetti di ciò che è messo in vendita sono nascosti, senza la dichiarazione del venditore non vengono sottoposti sufficientemente al giudizio del compratore.

Diverso invece sarebbe il caso se i vizi fossero evidenti.

2. Non è necessario che uno faccia annunziare dal banditore i difetti delle cose da vendere: poiché così allontanerebbe i compratori, ignorando essi le altre qualità e condizioni che rendono la cosa buona e utile.

Tuttavia le tare vanno dichiarate personalmente a chi si avvicina per comprare e ha la possibilità di confrontare tutti i dati, buoni e cattivi: poiché nulla impedisce che una cosa difettosa sotto un aspetto, sotto molti altri sia invece utile.

3. Sebbene uno non sia tenuto a dire a tutti la verità sulle cose relative alla virtù, vi è però tenuto nel caso in cui uno, per un qualche suo comportamento, venisse a trovarsi moralmente in pericolo senza quella sua dichiarazione.

E così avviene nel caso nostro.

4. Il difetto della merce la rende di minor valore al presente; invece nel caso indicato la merce diventerà tale per la venuta degli altri mercanti, che è ignorata dai compratori.

Per cui il venditore che vende la merce al prezzo che trova non agisce contro la giustizia, se non dichiara ciò che avverrà in seguito.

Se però lo dichiarasse, o se riducesse il prezzo, praticherebbe più perfettamente la virtù; sebbene non vi sia tenuto a rigore di giustizia.

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