Summa Teologica - II-II |
In 3 Sent., d. 9, q. 1, a. 1, sol. 2
Pare che l'offerta del sacrificio non sia l'atto speciale di una data virtù.
1. S. Agostino [ De civ. Dei 10,6 ] afferma: « È un vero sacrificio qualsiasi opera che noi facciamo per aderire a Dio in una santa società ».
Ora, un'opera buona qualsiasi non è l'atto speciale di una virtù determinata.
Quindi l'offerta del sacrificio non è l'atto speciale di una data virtù.
2. La macerazione del corpo che è fatta col digiuno appartiene alla virtù dell'astinenza; se invece è fatta con la continenza appartiene alla castità; se poi è compiuta col martirio appartiene alla fortezza.
Eppure tutte queste cose sono comprese nell'offerta del sacrificio, stando alle parole di S. Paolo [ Rm 12,1 ]: « Offrite i vostri corpi come sacrificio vivente ».
Inoltre l'Apostolo così scrive agli Ebrei [ Eb 13,16 ]: « Non scordatevi della beneficenza e della generosità, perché di tali sacrifici il Signore si compiace ».
Ma la beneficenza e la generosità appartengono alla carità, alla misericordia e alla liberalità.
Perciò l'offerta di sacrifici non è l'atto speciale di una determinata virtù.
3. Il sacrificio pare essere quanto è offerto al Signore.
Ma le cose che vengono offerte a Dio sono molteplici, cioè la devozione, la preghiera, le decime, le primizie, le offerte e gli olocausti.
Quindi il sacrificio non è l'atto speciale di una virtù determinata.
Nella legge vengono dati speciali precetti sui sacrifici, come appare dal principio del Levitico.
Come si è già notato altrove [ I-II, q. 18, aa. 6,7; q. 60, a. 3, ad 2 ], quando l'atto di una virtù è ordinato al fine di un'altra virtù, esso partecipa in qualche modo della sua specie: come quando uno ruba per fornicare si ha che il furto riveste in qualche modo la deformità della fornicazione, fino al punto che se anche non fosse peccato per altri motivi, lo sarebbe già per il fatto solo che è ordinato alla fornicazione.
Così dunque il sacrificio è un certo atto speciale, che è lodevole per il fatto di essere compiuto in ossequio a Dio.
E per questo appartiene a una virtù determinata, cioè alla religione.
Può darsi però che vengano ordinati a onorare Dio anche atti ispirati da altre virtù: p. es. quando uno offre i propri beni in elemosina per il Signore, oppure quando sottomette il proprio corpo a qualche afflizione in ossequio a Dio.
E in questo senso anche gli atti di altre virtù possono essere denominati sacrifici.
Vi sono però degli atti che sono degni di lode solo per il fatto che vengono compiuti in ossequio a Dio.
E questi sono denominati sacrifici in senso proprio; e appartengono alla virtù della religione.
1. Il fatto stesso che vogliamo aderire a Dio associandoci a lui spiritualmente, è ordinato a onorarlo.
E così qualsiasi atto di virtù può rivestire l'aspetto di sacrificio, in quanto viene compiuto perché possiamo essere uniti a Dio in una santa società.
2. I beni dell'uomo sono di tre specie.
Il primo è il bene dell'anima: bene che è offerto a Dio con un sacrificio interiore mediante la devozione, la preghiera e altri atti interni del genere.
E questo è il sacrificio più importante.
- Il secondo è il bene del corpo, che viene offerto a Dio in qualche modo con il martirio, con l'astinenza o con la continenza.
- Il terzo consiste nei beni esterni: e di questo bene si fa a Dio il sacrificio direttamente quando offriamo i nostri beni immediatamente a lui, indirettamente invece quando li distribuiamo al prossimo in ossequio a Dio.
3. Si parla propriamente di sacrifici quando sulle cose offerte a Dio si fa qualcosa: come gli animali venivano uccisi, e il pane viene spezzato, mangiato e benedetto.
E ciò è indicato dall'etimologia stessa del termine: infatti sacrificio suona sacrum facio ( faccio qualcosa di sacro ).
- L'oblazione invece indica direttamente l'offerta fatta a Dio, anche se su di essa non si compie alcun atto: come si parla di oblazione di danaro o di pane sull'altare, quando non si fa nulla su tali cose.
Per cui ogni sacrificio è un'oblazione, ma non viceversa.
- Le primizie poi erano offerte, poiché come dice il Deuteronomio [ Dt 26 ] venivano offerte a Dio, ma non erano sacrifici, poiché non si compiva alcun atto su di esse.
- Le decime infine non sono, propriamente parlando, né sacrifici né offerte: poiché non sono offerte direttamente a Dio, ma ai ministri del suo culto.
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