Summa Teologica - II-II

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Articolo 1 - Se la gratitudine sia una virtù specificamente distinta dalle altre

I-II, q. 60, a. 3

Pare che la gratitudine non sia una virtù specificamente distinta dalle altre.

Infatti:

1. I benefici più grandi li abbiamo ricevuti da Dio e dai genitori.

Ma l'onore che rendiamo a Dio appartiene alla virtù di religione, e l'onore che rendiamo ai genitori appartiene alla pietà.

Quindi la gratitudine non è una virtù distinta dalle altre.

2. Il compenso di uguaglianza, come insegna il Filosofo [ Ethic. 5,5 ], appartiene alla giustizia commutativa.

Ma egli dice pure che « il rendimento di grazie si fa perché ci sia il compenso ».

Perciò i ringraziamenti, che appartengono alla gratitudine, sono atti di giustizia.

Quindi la gratitudine non è una virtù specificamente distinta dalle altre.

3. Il contraccambio è una cosa richiesta per la conservazione dell'amicizia, come dice il Filosofo [ Ethic. 8,13; 9,1 ].

Ma l'amicizia dice relazione a tutte le virtù, che rendono l'uomo amabile.

Quindi la riconoscenza, o gratitudine, che ha il compito di contraccambiare i benefici, non è una virtù speciale.

In contrario:

Cicerone [ De invent. 2,53 ] enumera la gratitudine fra le parti speciali della giustizia.

Dimostrazione:

Come si è già spiegato sopra [ I-II, q. 60, a. 3 ], è necessario distinguere la natura dei vari obblighi secondo la diversità dei titoli per cui si deve qualcosa: in maniera però che l'obbligo più grande includa sempre quello più piccolo.

Ora, in Dio abbiamo la causa prima e principale di ogni nostra obbligazione: essendo egli il primo principio di tutti i nostri beni.

In secondo luogo siamo obbligati verso il padre, che è il principio prossimo della nostra generazione ed educazione.

In terzo luogo troviamo un motivo di obbligazione nella persona dei superiori, dai quali procedono i benefici comuni.

In quarto luogo infine troviamo tale motivo nei benefattori, dai quali abbiamo ricevuto dei benefici particolari e privati, per cui siamo loro particolarmente obbligati.

E siccome a questi ultimi, da cui abbiamo ricevuto benefici particolari, non dobbiamo tutto ciò che dobbiamo a Dio, o al padre, o alle autorità costituite, ne deriva che dopo la religione, che ci fa rendere a Dio il culto dovuto, dopo la pietà, che ci fa onorare i genitori, e dopo l'osservanza, che ci fa rispettare le autorità, vi è pure la riconoscenza o gratitudine, che ci spinge a ringraziare i benefattori.

Ed essa si distingue dalle virtù sopra ricordate come una realtà di ordine inferiore si distingue da quelle superiori di cui non raggiunge la perfezione.

Analisi delle obiezioni:

1. La religione, come è una pietà di ordine superiore, così è anche una gratitudine sovraeminente.

Infatti anche il ringraziamento rivolto a Dio, di cui sopra [ q. 83, a. 17 ] abbiamo parlato, è tra gli atti della virtù di religione.

2. Il compenso di uguaglianza appartiene alla giustizia commutativa quando è determinato per legge: p. es. quando si è stabilito che per quel tanto si dia tanto.

Invece alla virtù della riconoscenza, o gratitudine, appartiene il compenso basato su un obbligo morale, cioè quel compenso che uno offre spontaneamente.

Per cui la gratitudine è meno grata se è costretta, come fa notare Seneca [ De benef. 3,7 ].

3. Essendo l'amicizia fondata sulla virtù, quanto nell'amico è incompatibile con la virtù è un ostacolo all'amicizia, mentre quanto c'è di virtuoso in lui è un incentivo ad essa.

E in base a ciò il contraccambio dei benefici serve a conservare l'amicizia, sebbene esso spetti propriamente alla virtù della riconoscenza.

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