Summa Teologica - II-II

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Articolo 2 - Se l'ingratitudine sia un peccato specifico

III, q. 88, a. 4; In 4 Sent., d. 22, q. 1, a. 7, sol. 1

Pare che l'ingratitudine non sia un peccato specifico.

Infatti:

1. Tutti quelli che peccano agiscono contro Dio, che è il nostro massimo benefattore.

Ma questa è un'ingratitudine.

Quindi l'ingratitudine non è un peccato specifico.

2. Nessun peccato specifico può appartenere a più generi di peccati.

Invece uno può essere ingrato con peccati di vario genere: p. es. denigrando il benefattore, derubandolo, oppure commettendo altre colpe contro di lui.

Perciò l'ingratitudine non è un peccato specifico.

3. Seneca [ De benef. 3,1 ] ha scritto: « È ingrato chi dissimula il beneficio, ingrato chi non lo contraccambia, più ingrato di tutti chi se ne dimentica ».

Ma questi atti non appartengono a una medesima specie di peccato.

Quindi l'ingratitudine non è un peccato specificamente distinto.

In contrario:

L'ingratitudine si contrappone alla riconoscenza, o gratitudine, che è una virtù specifica.

Quindi è un peccato specifico.

Dimostrazione:

La denominazione opposta a una data virtù viene assunta da quel vizio che è più incompatibile con essa, come l'illiberalità è più incompatibile con la liberalità che non la prodigalità.

Ora, alla virtù della gratitudine si contrappone anche qualche vizio per eccesso, p. es. il ricompensare persone che non lo meritano, o prima del dovuto, come sopra [ a. 1, ad 1; q. 106, a. 4 ] si è visto.

Ma il vizio per difetto si contrappone maggiormente alla gratitudine: poiché questa virtù tende a rendere in sovrappiù, come si è notato sopra [ q. 106, a. 6 ].

Quindi propriamente l'ingratitudine sta a indicare la mancanza di gratitudine.

Ma ogni mancanza o privazione viene specificata in base all'abito opposto: infatti la cecità e la sordità differiscono come la vista e l'udito.

Quindi, come è una virtù specifica la riconoscenza, o gratitudine, così è un peccato specifico l'ingratitudine.

Questa però ha diversi gradi secondo l'ordine degli elementi richiesti dalla gratitudine.

Il primo di essi è che il beneficato riconosca il beneficio ricevuto;

il secondo è che ringrazi a parole;

il terzo è che ricompensi a tempo opportuno secondo le proprie capacità.

Ora, siccome « l'elemento che è ultimo nell'ordine di generazione di una cosa è il primo nella sua decomposizione » [ Ethic. 3,5 ],

il primo grado dell'ingratitudine si ha nel non ricompensare il beneficio ricevuto;

il secondo nel dissimularlo, non mostrando di averlo ricevuto;

il terzo, che è quello più grave, nel non riconoscerlo, o per dimenticanza o per altri motivi.

- E poiché l'affermazione contraria implica la negazione rispettiva,

al primo grado dell'ingratitudine corrisponde il rendere male per bene;

al secondo il disprezzare il beneficio;

al terzo il reputarlo un maleficio.

Analisi delle obiezioni:

1. In ogni peccato c'è un'ingratitudine materiale verso Dio, in quanto si compie qualcosa che può essere materia di ingratitudine.

Ma l'ingratitudine formale si ha quando si disprezza direttamente un beneficio.

E questo è un peccato specifico.

2. Nulla impedisce che la ragione formale di un peccato specifico si riscontri materialmente in molti generi di peccati.

E in questo senso la ragione formale dell'ingratitudine si riscontra in peccati di vario genere.

3. Quei tre atti non sono specificamente distinti, ma sono gradi diversi di un unico peccato specifico.

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