Summa Teologica - II-II |
In 4 Ethic., lect. 7
Pare che la grettezza, o parsimonia, non sia un vizio.
1. La virtù è fatta per moderare le cose piccole come le grandi: per cui gli stessi liberali e i magnifici compiono anche delle piccole cose.
Ora, la magnificenza è una virtù.
Perciò anche la grettezza, o parsimonia, è una virtù e non un vizio.
2. Secondo il Filosofo [ Ethic. 4,2 ], « la diligenza nel raziocinio sa di parsimonia ».
Ma la diligenza nel raziocinio è una cosa lodevole poiché, come dice Dionigi [ De div. nom. 4 ], « la bontà dell'uomo consiste nell'essere conforme alla ragione ».
Quindi la parsimonia non è un vizio.
3. Il Filosofo [ l. cit. ] afferma che il parsimonioso spende il suo danaro « con tristezza ».
Ma ciò è proprio della illiberalità, o avarizia.
Quindi la grettezza o parsimonia non è un vizio distinto dagli altri.
Aristotele [ Ethic. 2,7; 4,2 ] considera la grettezza come un vizio specifico opposto alla magnificenza.
Come si è già notato [ I-II, q. 1, a. 3; q. 18, a. 6 ], le entità di ordine morale sono specificate dal fine, per cui normalmente vengono denominate in base ad esso.
Ora, si denomina gretto chi ha di mira il compimento di qualcosa di piccolo.
Ma secondo il Filosofo [ Praed. 5 ] « piccolo » e « grande » sono termini relativi.
Perciò quando si dice che il gretto tende a compiere qualcosa di piccolo, la piccolezza va intesa in rapporto alla natura di ciò che si vuol fare.
E a questo proposito la piccolezza e la grandezza si possono riscontrare sia nell'opera da farsi che nella spesa da affrontare.
Ora, il magnifico mira principalmente alla grandezza dell'opera e secondariamente alla grandezza della spesa, che non evita per attuare la grande opera concepita.
Per cui il Filosofo [ Ethic. 4,2 ] afferma che il magnifico, « a parità di spesa, compie un'opera più magnifica ».
Chi è gretto invece mira principalmente a restringere le spese, ossia « è preoccupato di come fare a spendere poco », secondo l'espressione del Filosofo [ ib. ]: per cui egli si propone un rimpicciolimento dell'opera, nel senso cioè che non evita tale inconveniente pur di restringere le spese.
Per questo Aristotele [ ib. ] rileva che « il gretto, pur spendendo grandi somme, per una piccolezza », cioè per la ritrosia a spendere, « rovina il bene », cioè il bene di un'opera magnifica.
È quindi evidente che chi pecca di grettezza manca nel non adeguare secondo ragione le spese all'opera che deve compiere.
Ora, una mancanza contro la ragione provoca un vizio.
Quindi è evidente che la grettezza è un vizio.
1. La virtù regola le cose piccole secondo le norme della ragione: ma è appunto qui che manca il gretto, come si è notato [ nel corpo ].
Infatti non è gretto chi regola le cose piccole, ma chi nel regolare le cose grandi o piccole non rispetta le norme della ragione.
Per cui la grettezza è un vizio.
2. Come dice il Filosofo [ Reth. 2,5 ], « il timore fa indugiare nella deliberazione ».
Ed è per questo che il gretto insiste con diligenza nel raziocinio: perché egli teme eccessivamente la rovina dei suoi beni, sia pure in cose piccole.
E questo non è un atteggiamento lodevole, ma vizioso e riprovevole: poiché egli non guida il suo affetto secondo la ragione, ma piuttosto subordina la ragione al suo affetto disordinato.
3. Come il magnifico ha in comune con l'uomo liberale la prontezza e la gioia nell'impiego del danaro, così il gretto ha in comune con l'illiberale, ossia con l'avaro, la tristezza e la obiezioni nello spendere.
C'è però questa differenza: che l'avarizia riguarda le spese ordinarie, mentre la grettezza riguarda le spese grandi, che sono più difficili a farsi.
Perciò la grettezza è un vizio meno grave dell'avarizia.
Scrive infatti il Filosofo [ Ethic. 4,2 ], che la grettezza e il vizio contrario, sebbene siano peccaminosi, « tuttavia non portano infamia: poiché non danneggiano il prossimo, né sono troppo sconvenienti ».
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