Summa Teologica - II-II

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Articolo 5 - Se la temperanza abbia per oggetto i piaceri propri del gusto

In 3 Ethic., c. 10, lect. 20

Pare che la temperanza abbia per oggetto i piaceri propri del gusto.

Infatti:

1. I piaceri del gusto riguardano il cibo e le bevande, che sono più necessari alla vita dell'uomo di quanto lo siano i piaceri venerei, che riguardano il tatto.

Ora, da quanto si è detto [ a. prec. ], risulta che la temperanza riguarda i piaceri necessari alla vita dell'uomo.

Quindi la temperanza ha per oggetto più i piaceri del gusto che quelli del tatto.

2. La temperanza riguarda più le passioni che il loro oggetto.

Ora, come scrive Aristotele [ De anima. 2,3 ], « il tatto pare essere il senso dell'alimento » quanto alla sostanza stessa dell'alimento; « il sapore invece », che è l'oggetto proprio del gusto, « è come il piacere dell'alimento ».

Perciò la temperanza riguarda più il gusto che il tatto.

3. Come dice Aristotele [ Ethic. 7, cc. 4,7 ], « le stesse cose sono oggetto della temperanza e dell'intemperanza, della continenza e dell'incontinenza, della perseveranza e della mollezza », il cui oggetto sono i piaceri.

Ora, nei piaceri rientra il diletto che si prova nei sapori, che riguardano il gusto.

Quindi la temperanza ha per oggetto i piaceri propri del gusto.

In contrario:

Il Filosofo [ Ethic. 3,10 ] afferma che « la temperanza e l'intemperanza hanno poco o nulla a che fare con il gusto ».

Dimostrazione:

La temperanza, come sopra [ a. prec. ] si è detto, riguarda i piaceri più importanti e necessari alla conservazione della vita, o della specie o dell'individuo.

In essi però si distingue un elemento principale e uno secondario.

Quello principale è l'uso stesso delle cose necessarie: della donna, p. es., che è necessaria alla conservazione della specie, e del cibo e della bevanda, che sono necessari alla conservazione dell'individuo.

E lo stesso uso di queste cose è essenzialmente connesso con un piacere.

Invece è un elemento secondario ciò che rende l'uso di tali cose maggiormente piacevole: come la bellezza e gli ornamenti della donna, oppure il sapore e l'odore gradevole del cibo.

Perciò la temperanza ha come oggetto principale il piacere del tatto, che accompagna direttamente l'uso delle cose necessarie, il quale riguarda sempre il tatto.

Invece i piaceri del gusto, dell'olfatto o della vista sono oggetti secondari della temperanza e dell'intemperanza: poiché l'oggetto di questi sensi contribuisce all'uso piacevole delle cose necessarie che avviene mediante il tatto.

Siccome però il gusto è più vicino al tatto degli altri sensi, ne viene che la temperanza riguarda più il gusto che gli altri sensi.

Analisi delle obiezioni:

1. Anche l'uso del cibo e il piacere essenziale che ne deriva appartengono al tatto: per cui il Filosofo [ De anima 2,3 ] afferma che « il tatto è il senso dell'alimento, poiché noi siamo alimentati da elementi caldi e freddi, umidi e secchi ».

Il gusto invece ha il compito di discernere i sapori, i quali contribuiscono al piacere della nutrizione come segni del nutrimento conveniente.

2. Il piacere del sapore è come aggiunto; invece il piacere del tatto è connesso all'uso del cibo e della bevanda in maniera essenziale.

3. I piaceri riguardano principalmente la sostanza dell'alimento, e solo in maniera secondaria la squisitezza del sapore e la confezione dei cibi.

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