Summa Teologica - III |
In 3 Sent., d. 17, q. 1, a. 2, sol. 2, 3; Comp. Theol., c. 232
Pare che tra le volontà di Cristo esistessero dei contrasti.
1. I contrasti di volontà dipendono dalla contrarietà degli oggetti, come la contrarietà dei movimenti dalla contrarietà dei loro termini, secondo l'insegnamento del Filosofo [ Phys. 5,5 ].
Ma Cristo con le sue varie volontà voleva cose contrarie: con la volontà divina infatti voleva la morte, che ripugnava alla sua volontà umana.
Per cui S. Atanasio [ De incarn. Verbi et contra Arianos 21 ] scrive: « Quando Cristo diceva: "Padre, se è possibile passi da me questo calice; però non la mia, ma la tua volontà sia fatta"; e ancora: "Lo spirito è pronto, ma la carne è debole", mostra due volontà: l'umana, che per la debolezza della carne rifuggiva dalla passione, e la divina, disposta a subirla ».
Quindi tra le volontà di Cristo c'erano dei contrasti.
2. S. Paolo [ Gal 5,17 ] ha scritto che « la carne ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne ».
C'è dunque contrarietà tra le volontà quando lo spirito desidera una cosa e la carne un'altra.
Ma ciò accadeva in Cristo: infatti con la volontà di carità, ispirata nella sua anima dallo Spirito Santo, voleva la passione, secondo l'espressione di Isaia [ Is 53,7 ]: « È stato immolato perché egli stesso lo ha voluto », mentre con la sua carne rifuggiva dalla passione.
C'era quindi in lui un contrasto di volontà.
3. Il Vangelo [ Lc 22,43 ] dice che « entrato in agonia, pregava più intensamente ».
Ma l'agonia è una lotta dello spirito tra impulsi contrari.
Quindi c'erano in Cristo dei contrasti di volontà.
Nella definizione del Sesto Concilio [ Costant. III, 18 ] sta scritto: « Professiamo [ in Cristo ] due volontà naturali non contrarie, come le hanno pensate alcuni empi eretici: poiché la sua volontà umana segue sempre quella divina e onnipotente, senza resistenze e lotte, ma con sottomissione ».
C'è contrarietà o contrasto solo quando l'opposizione riguarda l'identica cosa sotto il medesimo aspetto.
Se invece l'opposizione è secondo aspetti diversi e in cose diverse, allora non si può parlare di contrarietà né di contraddizione: p. es. un uomo può essere bello e sano nelle mani e non nei piedi.
Perché dunque esista una contrarietà di voleri su una data cosa bisogna prima di tutto che il contrasto la riguardi sotto il medesimo aspetto.
Se infatti la volontà di uno vuole una data cosa per una ragione universale, e un altro non la vuole per un interesse particolare, non c'è per nulla contrarietà di volontà.
Se un re, p. es., vuole per il bene comune l'impiccagione di un brigante, mentre un suo consanguineo non la vuole per un suo affetto personale, non c'è contrarietà di volontà; a meno che la volontà del bene privato non prevalga in modo tale da impedire il bene comune: perché allora l'opposizione delle volontà verrebbe a cadere sul medesimo oggetto.
Secondo, la contrarietà dei voleri richiede che si tratti dello stesso tipo di volontà.
Se infatti si vuole una cosa con l'appetito razionale e un'altra con l'appetito sensitivo, non c'è alcuna contrarietà; a meno che l'appetito sensitivo non prevalga tanto da influenzare o da intralciare l'appetito razionale: perché allora la volontà razionale subirebbe l'influsso del moto contrario esistente nell'appetito sensitivo.
Così dunque dobbiamo dire che, sebbene la volontà come natura e la volontà di sensualità abbiano avuto in Cristo oggetti diversi da quelli della volontà divina e della sua volontà come ragione, non c'era tuttavia per questo alcun contrasto di volontà.
Primo, perché né la sua volontà come natura né quella di sensualità respingevano il motivo per cui la volontà divina e quella umana come ragione volevano invece la passione.
La volontà naturale infatti voleva in Cristo la salvezza del genere umano, ma non poteva volere una cosa in ordine a un'altra.
L'appetito sensitivo poi non poteva estendersi fino a quel punto.
Secondo, perché né la volontà divina né quella di ordine razionale venivano impedite o ritardate in Cristo dalla volontà naturale o dall'appetito sensitivo.
Ed era vero anche l'inverso: infatti né la volontà divina né quella razionale combattevano o ritardavano in Cristo le operazioni della volontà naturale e dell'appetito sensitivo.
Piaceva infatti a Cristo, secondo la sua volontà divina e secondo la sua volontà razionale, che la volontà naturale e l'appetito sensitivo operassero in lui secondo la loro natura.
Da ciò risulta dunque che in Cristo non c'era alcun contrasto od opposizione tra le volontà.
1. Che la volontà umana in Cristo volesse qualcosa di diverso da ciò che voleva la sua volontà divina dipendeva dalla stessa volontà divina, la quale a suo beneplacito lasciava che la natura umana si muovesse secondo le proprie tendenze, come dice il Damasceno [ De fide orth. 3,14 ].
2. In noi la concupiscenza della carne impedisce o ritarda l'attività dello spirito, cosa che in Cristo non poteva avvenire.
Perciò in Cristo non c'era contrarietà fra la carne e lo spirito come in noi.
3. L'agonia non toccava la parte razionale dell'anima di Cristo, e non consisteva perciò in un contrasto di desideri derivante da una diversità di motivi: come quando p. es. si vuole qualcosa per un motivo e il contrario per un altro.
Ciò infatti accade per la debolezza della ragione, che non è in grado di giudicare che cosa sia meglio in assoluto.
Ma ciò in Cristo non accadeva, poiché egli con la sua intelligenza giudicava che fosse meglio in assoluto che con la sua passione si compisse la volontà divina per la salvezza del genere umano.
L'agonia di Cristo riguardava invece la sua parte sensitiva, e consisteva nel timore del male imminente, come dice il Damasceno [ ib., c. 23 ].
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