Summa Teologica - III |
In 3 Sent., d. 8, q. 1, a. 5; Quodl., 1, q. 2, a. 1; 9, q. 2, a. 3; Comp. Theol., c. 212
Pare che in Cristo vi siano due filiazioni.
1. La nascita è causa della filiazione.
Ma in Cristo vi sono due nascite.
Quindi anche due filiazioni.
2. La filiazione, in virtù della quale uno viene detto figlio del padre o della madre, dipende in qualche modo dal figlio stesso: poiché la relazione consiste « nel riferirsi di una cosa a un'altra » [ Arist., Praed. 5 ], per cui l'eliminazione di un termine correlativo fa cessare anche l'altro.
Ora la filiazione eterna, per cui Cristo è Figlio di Dio Padre, non dipende dalla madre: poiché ciò che è eterno non può dipendere da ciò che è temporale.
Quindi Cristo non è figlio della madre quanto alla filiazione eterna.
Per conseguenza o non è figlio suo per nulla, il che è in contrasto con quanto è stato già provato, oppure lo è in virtù di un'altra filiazione, cioè di quella temporale.
Quindi in Cristo ci sono due filiazioni.
3. I termini relativi si trovano l'uno nella definizione dell'altro: quindi un termine relativo è specificato dall'altro.
Ma una stessa cosa non può appartenere a specie diverse.
Pare quindi impossibile che una medesima relazione abbia come termine due estremi completamente diversi.
Ora, si dice che Cristo è Figlio del Padre, che è eterno, e di una madre temporale, i quali sono termini del tutto diversi.
Non pare dunque che Cristo possa essere detto Figlio del Padre e della madre in forza di una stessa relazione.
Vi sono perciò in lui due filiazioni.
Il Damasceno [ De fide orth. 3, cc. 13,14 ] osserva che in Cristo si moltiplica ciò che appartiene alla natura, non ciò che è proprio della persona.
Ora, la filiazione appartiene in modo specialissimo alla persona: è infatti una proprietà personale, come risulta evidente dalla Prima Parte [ q. 32, a. 3; q. 40, a. 2 ].
Quindi in Cristo c'è una sola filiazione.
In proposito ci sono varie opinioni.
Alcuni infatti, facendo leva sulla causa della filiazione, che è la nascita, pongono in Cristo due filiazioni, poiché due sono le nascite.
- Altri invece, considerando il soggetto della filiazione, cioè la persona o ipostasi, pongono in Cristo una sola filiazione, essendo unica l'ipostasi o persona.
L'unità o la pluralità di una relazione infatti non è data dai termini, ma dalla causa o dal soggetto.
Poiché se dovesse venire considerata in base ai termini, allora bisognerebbe ammettere due filiazioni in ciascun uomo: una rispetto al padre e una rispetto alla madre.
Invece, a ben considerare la cosa, si vede che ciascuno si riferisce al padre e alla madre mediante un'unica relazione, per l'unicità della causa.
L'uomo infatti nasce dal padre e dalla madre con una stessa nascita: quindi con essi ha una sola relazione.
Ed è ciò che accade anche a un maestro che istruisce molti discepoli con un unico insegnamento; e a un padrone che governa più sudditi con la medesima autorità.
- Se invece ci sono delle cause varie e specificamente differenti, allora differiscono anche le relazioni.
E così nulla impedirà che queste si trovino in un medesimo soggetto.
Come se un maestro ad alcuni insegna la grammatica e ad altri la logica, si avranno due relazioni di insegnamento: perciò uno stesso uomo può essere maestro con relazioni diverse, o con degli allievi diversi, o con gli stessi, a cui dà degli insegnamenti diversi.
- Può capitare tuttavia che uno abbia relazione con molti per cause diverse, ma della stessa specie: come quando uno è padre di diversi figli in forza di diversi atti generativi; per cui la paternità non può differire specificamente, essendo gli atti della generazione della medesima specie.
Poiché dunque più forme della stessa specie non possono trovarsi simultaneamente nello stesso soggetto, di conseguenza non è possibile che vi siano più paternità in chi ha dato la vita a più figli con la generazione naturale.
La cosa sarebbe invece diversa se uno fosse padre di alcuni con la generazione naturale, e di altri con l'adozione.
Ora, è chiaro che non è con la medesima nascita che Cristo è nato ab aeterno dal Padre e nel tempo dalla madre.
Né la nascita è della stessa specie nei due casi.
Per cui da questo punto di vista bisognerebbe dire che in Cristo vi sono due filiazioni, una temporale e una eterna.
Ma il soggetto della filiazione non è la natura o una sua parte, bensì soltanto la persona o ipostasi; e in Cristo non c'è un'altra ipostasi o persona oltre a quella eterna.
Perciò in Cristo non vi può essere un'altra filiazione oltre a quella dell'ipostasi eterna.
Ora, ogni relazione di ordine temporale che viene attribuita a Dio aggiunge a Dio eterno un'entità non reale, ma soltanto di ragione, come si è dimostrato nella Prima Parte [ q. 13, a. 7 ].
Quindi la filiazione che unisce Cristo alla madre non può essere una relazione reale, ma solo di ragione.
E così in qualche modo sono vere ambedue le opinioni.
Se infatti consideriamo il concetto preciso di filiazione, allora bisogna ammettere due filiazioni in base alle due nascite.
Se invece consideriamo il soggetto della filiazione, il quale non può essere che l'ipostasi eterna, allora in Cristo non può essere reale se non la filiazione eterna.
Tuttavia egli è detto figlio rispetto alla madre in forza di una relazione che viene concepita simultaneamente a quella della maternità verso Cristo.
Così come chiamiamo Dio Signore per una relazione che viene concepita simultaneamente alla relazione reale con cui la creatura sta soggetta a Dio.
E benché in Dio la relazione di dominio non sia reale, tuttavia egli è Signore realmente, per la reale sottomissione a lui della creatura.
Così dunque Cristo è detto realmente figlio della Vergine madre in virtù della relazione reale di maternità che essa ha con Cristo.
1. In Cristo la nascita temporale causerebbe una reale filiazione temporale se vi fosse un soggetto capace di tale filiazione.
Ma questo non ci può essere, come si è già detto [ nel corpo ].
Infatti il supposito eterno non può essere soggetto di relazioni temporali.
- Né si può affermare che esso riceve una filiazione temporale in forza della sua natura umana, come è soggetto a una nascita temporale: poiché bisognerebbe che la natura umana fosse in qualche modo soggetta alla filiazione, come è soggetta alla nascita.
Quando infatti si dice che un Etiope è bianco in ragione dei suoi denti, è necessario che questi denti siano il soggetto della bianchezza.
Ma la natura umana in nessun modo può essere il soggetto della filiazione, poiché tale relazione riguarda direttamente la persona.
2. La filiazione eterna non dipende dalla madre temporale, ma a questa filiazione eterna va unito un certo rapporto temporale che dipende dalla madre, in forza del quale Cristo è detto figlio di sua madre.
3. « L'uno e l'ente sono interdipendenti », dice Aristotele [ Met. 4,2 ].
Come quindi può accadere che in uno dei termini la relazione sia un ente reale mentre nell'altro è solo un ente di ragione, secondo quanto il Filosofo [ Met. 5,5 ] dice dello scibile e della scienza, così può anche avvenire che in uno dei due termini ci sia un'unica relazione mentre nell'altro ce ne sia più di una.
Nei genitori, p. es., vi sono due relazioni, di paternità e di maternità, specificamente distinte in quanto il padre è principio della generazione in maniera diversa dalla madre - ( se invece diverse persone fossero il principio di una medesima azione allo stesso modo, p. es. trainando insieme una nave, allora vi sarebbe in tutte la medesima relazione ).
Dalla parte della prole invece vi è una sola filiazione reale, ma ve ne sono due di ragione, poiché la prole dice rapporto alle due relazioni dei genitori secondo due considerazioni diverse.
Ora, anche in Cristo esiste da un lato un'unica filiazione reale in riferimento all'eterno Padre; e tuttavia c'è anche un riferimento temporale, che riguarda la madre temporale.
Indice |