Summa Teologica - III |
Quodl., 1, q. 2, a. 2; Comp. Theol., c. 230; In Ioan., c. 2, lect. 3; c. 10, lect. 4
Pare che Cristo non sia stato ucciso da altri, ma da se stesso.
1. Egli ha affermato [ Gv 10,18 ]: « Nessuno mi toglie la vita, ma la offro da me stesso ».
Ora, si dice che uno uccide quando toglie la vita.
Perciò Cristo non fu ucciso da altri, ma da se stesso.
2. Coloro che sono uccisi da altri vengono meno a poco a poco con l'affievolimento della natura.
E ciò si nota soprattutto nei crocifissi: poiché, come scrive S. Agostino [ De Trin. 4,13.16 ], « sospesi al legno morivano con una lenta agonia ».
Invece in Cristo ciò non avvenne: egli infatti, come narra S. Matteo [ Mt 27,50 ], « emesso un alto grido, spirò ».
Quindi Cristo non fu ucciso dai carnefici, ma da se stesso.
3. Coloro che sono uccisi da altri muoiono di morte violenta, e quindi non muoiono volontariamente, poiché il violento è il contrario del volontario.
Ora, S. Agostino [ De Trin. 4,13.16 ] nota che «l o spirito di Cristo non abbandonò la carne suo malgrado, ma perché egli lo volle, nel tempo che volle e come volle ».
Quindi Cristo non fu ucciso dai carnefici, ma da se stesso.
Nel Vangelo [ Lc 18,33 ] si legge: « Dopo averlo flagellato, lo uccideranno ».
Si può essere causa di un effetto in due modi.
Primo, agendo per produrlo direttamente.
Ed è in questo modo che uccisero Cristo i suoi persecutori: poiché gli inflissero dei supplizi capaci di produrre la morte, con l'intenzione di ucciderlo e conseguendo l'effetto, poiché tali supplizi provocarono effettivamente la morte.
Secondo, uno può essere causa di un fatto indirettamente, cioè perché non lo impedisce pur avendone la possibilità: come si dice, p. es., che uno bagna un altro perché non chiude la finestra da cui entra l'acqua.
E in questo modo si può dire che Cristo stesso fu causa della sua passione e della sua morte.
Poteva infatti impedirle.
Prima di tutto respingendo gli avversari, in modo che non volessero o non potessero ucciderlo.
In secondo luogo perché il suo spirito aveva il potere di conservare la natura della propria carne, in modo che non venisse colpita da alcuna ferita.
Facoltà questa che derivava all'anima di Cristo dall'unione ipostatica con il Verbo, come nota S. Agostino [ De Trin. 4,13.16 ].
Non avendo quindi l'anima di Cristo allontanato dal proprio corpo i supplizi, ma avendo accettato che la natura corporale vi soccombesse, si può dire che egli offrì la sua vita, o che morì volontariamente.
1. L'espressione: « Nessuno può togliermi la vita », va intesa nel senso di: « contro la mia volontà ».
Si dice infatti propriamente che viene tolto quanto è sottratto a qualcuno che non è in grado di resistere.
2. Per mostrare che la passione inflitta con la violenza non era capace di strappargli la vita, Cristo conservò la natura corporale nel suo vigore, così da poter gridare a gran voce anche nel momento supremo.
Ciò infatti viene computato tra i miracoli della sua morte.
Per cui si legge in S. Marco [ Mc 15,39 ]: « Il centurione che gli stava di fronte, vistolo spirare in quel modo, disse: "Veramente quest'uomo era Figlio di Dio" ».
Altra cosa mirabile nella morte di Cristo fu poi la maggiore rapidità del trapasso rispetto a quella degli altri condannati alla croce.
Per cui S. Giovanni [ Gv 19,32 ] ricorda che agli altri crocifissi con Cristo « spezzarono le gambe », per affrettarne la morte, mentre « venuti da Gesù e vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe ».
E S. Marco [ Mc 15,44 ] riferisce che « Pilato si meravigliò che fosse già morto ».
Come infatti per volontà di Cristo la sua vita corporale fu conservata nel pieno vigore sino alla fine, così, quando egli volle, subito cedette alla violenza inflitta.
3. Si deve affermare che nello stesso tempo Cristo soffrì la morte per violenza e tuttavia morì volontariamente: poiché contro il suo corpo fu usata la violenza, la quale tuttavia non prevalse su di esso se non nella misura che egli volle.
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