La Trinità

Indice

Libro XV

17.30 Per fare un esempio, con il nome di Legge si designano talvolta tutti i libri dell'Antico Testamento.

Infatti è alla testimonianza del profeta Isaia che l'Apostolo si richiama quando dice: Con altre lingue e con labbra d'altri io parlerò a questo popolo, ( 1 Cor 14,21; Is 28,11 ) e tuttavia introduce questa citazione con le parole: Sta scritto nella Legge. ( 1 Cor 14,21 )

E lo stesso Signore ha detto: Sta scritto nella loro Legge: mi odieranno senza ragione, ( Gv 15,25 ) e questo testo si trova nei Salmi. ( Sal 35,19; Sal 69,5 )

Talvolta invece è chiamata Legge in senso proprio quella che è stata data a Mosè, ( Gv 1,17 ) nel senso in cui è detto: La Legge ed i Profeti fino a Giovanni, ( Mt 11,13 ) o ancora: Da questi due precetti dipendono tutta la Legge ed i Profeti. ( Mt 22,40 )

In questi passi si tratta della Legge presa in senso proprio, della Legge data sul monte Sinai.

D'altra parte con il nome di Profeti sono designati anche i Salmi; e tuttavia in un altro passo lo stesso Signore dice: Bisognava che si adempisse tutto ciò che sta scritto nella Legge, nei Profeti e nei Salmi a mio riguardo. ( Lc 24,44 )

Qui, quando parla di Profeti, il Signore esclude i Salmi.

Il nome di Legge, presa in senso generico, include i Profeti e i Salmi, ma si usa anche in senso proprio e designa allora la Legge che è stata data per mezzo di Mosè. ( Gv 1,17 )

Così il nome di "Profeti", nel senso largo del termine, include i Salmi, in senso proprio li esclude.

Si potrebbe provare con molti altri esempi che molte parole si usano talvolta in senso generico, talvolta si applicano in senso proprio a realtà determinate, ma la cosa è troppo chiara perché ci sia bisogno di un lungo discorso.

Se ho dato questa spiegazione è perché non vi sia qualcuno che pensi che ho torto di chiamare Carità lo Spirito Santo, per il fatto che anche Dio Padre e Dio Figlio si possono chiamare carità.

17.31 - Per opera sua è diffusa nei nostri cuori la carità di Dio

Come dunque il Verbo unico di Dio riceve in proprio il nome di Sapienza, ( Sir 1,5 ) benché, quando il termine è preso in senso generico, anche lo Spirito Santo e il Padre siano sapienza, così lo Spirito Santo riceve in proprio il nome di Carità, benché quando il termine è preso in senso generico, anche il Padre e il Figlio siano carità.

Ma il Verbo di Dio, cioè il Figlio unigenito di Dio, è chiamato esplicitamente sapienza di Dio per bocca dell'Apostolo, quando dice: Cristo forza di Dio e sapienza di Dio, ( 1 Cor 1,24 ) mentre per trovare un passo in cui lo Spirito Santo sia chiamato Carità, bisogna scrutare attentamente gli scritti di Giovanni.

Questi, dopo queste parole: Carissimi, amiamoci a vicenda, perché l'amore procede da Dio, aggiunge subito: e ognuno che ama è nato da Dio; colui che non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore. ( 1 Gv 4,7-8 )

È chiaro che qui chiama Dio l'amore che prima afferma procedere da Dio.

L'amore è dunque Dio da Dio.

Ma poiché il Figlio è nato da Dio Padre e lo Spirito Santo procede da Dio Padre ( Gv 15,26 ) è legittimo chiedersi a quale fra i due bisogna, di preferenza, applicare queste parole: "Dio è amore".

Solo il Padre infatti è Dio senza essere Dio da Dio, di conseguenza l'amore che in tanto è Dio in quanto procede da Dio è o il Figlio o lo Spirito Santo.

Ma nel seguito del testo Giovanni, dopo aver parlato dell'amore di Dio, non dell'amore con cui noi amiamo Dio, ma di quello con cui egli stesso ci ha amato ed ha inviato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati ( 1 Gv 4,10 ) ed averne approfittato per esortarci ad amarci l'un l'altro affinché Dio abiti in noi, poiché aveva definito Dio come amore, volendo spiegare più chiaramente questo punto aggiunge subito: Da questo conosciamo che noi siamo in lui ed egli è in noi, perché ci ha dato del suo Spirito. ( 1 Gv 4,13 )

È dunque lo Spirito Santo, del quale egli ci ha dato, che fa sì che noi restiamo in Dio e lui in noi: ora questo è opera dell'amore.

È dunque lo Spirito Santo il Dio amore.

Infine poco dopo, avendo ripetuto che Dio è amore, aggiunge subito: E colui che è nell'amore è in Dio, e Dio in lui, ( 1 Gv 4,16 ) presenza mutua di cui prima aveva detto: Sappiamo che noi siamo in lui e lui in noi, perché ci ha dato del suo Spirito. ( 1 Gv 4,13 )

È dunque lo Spirito che è designato in questa affermazione: Dio è amore. ( 1 Gv 4,8.16 )

Ecco perché lo Spirito Santo, Dio che procede da Dio, una volta dato all'uomo, l'accende d'amore per Dio e per il suo prossimo, essendo lui stesso amore. ( Gv 15,26; Rm 5,5 )

L'uomo infatti non riceve se non da Dio l'amore per amare Dio.

Per questo poco dopo afferma: Noi dobbiamo amarlo, perché egli per primo ci ha amati. ( 1 Gv 4,7.10 )

Anche l'apostolo Paolo dice: La carità di Dio è stata diffusa nel nostri cuori, mediante lo Spirito Santo che ci è stato dato. ( Rm 5,5 )

18.32 - Lo Spirito Santo è dono di Dio

Non c'è dunque dono di Dio più eccellente della carità; ( At 8,20; Gv 4,10 ) è il solo che distingue i figli del regno eterno dai figli della perdizione eterna. ( Mt 13,38; Gv 17,12 )

Ci sono dati altri doni mediante lo Spirito Santo, ( 1 Cor 12,8 ) ma senza la carità non servono a nulla. ( 1 Cor 13,3 )

Perciò chiunque non abbia ricevuto lo Spirito Santo in tal misura da renderlo innamorato di Dio e del prossimo, non passa dalla parte sinistra alla destra. ( Gv 3,5 )

E lo Spirito non è chiamato propriamente dono che a motivo dell'amore; chi non lo possiederà, anche se parlerà le lingue degli uomini e degli Angeli non è che un bronzo sonoro, un cembalo squillante; avesse pure la profezia, conoscesse i misteri tutti e tutta la scienza e possedesse la pienezza della fede al punto di trasportare le montagne, non è nulla; distribuisse pure tutti i suoi beni e desse il suo corpo a bruciare, a nulla gli giova.

Che grande bene è dunque quello senza il quale dei beni così grandi non possono condurre nessuno alla vita eterna?

Ma, se colui che non parla le lingue, non conosce tutti i misteri, e tutta la scienza, non distribuisce tutti i suoi beni ai poveri - sia che non ne abbia da distribuire, sia che il bisogno gli impedisca di farlo -, non dà il suo corpo alle fiamme, perché gli manca l'occasione di soffrire tale martirio, possiede la dilezione o carità ( infatti i due nomi designano una sola cosa ), essa lo conduce al regno, dato che solo la carità può fare in modo che la fede stessa sia utile.

Senza dubbio, senza la carità la fede può esistere, ma non essere utile.

Per questo anche l'apostolo Paolo dice: Perché in Cristo Gesù non ha valore né la circoncisione né l'incirconcisione, ma solo la fede operante per la carità, ( Gal 5,6 ) distinguendo così questa fede da quella con la quale credono e tremano i demoni. ( Gc 2,19 )

L'amore che è da Dio e che è Dio è dunque propriamente lo Spirito Santo, mediante il quale viene diffusa nei nostri cuori la carità di Dio, facendo sì che la Trinità intera abiti in noi. ( 1 Gv 4,7-8.16; Gv 4,24 )

Per questo motivo lo Spirito Santo, essendo Dio, è chiamato nello stesso tempo molto giustamente anche Dono di Dio. ( At 8,20; Gv 4,10 )

Tale Dono che cosa deve designare propriamente se non la carità, che conduce a Dio e senza la quale qualsiasi altro dono di Dio non conduce a Dio?

19.33 - Si dimostra dalla Scrittura che lo Spirito Santo è il Dono di Dio

Dobbiamo provare anche che lo Spirito Santo è chiamato Dono di Dio nelle Sacre Scritture?

Se si desidera tale prova, la troviamo nel Vangelo di Giovanni che riferisce queste parole del Signore Gesù: Se qualcuno ha sete, venga a me e beva.

Dall'intimo di chi crede in me, come dice la Scrittura, scaturiranno fiumi d'acqua viva. ( Gv 7,37-38 )

L'Evangelista aggiunge poi subito: Disse questo dello Spirito che avrebbero ricevuto quelli che avessero creduto in lui. ( Gv 7,39 )

Per questo anche l'apostolo Paolo dice: Tutti siamo stati dissetati con un solo Spirito. ( 1 Cor 12,13 )

Ma qui è chiamata dono di Dio quest'acqua, che è lo Spirito Santo?

Ecco ciò che è in questione.

Ma come troviamo che in questo passo quest'acqua è chiamata Spirito Santo, così in un altro passo dello stesso Vangelo troviamo che quest'acqua è chiamata dono di Dio. ( Gv 4,10-14 )

Infatti nella conversazione che ebbe presso il pozzo con la Samaritana lo stesso Signore le aveva detto Dammi da bere; ( Gv 4,7 ) avendogli essa risposto che i Giudei non andavano d'accordo con i Samaritani, Gesù le rispose: Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: dammi da bere, forse tu stessa ne avresti chiesto a lui e ti avrebbe dato dell'acqua viva.

La donna gli rispose: Signore, non hai un recipiente per attingere e il pozzo è profondo; da dove hai dunque quest'acqua viva? ( Gv 4,9-11 ) ecc.

Gesù le rispose: Chi berrà di questa acqua tornerà ad avere sete; chi invece berrà l'acqua che gli darò io non avrà più sete in eterno, ma l'acqua che gli darò io diventerà in lui sorgente d'acqua zampillante, fino alla vita eterna. ( Gv 4,13-14 )

Poiché quest'acqua viva, come spiega l'Evangelista, ( Gv 4,10-11 ) è lo Spirito Santo, non c'è dubbio che lo Spirito Santo è il Dono di Dio, ( At 8,20; Gv 4,10 ) di cui il Signore dice qui: Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: Dammi da bere, forse tu stessa ne avresti chiesto a lui e ti avrebbe dato dell'acqua viva. ( Gv 4,10 )

Perché ciò che dice: Dal suo intimo scaturiranno fiumi di acqua viva; ( Gv 7,38 ) equivale a queste parole: Diventerà in lui sorgente di acqua zampillante fino alla vita eterna. ( Gv 4,14 )

19.34 Anche l'apostolo Paolo dice: A ciascuno di noi è data la grazia secondo la misura del dono di Cristo, ( Ef 4,7 ) e per far vedere che questo dono di Cristo è lo Spirito Santo, aggiunge subito: Perciò dice: Ascendendo in alto ha condotta schiava la schiavitù, dette doni agli uomini. ( Ef 4,8 )

Ora tutti sanno assai bene che il Signore Gesù, una volta asceso al cielo, dopo la risurrezione dai morti, ha dato lo Spirito Santo, e che, riempiti di questo Spirito, i credenti si misero a parlare nelle lingue di tutti i popoli.

Né deve far difficoltà il fatto che abbia detto doni ( Ef 4,8 ) e non dono, perché ciò facendo si richiama alla testimonianza del Salmo in cui si legge: Tu sei salito in alto, hai condotto con te i prigionieri, hai ricevuti doni negli uomini. ( Sal 68,19 )

Tale è infatti la lezione di molti codici, in particolare di quelli greci, ed è proprio la traduzione dall'ebraico.

"Doni" dice dunque l'Apostolo, con il Profeta, non "dono".

Ma mentre il Profeta dice: hai ricevuto doni negli uomini, ( Sal 68,19 ) l'Apostolo ha preferito dire: Egli ha dato doni agli uomini; ( Ef 4,8 ) affinché questi due testi, l'uno profetico, l'altro apostolico, ma fondati ambedue sull'autorità della parola divina, rendano il senso in tutta la sua pienezza.

Tutte e due le cose infatti sono vere, perché ha dato agli uomini e perché ha ricevuto negli uomini.

Egli ha dato agli uomini come il capo ai suoi membri, ma egli ha anche ricevuto negli uomini, cioè nei suoi membri, membri per i quali ha gridato dal cielo: Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? ( At 9,4 ) e dei quali dice: Ogni volta che l'avete fatto al più piccolo dei miei, è a me che l'avete fatto. ( Mt 25,40 )

Lo stesso Cristo ha dunque nello stesso tempo dato dal cielo e ricevuto in terra.

Ora tutti e due, il Profeta e l'Apostolo, hanno parlato di doni al plurale, perché ad opera di questo dono, che è lo Spirito Santo, dato in comune a tutti i membri di Cristo, è distribuita una moltitudine di doni propri a ciascuno.

Infatti ciascuno non possiede tutti i doni, ma gli uni questi, gli altri quelli, benché quello stesso dono dal quale sono distribuiti a ciascuno i propri, lo abbiamo tutti, cioè lo Spirito Santo. ( 1 Cor 12,7-12 )

Infine in un altro passo l'apostolo Paolo, dopo aver enumerato una moltitudine di doni, aggiunge: Ora tutte queste cose le compie un solo e medesimo Spirito, distribuendole a ciascuno in particolare come vuole. ( 1 Cor 12,11 )

Espressione che si trova anche nella Epistola agli Ebrei, dove è scritto: Mentre Dio confermava la loro testimonianza con segni e prodigi e ogni sorta di miracoli e con le distribuzioni dello Spirito Santo. ( Eb 2,4 )

Lo stesso Apostolo dopo aver detto qui: Ascendendo in alto condusse schiava la schiavitù, dette doni agli uomini, aggiunse: ma "ascese" che cosa vuol dire se non che egli è anche disceso nelle regioni inferiori della terra?

Colui che è disceso è quel medesimo che è asceso sopra tutti i cieli per riempire tutto.

Ed egli diede ad alcuni di essere Apostoli, ad altri Profeti, ad altri Evangelisti, ad altri pastori e docenti. ( Ef 4,8-11 )

Ecco perché ha parlato di doni al plurale, perché come dice in un altro passo: Forse che tutti sono Apostoli?

Forse che tutti sono Profeti? ( 1 Cor 12,29 )

Ma qui aggiunge: Per il perfezionamento dei santi, nell'opera del ministero per l'edificazione del corpo di Cristo. ( Ef 4,12 )

È questa la casa che, come canta il Salmo, è costruita dopo la cattività, ( Sal 96,1 ) perché è unendo insieme quanti vengono strappati al diavolo che li teneva schiavi, che si edifica il corpo di Cristo, che è la casa chiamata Chiesa. ( Col 1,13-24; 2 Tm 2,26 )

Ora questa schiavitù l'ha condotta schiava ( Ef 4,8 ) Colui che ha vinto il demonio.

È per impedire che il demonio trascinasse con sé all'eterno supplizio coloro che dovevano diventare le membra di questo santo capo, che Cristo ha incatenato il demonio prima con le catene della giustizia, poi con le catene della potenza.

Ecco perché il demonio è chiamato schiavitù, schiavitù che ha condotto schiavo colui che è asceso in alto e ha dato doni agli uomini, ( Ef 4,8 ) o ha ricevuto doni negli uomini.

19.35 L'apostolo Pietro, come si legge in quel libro canonico in cui sono narrati gli Atti degli Apostoli, mentre parlava di Cristo, avendogli detto i Giudei, profondamente commossi nel loro cuore: Fratelli, che cosa dobbiamo fare?

Spiegatecelo; rispose loro: Fate penitenza e ciascuno di voi sia battezzato nel nome di Gesù Cristo in remissione dei peccati e riceverete il dono dello Spirito Santo. ( At 2,37-38 )

Nello stesso libro si legge anche che Simon Mago volle dare del denaro agli Apostoli per ricevere da loro il potere di dare lo Spirito Santo con l'imposizione delle mani. ( At 8,18-19 )

Ma lo stesso Pietro gli disse: Va' in perdizione tu e il tuo denaro, perché hai creduto che il dono di Dio si potesse acquistare col denaro. ( At 8,20 )

Ed in un altro passo dello stesso libro, in cui è narrato che Pietro annunciava e predicava Cristo a Cornelio e a coloro che erano con lui, la Scrittura dice: Non aveva ancora Pietro finito di pronunciare queste parole che lo Spirito Santo discese sopra tutti quelli che ascoltavano la parola.

Tutti i fedeli circoncisi, venuti con Pietro, rimasero meravigliati nel vedere come il dono dello Spirito Santo fosse pure diffuso sopra i gentili.

Li sentivano infatti parlare le lingue e glorificare Dio. ( At 10,44-46 )

Giustificandosi poi del fatto che aveva battezzato degli incirconcisi - perché lo Spirito Santo, per sciogliere il nodo della questione, era disceso su costoro prima che venissero battezzati - presso i fratelli di Gerusalemme che la notizia aveva sconcertato, terminò con queste parole: Quando ebbi cominciato a parlare loro, lo Spirito Santo discese su di loro, come all'inizio era disceso su di noi.

Mi sono ricordato allora di questa parola del Signore: "Giovanni ha battezzato nell'acqua, ma voi sarete battezzati nello Spirito Santo".

Se dunque Dio ha concesso loro il medesimo dono che a noi, che abbiamo creduto nel Signore Gesù Cristo, io chi ero da poter impedire a Dio di dar loro lo Spirito Santo? ( At 11,15-17 )

E ci sono molti altri passi della Scrittura che concordano nel testimoniare che lo Spirito Santo è il Dono di Dio, ( At 8,20; Gv 4,10 ) in quanto è dato a coloro che per mezzo di lui amano Dio.

Ma sarebbe troppo lungo enumerarli tutti.

E d'altra parte quale potrebbe bastare a coloro ai quali non bastano quelli che abbiamo citato?

19.36 D'altra parte, poiché essi vedono almeno che lo Spirito Santo è stato chiamato Dono di Dio bisogna far loro rilevare che le parole: Dono dello Spirito Santo ( At 2,38; At 10,45 ) è un'espressione dello stesso genere di quella: Con la spogliazione del corpo di carne. ( Col 2,11 )

Infatti come il corpo di carne non è altro che la carne, così il Dono dello Spirito Santo non è altro che lo Spirito Santo.

Egli è dunque Dono di Dio, in quanto è dato a coloro ai quali è dato.

Ma in se stesso egli è Dio, anche nel caso che non sia dato ad alcuno, perché era Dio coeterno al Padre e al Figlio prima di essere dato a chiunque.

E sebbene essi lo diano ed egli sia dato, non è per questo a loro inferiore.

Infatti egli è dato come Dono di Dio in modo tale che è anche lui, in quanto Dio, a darsi.

Perché non si può dire che non sia padrone di se stesso Colui di cui è detto: Lo Spirito soffia dove vuole, ( Gv 3,8 ) o ancora nel passo dell'Apostolo già citato:64 Ma è un solo e medesimo Spirito che produce tutti questi doni, distribuendoli a ciascuno come gli piace. ( 1 Cor 12,11 )

Non esiste qui dipendenza per colui che è dato, superiorità per coloro che danno, ma intesa perfetta tra colui che è dato e coloro che danno.

19.37 - Lo Spirito Santo ineffabile comunione del Padre e del Figlio

Perciò, se la Sacra Scrittura proclama: Dio è carità, ( 1 Gv 4,8.16 ) e se, d'altra parte, la carità viene da Dio e la sua azione all'interno di noi fa sì che noi siamo in Dio e Dio in noi, e infine questa presenza testimonia che Dio ci ha dato del suo Spirito, ne consegue che lo stesso Spirito è il Dio carità. ( 1 Gv 4,7.13.16 )

Inoltre, se fra i doni di Dio nessuno è più grande della carità e d'altra parte non c'è dono di Dio più grande dello Spirito Santo, che c'è di più conseguente che concludere che è lui stesso la Carità che è chiamata Dio ed è detta procedere da Dio?

E, se la carità con cui il Padre ama il Figlio e il Figlio ama il Padre ci rivela l'ineffabile comunione dell'uno con l'altro, che c'è di più conseguente che concludere che conviene in proprio il nome di Carità a Colui che è lo Spirito comune all'uno e all'altro?

Infatti è più giusto credere e comprendere che non solo lo Spirito è carità nella Trinità, ma anche che non è senza fondamento che gli si attribuisce in proprio il nome di Carità, per i motivi che abbiamo spiegato.

Allo stesso modo che non è il solo in quella Trinità ad essere Spirito, ad essere santo, perché anche il Padre è Spirito, anche il Figlio è spirito, anche il Padre è santo, anche il Figlio è santo, cosa di cui non dubita la nostra pietà;65 e tuttavia non è senza fondamento che la terza Persona riceva in proprio il nome di Spirito Santo.

In quanto infatti è comune ad ambedue, lo si denomina per quello che ambedue sono ugualmente.

Altrimenti se in quella Trinità solo lo Spirito Santo è carità, il Figlio non è soltanto Figlio del Padre, ma anche dello Spirito Santo.

Infatti in numerosissimi passi si dice e si legge che il Figlio è il Figlio unigenito del Padre, ma tale affermazione si deve conciliare con l'affermazione dell'Apostolo che dice che Dio Padre ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasportati nel regno del Figlio della sua carità. ( Col 1,13 )

L'Apostolo non ha detto "del Figlio suo"; avrebbe potuto dire ciò in tutta verità, e di fatto l'ha detto in tutta verità in molti altri passi; ma ha detto: del Figlio della sua carità. Dunque, se solo lo Spirito Santo è la carità di Dio in quella Trinità, il Figlio è anche Figlio dello Spirito Santo.

Ora se questa è un'affermazione completamente assurda, non resta che concludere che non solo lo Spirito Santo nella Trinità è carità, ma per i motivi che ho sufficientemente esposti, egli riceve in proprio il nome di Carità.

Per quanto concerne l'espressione: del Figlio della sua carità, essa non significa altra cosa che "del suo Figlio diletto", in conclusione "del Figlio della sua sostanza".

Perché la carità del Padre, che esiste nella sua natura ineffabilmente semplice, non è altro che la sua stessa natura e sostanza, come spesso ho detto e come non cesserò di ripetere.

Di conseguenza il Figlio della sua carità non è altro che quello che è stato generato dalla sua sostanza.

20.38 - Confutazione dell'opinione di Eunomio

Pertanto sono ridicoli i sofismi di Eunomio, dal quale ha avuto origine la setta eretica degli Eunomiani.

Costui, non potendo comprendere e non volendo credere ( Is 7,9b ) che il Verbo unigenito di Dio, per mezzo del quale sono state fatte tutte le cose è per natura Figlio di Dio, cioè generato dalla sostanza del Padre, affermò che non è il Figlio della natura, della sostanza di lui, o dell'essenza, ma il Figlio della volontà di Dio, intendendo con questo una volontà accidentale esistente in Dio, volontà che sarebbe il principio della generazione del Figlio.66

Senza dubbio questa opinione gli è stata suggerita dalla nostra esperienza, in quanto ci accade di volere ciò che prima non volevamo, come se questo non fosse un segno della mutevolezza della nostra natura, mutevolezza che dobbiamo guardarci bene dal pensare che esista in Dio.

Se la Scrittura dice: Molti sono i pensieri del cuore dell'uomo, ma il consiglio di Dio dura in eterno, ( Pr 19,21 ) proprio per farci comprendere o credere ( Is 7,9b ) che, come Dio è eterno, così il suo consiglio è eterno e dunque immutabile, come è lui stesso.

Ora ciò che diciamo dei suoi pensieri possiamo ugualmente dire in tutta verità dei suoi voleri.

Numerosi sono i voleri nel cuore dell'uomo, ma la volontà di Dio dura in eterno.

Alcuni, per non dire che il Verbo unigenito è Figlio del consiglio e della volontà di Dio, hanno affermato che questo Verbo è lo stesso consiglio, la stessa volontà del Padre.

Ma è meglio dire, ritengo, che il Verbo è consiglio da consiglio, volontà da volontà, come è sostanza da sostanza, sapienza da sapienza, per evitare così quella opinione assurda, che abbiamo già confutato, secondo la quale il Figlio renderebbe il Padre sapiente e volente, se il Padre non possiede sostanzialmente il consiglio e la volontà.

Acuta senza dubbio fu la risposta di un tale ad un eretico che gli domandava assai capziosamente se Dio ha generato il Figlio volendo o non volendo; rispondere che lo fece senza volere significava porre in Dio un limite inconcepibile in lui; rispondere che lo generò volendo, sarebbe stato fare il gioco dell'eretico, che ne avrebbe concluso immediatamente, come con un ragionamento invincibile, che il Verbo è Figlio non della natura, ma della volontà del Padre.

Ma quello, con grande presenza di spirito, domandò a sua volta al suo interlocutore se Dio Padre è Dio volendo o non volendo; rispondere che è Dio non volendo, significava porre in Dio una imperfezione che non si può ammettere senza grande follia; rispondere che lo è volendo significava mettere l'altro in condizione di replicare così: "Dunque anche lui è Dio per sua volontà, non per natura".67

Che restava dunque all'eretico se non tacere e vedersi, con la sua stessa domanda, imprigionato in un legame insolubile?

Ma la volontà di Dio, se bisogna attribuirla in proprio a qualche persona della Trinità, è allo Spirito Santo che conviene di più, come la carità. Infatti che altro è la carità se non la volontà?

20.39 - Riassunto di quanto detto sopra: l'uomo, immagine della Trinità, deve orientare tutto se stesso a ricordare, contemplare, amare la Trinità

Vedo che ciò che ho detto in questo libro68 basandomi sulle Sacre Scritture circa lo Spirito Santo dà ai fedeli una sufficiente istruzione.

Essi già sapevano che lo Spirito Santo è Dio, ( Gv 4,24 ) che è della stessa sostanza del Padre, che non è inferiore al Padre e al Figlio, verità che ho provato nei libri precedenti basandomi su queste stesse Scritture.69

Inoltre, partendo dalla creatura, opera di Dio, ho cercato, per quanto ho potuto, di condurre coloro che chiedono ragione di tali cose a contemplare con l'intelligenza, per quanto era loro possibile, i segreti di Dio per mezzo delle cose create e ho fatto particolarmente ricorso alla creatura ragionevole e intelligente, che è stata creata ad immagine di Dio, ( Gen 1,27; Gen 5,1; Gen 9,6 ) per far loro vedere, come in uno specchio, per quanto lo possono e, se lo possono, il Dio Trinità, nella nostra memoria, intelligenza e volontà.70

Chiunque, con una intuizione viva, vede che queste tre potenze, in virtù di una intenzione divina, costituiscono la struttura naturale del suo spirito; percepisce quale cosa grande sia per lo spirito il poter ricordare, vedere, desiderare la natura eterna ed immutabile; la ricorda con la memoria, la contempla con l'intelligenza, l'abbraccia con l'amore, certamente vi scopre l'immagine di quella suprema Trinità.

Per ricordare, vedere, amare quella suprema Trinità deve ad essa riferire tutto ciò che vive perché tale Trinità divenga oggetto del suo ricordo, della sua contemplazione e della sua compiacenza.

Tuttavia ho mostrato, per quanto mi sembrava necessario, che questa immagine che è opera della stessa Trinità, che è stata deteriorata dalla sua propria colpa, si deve evitare di compararla alla Trinità come se le fosse in tutto simile, ma si deve vedere anche una grande dissomiglianza in questa tenue somiglianza.

Indice

64 Sopra 15,19,34
65 Sopra 5,11,12;
Eusebio da Vercelli, Trin. 1, 23
66 Gregorio Nazianzeno, Orat. 29, 6;
Eusebio da Vercelli, Trin. 10, 11
67 Gregorio Nazianzeno, Orat. 29, 6;
Agostino, C. serm. Arian. 1, 2; 2, 3
68 Sopra 15,17ss
69 Sopra 1,4-5,8,12;
Sopra 2,3-4;
Sopra 3,9;
Sopra 4,20-21;
Sopra 5,11,14-15;
Sopra 6,5
70 Cicerone, De invent. 2, 53, 160;
Agostino, De div. qq. 83 31, 1: NBA, VI/2; Ep. 169, 2, 6: NBA, XXII;
Sopra 10,11,17;
Sopra 14,6,8ss;
Sopra 15,7,11-13