Supplemento alla III parte |
Pare che l'uomo non possa dare soddisfazione a Dio.
1. La soddisfazione deve uguagliare l'offesa, come si è notato sopra [ q. 12, aa. 2,3 ].
Ma l'offesa contro Dio è infinita: poiché questa riceve la sua gravità da colui contro il quale viene commessa, e arreca evidentemente un'offesa più grave chi percuote il principe che non chi percuote una qualsiasi persona privata.
Non potendo quindi l'azione umana essere infinita, sembra che l'uomo non sia in grado di dare soddisfazione a Dio.
2. Lo schiavo, per il fatto che quanto possiede è del suo padrone, non è in grado di dare un compenso al padrone.
Ora, « noi siamo schiavi e servi di Dio » [ 1 Esd 5,11 ], avendo da lui tutto ciò che abbiamo.
Essendo quindi la soddisfazione un compenso per le offese passate, sembra che noi non possiamo dare soddisfazione a Dio.
3. Colui i cui beni cumulativamente presi non bastano a saldare un debito, non può soddisfare ad altri debiti.
Ora, tutto ciò che l'uomo è e può e possiede non basta a soddisfare per il debito della propria creazione: Isaia [ Is 40,16 ] infatti afferma in proposito che « il Libano non basterebbe per accendere il rogo ».
Quindi in nessun modo l'uomo può dare soddisfazione per il debito contratto con le colpe commesse.
4. L'uomo è tenuto a impiegare tutto il suo tempo a servizio di Dio.
Ma il tempo perduto non può essere ricuperato: da cui la gravità della perdita del tempo, come nota Seneca [ Epist. 1,1 ].
Quindi l'uomo non può mai dare un compenso a Dio.
Perciò si ha la stessa conclusione.
5. Il peccato mortale attuale è più grave di quello originale.
Ma per il peccato originale nessuno ha potuto dare soddisfazione all'infuori dell'Uomo-Dio.
Quindi lo stesso vale per il peccato attuale.
In contrario:
1. Scrive S. Girolamo [ Pelagio, Expl. Symb. ]: « Chi afferma che Dio ha comandato qualcosa di impossibile sia scomunicato ».
Ora, la soddisfazione è di precetto, secondo le parole evangeliche [ Lc 3,8 ]: « Fate degni frutti di penitenza ».
Quindi dare soddisfazione è una cosa possibile.
2. Dio è più misericordioso di qualsiasi uomo.
Ma è possibile dare soddisfazione all'uomo.
Quindi anche a Dio.
3. La debita soddisfazione si ha quando la pena è pari alla colpa: poiché, come dicevano i Pitagorici [ cf. Ethic. 5,5 ], « la giustizia non è che il contrappasso ».
Ora, uno può imporsi una pena pari al piacere provato nel peccato.
Quindi è possibile dare soddisfazione a Dio.
L'uomo diventa debitore di Dio in due modi: primo, per i benefici che ne riceve; secondo, per i peccati che commette.
E come l'azione di grazie, l'adorazione e gli altri atti di culto si riferiscono al debito per i benefici ricevuti, così la soddisfazione si riferisce al debito per i peccati commessi.
Ora, anche secondo il Filosofo [ Ethic. 8,14 ], « negli onori che si devono ai genitori e agli dèi » è impossibile una retribuzione secondo una misura d'uguaglianza, ma basta che uno renda quello che può: poiché l'amicizia non esige l'equivalente se non nei limiti del possibile.
E anche così si raggiunge in qualche modo l'uguaglianza, vale a dire « secondo proporzionalità » [ cf. ib. 5, cc. 6,7 ]: poiché ciò che è dovuto a Dio sta a Dio come ciò che è possibile restituirgli.
E così è salvata in qualche modo la formalità della giustizia.
E la stessa cosa vale per la soddisfazione.
L'uomo quindi non può dare soddisfazione a Dio nel senso di una compensazione di uguale grandezza; lo può invece nel senso di un'uguaglianza di proporzionalità, come si è detto.
E come ciò salva la formalità della giustizia, così salva anche la formalità della soddisfazione.
1. Come l'offesa trae una certa infinità dall'infinità della maestà divina, così la soddisfazione riceve una certa infinità dall'infinità della divina misericordia, in quanto quell'atto è informato dalla grazia, che rende accetto quanto l'uomo è in grado di restituire.
Alcuni però dicono che il peccato è infinito sotto l'aspetto dell'allontanamento [ da Dio ], secondo il quale viene perdonato senza compenso, mentre sotto l'aspetto della conversione [ alle creature ] è finito, per cui da questo lato è possibile darne soddisfazione.
- Ma ciò non ha senso.
Poiché la soddisfazione non corrisponde al peccato se non in quanto questo è offesa di Dio: e ciò è dovuto non all'aspetto della conversione [ alle creature ], ma solo all'aspetto dell'allontanamento [ da Dio ].
Altri allora affermano che si può soddisfare per il peccato anche sotto l'aspetto dell'allontanamento in virtù dei meriti di Cristo, che in qualche modo furono infiniti.
Ma ciò rientra in quanto abbiamo detto: poiché la grazia viene data ai credenti mediante la fede nel Mediatore.
Se tuttavia la grazia venisse data in un altro modo, la soddisfazione sarebbe pur sempre sufficiente nel modo predetto.
2. L'uomo, che « è stato fatto a immagine di Dio » [ Gen 9,6 ], gode di una certa libertà, in quanto è padrone dei suoi atti mediante il libero arbitrio.
Agendo quindi mediante il libero arbitrio egli è in grado di dare soddisfazione a Dio: poiché sebbene tale libero arbitrio appartenga a Dio in quanto concesso da Dio, tuttavia fu concesso perché l'uomo ne faccia uso liberamente.
Il che non è concesso allo schiavo.
3. L'argomento dimostra che non è possibile dare a Dio una soddisfazione adeguata, ma non che questa non possa divenire per lui sufficiente.
Sebbene infatti l'uomo debba a Dio tutto ciò che può, tuttavia non si esige da lui necessariamente che egli faccia tutto ciò che è in suo potere: poiché nello stato della vita presente è impossibile all'uomo concentrare in una sola cosa tutto il suo potere, dovendo egli attendere a molte cose.
C'è però una certa misura fatta per lui e che da lui è richiesta, vale a dire l'osservanza dei comandamenti di Dio: e a ciò egli è in grado di aggiungere qualche opera supererogatoria per dare soddisfazione.
4. Sebbene l'uomo non possa ricuperare il tempo perduto, tuttavia può supplire a ciò che doveva fare nel passato: proprio perché, come si è detto [ ad 3 ], egli non era tenuto per un dovere di precetto a dare tutto ciò che poteva.
5. Il peccato originale, pur essendo meno peccaminoso di quello attuale, è tuttavia un male più grave, poiché è la corruzione della stessa natura umana.
Per cui non poteva essere espiato dalla soddisfazione di un puro uomo, come il peccato attuale.
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