Supplemento alla III parte |
Pare che quando uno riacquista la carità prenda valore anche la soddisfazione da lui fatta in precedenza.
1. A commento di quel testo del Levitico [ Lv 25,25ss ]: « Se un tuo fratello impoverito », ecc., la Glossa [ interlin. ] afferma che « i frutti di una vita onesta vanno computati dal tempo in cui uno ha peccato ».
Ora, essi non verrebbero così computati se non ricevessero efficacia dalla carità successiva.
Quindi essi prendono valore dopo il ricupero della carità.
2. L'efficacia della soddisfazione è impedita dal peccato come l'efficacia del battesimo è impedita dalle cattive disposizioni.
Ma eliminate le cattive disposizioni il battesimo comincia ad aver valore.
Così dunque anche la soddisfazione appena scompare il peccato.
3. Se per i peccati commessi sono stati imposti a un penitente molti digiuni, ed egli li compie dopo essere ricaduto in peccato, quando si riconfessa non gli viene imposto di ripeterli.
Invece essi gli verrebbero imposti se egli in tal modo non avesse compiuto la soddisfazione.
Quindi le opere precedenti ricevono efficacia soddisfattoria dal pentimento successivo.
1. Le opere compiute senza la carità non erano soddisfattorie, essendo morte ( III, q. 89, a. 6 ).
Ma esse con la penitenza non reviviscono.
Quindi neppure possono cominciare a essere soddisfattorie.
2. La carità non informa se non quegli atti che da essa in qualche modo derivano.
Ora, le opere non possono essere accette a Dio, e quindi soddisfattorie, se non sono informate dalla carità.
Siccome dunque le opere compiute senza la carità in nessun modo derivano né possono in seguito derivare da essa, in nessun modo potranno essere computate fra le opere soddisfattorie.
Alcuni hanno insegnato che le opere compiute nella carità, e che vengono denominate vive, sarebbero meritorie della vita eterna e soddisfattorie rispetto alla pena che rimane da espiare, mentre mediante il ricupero successivo della carità le opere fatte senza la carità verrebbero a rivivere come soddisfattorie, ma non come meritorie della vita eterna.
Ma ciò è impossibile.
Infatti le opere compiute nella carità hanno l'uno e l'altro effetto per la medesima ragione, cioè per il fatto che sono gradite a Dio.
Perciò la carità che sopraggiunge, come non può renderle gradite per un aspetto, così non può renderle tali neppure per l'altro.
1. La frase non va intesa nel senso che i frutti vanno computati dal momento in cui uno cominciò a essere in peccato, ma dal tempo in cui cessò di peccare, ossia di essere in istato di peccato.
Oppure da quando dopo il peccato uno se ne pentì, compiendo molte opere buone prima ancora di confessarsi.
Oppure si deve rispondere che quanto più grande è la contrizione, tanto più diminuisce la pena; e più numerose sono le opere buone che uno compie mentre è in peccato, più si dispone alla grazia della contrizione: per cui è probabile che costui meriti una pena minore.
E ciò dovrebbe essere computato con discrezione dal sacerdote, in modo da imporgli una pena meno grave, dato che lo trova meglio disposto.
2. Il battesimo imprime nell'anima il carattere, non così invece la soddisfazione.
Sopraggiungendo quindi la carità che elimina le cattive disposizioni e il peccato, avviene che il battesimo raggiunge il suo effetto; ma la carità non può fare la stessa cosa per la soddisfazione.
- Inoltre il battesimo giustifica ex opere operato, cioè con un'efficacia che non dipende dall'uomo, ma da Dio.
Perciò il battesimo non può essere « mortificato » del tutto come la soddisfazione, che è opera dell'uomo.
3. Ci sono delle opere soddisfattorie che lasciano degli effetti in chi le compie anche dopo che sono state compiute: il digiuno, p. es., lascia una debilitazione corporale, l'elargizione di elemosine lascia una diminuzione di sostanze, e così via.
Ora, tali opere non è necessario che vengano ripetute: poiché esse con la penitenza sono rese accette a Dio nelle loro conseguenze che permangono.
Invece le opere soddisfattorie che non lasciano conseguenze in chi le compie devono essere ripetute: tale è il caso delle preghiere e di altre opere consimili.
Gli atti interni poi, dato che passano del tutto, in nessun modo possono avere una reviviscenza, ma devono essere ripetuti.
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