Supplemento alla III parte |
Pare che il sacerdote possa esercitare il potere delle chiavi su qualsiasi uomo.
1. Nel sacerdote il potere delle chiavi deriva dall'autorità conferita dal Signore con quelle parole [ Gv 20,22s ]: « Ricevete lo Spirito Santo: a chi rimetterete i peccati saranno rimessi ».
Ora, qui si parla genericamente di tutti.
Perciò chi ha il potere delle chiavi può farne uso su qualsiasi persona.
2. La chiave materiale che apre una serratura apre anche tutte le altre della medesima forma.
Ma tutti i peccati di qualsiasi uomo costituiscono un identico ostacolo rispetto all'entrata in cielo.
Se quindi un sacerdote col suo potere delle chiavi è in grado di assolvere un solo uomo, è in grado di assolvere qualsiasi altro.
3. Il sacerdozio del nuovo Testamento è più perfetto di quello antico.
Ma il sacerdote dell'antico Testamento poteva usare il suo potere di discernere « tra lebbra e lebbra » indifferentemente su tutti [ Dt 17,8ss ].
Perciò a maggior ragione può usare il suo potere su tutti il sacerdote cristiano.
1. Nei Canoni [ Decr. di Graz. 2,16,1, app. can. 19 ] si legge: « A nessun sacerdote è permesso assolvere od obbligare il parrocchiano di un altro ».
Quindi non è vero che qualsiasi sacerdote può assolvere chiunque.
2. Nel tribunale spirituale ci deve essere più ordine che in quello civile.
Ma nei tribunali civili un giudice qualsiasi non è in grado di giudicare chiunque.
Essendo quindi l'esercizio delle chiavi una specie di giudizio, il sacerdote col potere che gli spetta non può giudicare chiunque.
Le azioni che vanno esercitate su soggetti singoli non competono a tutti nello stesso modo.
Perciò, come dopo avere esaminato i precetti comuni della medicina bisogna interpellare il medico, il quale li applica nel modo dovuto ai singoli infermi, così in qualsiasi ordinamento gerarchico, oltre a colui che presenta i precetti universali della legge, ci devono essere anche gli incaricati che li applichino ai singoli individui.
Per questo nella gerarchia celeste sotto le potestà, che presiedono universalmente, ci sono i principati, che comandano le singole regioni, e sotto di essi ci sono gli angeli, deputati alla custodia dei singoli uomini, come è stato spiegato in precedenza [ cf. I, q. 108, a. 6 ].
E così deve essere anche nella gerarchia della Chiesa militante: a una persona spetta la giurisdizione indistintamente su tutti, e sotto di essa ci devono essere altri che hanno un potere distinto sui vari fedeli.
E poiché l'uso delle chiavi richiede un certo potere di giurisdizione, per cui chi vi è soggetto diventa la materia propria di tale atto, di conseguenza colui che ha un potere universale su tutti può esercitare su tutti il potere delle chiavi, mentre quanti sotto di lui hanno ricevuto dei gradi distinti di potere non possono usare il potere delle chiavi su chiunque, ma solo su quelli che sono loro toccati in sorte; salvo i casi di necessità, in cui i sacramenti non vanno negati a nessuno.
1. Per assolvere dal peccato si richiedono due poteri: di ordine e di giurisdizione.
Il primo è uguale in tutti i sacerdoti, non invece il secondo.
Perciò quel brano evangelico in cui il Signore conferisce in blocco a tutti gli Apostoli il potere di rimettere i peccati va riferito al potere che accompagna l'ordine sacro.
Infatti tali parole sono ripetute ai sacerdoti nella loro ordinazione.
Invece a S. Pietro [ Mt 16,19 ] il potere di rimettere i peccati fu dato singolarmente, per indicare che egli ha il potere di giurisdizione sopra tutti gli altri.
Ora, il potere di ordine si estende di per sé a tutti i penitenti: per cui il Signore disse indistintamente: « A chi rimetterete i peccati »; intendendo però che l'esercizio di tale potere doveva essere subordinato al potere conferito a Pietro secondo la sua disposizione.
2. Anche una chiave materiale non può aprire che la propria serratura; e una virtù attiva non può agire che sulla propria materia.
Ora, una persona diventa materia propria del potere di ordine mediante la giurisdizione.
Quindi uno non può esercitare il potere delle chiavi su chi è esente dalla sua giurisdizione.
3. Il popolo di Israele era un popolo solo, e aveva un unico tempio.
Perciò non si richiedevano distinzioni di giurisdizione come nella Chiesa, in cui si riuniscono invece nazioni e popoli diversi.
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