Supplemento alla III parte |
Pare che i corpi dei dannati risorgeranno con le loro deformità.
1. Quanto fu inflitto come castigo di un peccato non deve cessare se non dopo la remissione della colpa.
Ora, la mutilazione delle membra fu inflitta come castigo di qualche peccato; e così pure tutte le altre deformità corporali.
Perciò esse nella risurrezione non saranno riparate nei dannati, che non hanno conseguito la remissione delle colpe.
2. Come la risurrezione dei santi servirà alla loro ultima felicità, così la risurrezione dei peccatori servirà alla loro suprema miseria.
Ma ai santi che risorgono non viene tolto nulla di quanto può cooperare alla loro perfezione.
Quindi neppure ai peccatori che risorgono verrà tolto alcunché di quanto coopera alla loro miseria.
Ma tali sono appunto le deformità.
Quindi, ecc.
3. La deformità rientra fra i difetti dei corpi passibili come vi rientra la lentezza.
Ora, dai corpi risorti dei dannati non verrà eliminata la lentezza: poiché essi non saranno dotati di agilità.
Quindi per lo stesso motivo non verrà eliminata in essi la deformità.
1. « I morti risorgeranno incorrotti », dice S. Paolo [ 1 Cor 15,52 ]; e la Glossa spiega: « i morti, cioè i peccatori, o genericamente tutti i morti, risorgeranno incorrotti; ossia senza alcuna menomazione delle loro membra ».
Perciò i malvagi risorgeranno senza le loro deformità.
2. Nei dannati non ci sarà nulla che impedisca in essi la sensazione del dolore.
Ma la malattia attutisce il senso del dolore, poiché debilita gli organi della sensazione.
E così pure la privazione di un membro verrebbe a impedire la diffusione del dolore in tutto il corpo.
Quindi i dannati risorgeranno senza questi difetti.
Nel corpo umano ci possono essere due tipi di deformità.
Primo, quella dovuta alla mancanza di qualche membro, per cui nei mutilati parliamo di deturpazione: poiché viene a mancare in essi la debita proporzione fra le parti e il tutto.
E tale deformità senza dubbio non ci sarà nei corpi dei dannati: poiché tutti i corpi, sia dei buoni che dei cattivi, risorgeranno nella loro integrità.
Secondo, la deturpazione può dipendere da una cattiva disposizione delle parti, sia quanto alla grandezza, sia quanto alla qualità o alla dislocazione, che risulta incompatibile con la debita proporzione tra il tutto e le parti.
Ora, per tali deformità e altri simili difetti, quali la febbre e le malattie, che talora causano tali deformità, S. Agostino [ Enchir. 92 ] non risolve la questione, come riferisce il Maestro delle Sentenze [ 4,44,4 ].
Ma presso i maestri moderni ci sono in proposito due opinioni.
Alcuni infatti affermano che questi difetti e deformità nei corpi dei dannati rimarranno: considerando che la loro dannazione, per cui essi sono destinati alla suprema infelicità, esige che non sia risparmiata ad essi alcuna incomodità.
Ma tale spiegazione non sembra ragionevole.
Infatti nella restaurazione dei corpi che risorgono si deve badare più all'integrità della natura che alla condizione precedente: per cui anche i morti deceduti in tenera età risorgeranno con la statura dell'età giovanile.
E così anche quanti ebbero nel corpo dei difetti fisici, oppure delle deformità da essi provenienti, nella risurrezione verrebbero restaurati senza quelle menomazioni se la retribuzione del peccato non lo impedisse: cosicché se uno risorgerà con quelle menomazioni, ciò dovrà costituire una pena.
D'altra parte però « la misura della pena segue la misura della colpa » [ Dt 25,2 ].
Ora, può capitare che un peccatore che merita di essere condannato per dei peccati minori abbia delle deformità e dei difetti di cui è privo un peccatore che si è dannato per dei peccati più gravi.
Se quindi colui che in vita ebbe delle deformità dovesse risorgere con esse, mentre chi è più colpevole e non le ha avute in questa vita dovesse risorgere senza di esse, la misura della pena non corrisponderebbe alla gravità della colpa, ma uno verrebbe a essere punito per le pene sofferte in questa vita: il che è assurdo.
Perciò altri con più ragione affermano che colui che ha creato la natura, nella risurrezione restaurerà la natura del corpo nella sua integrità.
Cosicché nella risurrezione verranno eliminati tutti i difetti e le deturpazioni dovute alla corruzione o alla debolezza della natura o dei princìpi naturali, come la febbre, la cisposità e altre miserie consimili; invece i difetti che sono inerenti al corpo umano per natura, come la pesantezza, la passibilità e simili, nei corpi dei dannati resteranno, mentre la gloria della risurrezione li escluderà dai corpi degli eletti.
1. Essendo la pena inflitta da un tribunale determinato eseguita entro i limiti della sua giurisdizione, le pene inflitte per un certo peccato nella vita temporale sono di ordine temporale, e non si estendono oltre i limiti della vita presente.
Perciò anche se ai dannati il peccato suddetto non è stato rimesso, non è tuttavia necessario che essi subiscano all'inferno le stesse pene subite in questo mondo, ma la giustizia divina esige che là essi siano puniti eternamente con pene più gravi.
2. Non regge perfettamente il paragone tra i buoni e i cattivi: poiché una cosa può essere assolutamente buona, mentre non può essere assolutamente cattiva.
Perciò l'ultima felicità dei santi richiede che essi siano immuni da qualsiasi male, mentre l'ultima infelicità dei malvagi non esclude qualsiasi bene: poiché, come dice il Filosofo [ Ethic. 4,5 ], « se il male fosse totalmente male, distruggerebbe se stesso ».
Per cui all'infelicità dei dannati si deve dare come base il bene naturale in essi esistente: e questo è opera del Creatore perfetto, che restaurerà la natura stessa nella perfezione della sua specie.
3. La lentezza è uno di quei difetti che sono inerenti ai princìpi costitutivi del corpo umano; non così invece la deformità.
Perciò il paragone non regge.
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