Supplemento alla III parte

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Articolo 2 - Se le aureole differiscano dai frutti

Pare che le aureole non differiscano dai frutti.

Infatti:

1. All'identico merito non sono dovuti premi diversi.

Ora, all'identico merito corrispondono un'aureola e il frutto del centuplo, che è quello della verginità, come risulta dalla Glossa [ ord. su Mt 13,23 ].

Quindi l'aureola si identifica col frutto.

2. S. Agostino [ De virginit. 45 ] scrive che il frutto del centuplo è dovuto ai martiri, e così pure ai vergini [ a. 4 ].

Perciò il frutto è un premio comune ai vergini e ai martiri.

Ma a costoro è dovuta pure l'aureola [ aa. 5,6 ].

Quindi le aureole si identificano con i frutti.

3. Nella beatitudine non si riscontrano che due tipi di premio, cioè quello essenziale e quello accidentale, che gli si aggiunge.

Ma il premio che si aggiunge a quello essenziale si dice aureola, come appare evidente dal testo dell'Esodo [ Es 25,25 ] in cui si afferma che l'aureola si sovrappone alla corona aurea.

D'altra parte il frutto non è il premio essenziale, perché altrimenti sarebbe dovuto a tutti i beati.

Esso dunque si identifica con l'aureola.

In contrario:

1. Le cose che non rientrano nell'identica suddivisione non appartengono al medesimo genere.

Ora, i frutti e le aureole non rientrano nell'identica suddivisione, poiché l'aureola si divide in aureola dei vergini, dei martiri e dei dottori [ a. 11 ], mentre il frutto si divide in frutto dei coniugati, dei vedovi e dei vergini [ a. 4 ].

Perciò i frutti e le aureole non si identificano.

2. Se il frutto e l'aureola fossero la stessa cosa, a chi è dovuto un frutto sarebbe dovuta anche un'aureola.

Ora, ciò è chiaramente falso, poiché alla vedovanza è dovuto un frutto, ma non è dovuta alcuna aureola.

Quindi, ecc.

Dimostrazione:

I termini che vengono usati in senso metaforico possono avere accezioni varie secondo l'adattamento alle varie proprietà di quanto è predicato metaforicamente.

Ora, poiché in senso proprio il frutto indica un essere corporeo che nasce dalla terra, si può parlare dei frutti spirituali secondo le diverse condizioni che si riscontrano nei frutti corporali.

Infatti il frutto materiale possiede la dolcezza, con la quale ristora l'uomo che se ne serve; inoltre è il termine ultimo a cui giunge l'operazione della natura, e finalmente è il prodotto che si attende dalla coltivazione, sia mediante la semina che mediante altri lavori campestri.

Perciò in senso spirituale il frutto può essere preso per ciò che ristora quale ultimo fine.

E in questo senso si dice che noi abbiamo la fruizione di Dio, perfetta nella patria e imperfetta nella vita presente.

E secondo questo significato la fruizione coincide con la dote [ q. 95, a. 5 ].

Ma qui noi non parliamo del frutto in questo senso.

Talora invece per frutto in senso spirituale intendiamo quanto semplicemente ristora, sebbene non sia l'ultimo fine.

E in questo senso denominiamo frutti le virtù stesse, in quanto « ristorano l'anima con una sincera dolcezza », come dice S. Ambrogio [ P. Lomb. Sent. 1,1,3 ].

Ed è così che dei frutti parla S. Paolo nella lettera ai Galati [ Gal 5,22s ]: « Frutto dello spirito è carità, gioia », ecc.

Ma adesso noi non parliamo dei frutti neppure in questo senso.

Inoltre per frutto spirituale, a somiglianza con quello materiale, si può intendere il provento che si attende dalla coltivazione: per cui viene detto frutto il premio che l'uomo consegue con la fatica sofferta nella vita presente.

E in questo senso qualsiasi premio che avremo in futuro per le nostre fatiche può essere detto frutto.

Da cui le parole di S. Paolo ai Romani [ Rm 6,22 ]: « Voi raccogliete il frutto che vi porta alla santificazione, e come destino avete la vita eterna ».

Non è però neppure in questo senso che ora parliamo del frutto.

Parliamo invece adesso del frutto in quanto deriva dalla seminagione: così infatti ne parla il Signore nel Vangelo [ Mt 13,3ss ], là dove distingue il frutto del trenta, del sessanta e del cento per uno.

Ora, un frutto di questo genere ha la capacità di derivare dal seme per il fatto che la virtù della semente è efficace nel trasformare gli umori della terra nella propria natura: e quanto più questa virtù è efficace, e quanto più la terra è a ciò preparata, tanto maggiore è il frutto che ne deriva.

Ora, il seme spirituale seminato in noi è « la parola di Dio » [ Lc 8,11 ].

Perciò quanto più uno si trasforma nello spirito allontanandosi dalla carne, tanto maggiore è in lui il frutto della parola.

Quindi il frutto differisce sia dalla corona aurea che dall'aureola: infatti la corona consiste nel godimento che si ha di Dio, e l'aureola nel godimento che si ha delle opere di perfezione, mentre il frutto consiste nel godimento che si ha della disposizione stessa dell'operante secondo il grado di spiritualità raggiunto in seguito alla seminagione della parola di Dio.

Alcuni invece distinguono le aureole dai frutti dicendo che l'aureola è dovuta al combattente, secondo l'espressione di S. Paolo [ 2 Tm 2,5 ]: « Non riceve la corona se non chi ha lottato secondo le regole », mentre il frutto è dovuto al lavoratore, secondo l'espressione della Sapienza [ Sap 3,15 ]: « Il frutto del buon lavoro è glorioso ».

- Altri poi ritengono che la corona aurea riguardi la conversione a Dio, mentre l'aureola e il frutto riguarderebbero i mezzi ordinati al fine; in modo però che il frutto riguarderebbe principalmente la volontà, e l'aureola il corpo.

Ma poiché la fatica e il combattimento hanno lo stesso oggetto e sotto lo stesso aspetto, e d'altra parte il premio del corpo dipende dal premio dell'anima, stando alle predette opinioni tra il frutto, la corona e l'aureola non ci sarebbe altro che una differenza di ragione.

Ora, ciò non può essere, poiché certi frutti vengono attribuiti ad alcuni a cui non viene attribuita un'aureola.

Analisi delle obiezioni:

1. Nulla impedisce che all'identico merito, secondo i vari aspetti che esso implica, corrispondano premi diversi.

Alla verginità infatti corrisponde la corona aurea in quanto viene custodita per amore di Dio, l'aureola in quanto è un'opera di perfezione che riveste l'aspetto di un'eccellente vittoria, il frutto in quanto con la verginità l'uomo acquista una certa spiritualità, allontanandosi dalla carnalità.

2. Il frutto, nel senso rigoroso secondo il quale ora ne parliamo, non indica il premio comune al martirio e alla verginità, ma quello dovuto ai tre gradi della continenza.

Invece quella Glossa che attribuisce il frutto del centuplo ai martiri prende il termine frutto in senso lato per qualsiasi rinumerazione; e in questo senso il centuplo sta a indicare la retribuzione dovuta a ognuna delle opere di perfezione.

3. Sebbene l'aureola sia un premio accidentale aggiunto a quello essenziale, tuttavia non ogni premio accidentale è un'aureola, ma lo è solo quel premio dovuto a delle opere di perfezione con cui uno si rende conforme a Cristo mediante una perfetta vittoria.

Non c'è quindi obiezioni ad ammettere che al trionfo sulla vita carnale sia dovuto qualche altro premio accidentale, che è appunto denominato frutto.

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