Appendici al supplemento della III parte |
Pare che da tale pena uno non possa essere liberato più presto di un altro.
1. Quanto più grave è la colpa e maggiore il reato della pena, tanto più acerba è la pena da soffrire in purgatorio.
Ora, le pene più acerbe stanno alle colpe più gravi come le pene più miti stanno alle colpe più leggere.
Perciò uno è liberato dalle pene del purgatorio così presto come qualsiasi altro.
2. A meriti disuguali vengono applicate retribuzioni uguali quanto alla durata sia nel cielo che nell'inferno.
Quindi sembra che così debba avvenire anche nel purgatorio.
L'Apostolo [ 1 Cor 3,12 ] paragona le differenze dei peccati veniali a quelle tra « il legno, il fieno e la paglia ».
Ora, è evidente che il legno rimane nel fuoco più a lungo del fieno e della paglia.
Quindi in purgatorio un peccato veniale è punito più a lungo di un altro.
Certi peccati veniali aderiscono all'anima più che altri, a seconda che l'affetto vi è inclinato maggiormente e vi si immerge con più forza.
E poiché le macchie che più aderiscono vengono purificate con maggiore obiezioni, così alcuni nel purgatorio sono puniti più a lungo che altri, secondo che il loro affetto fu più immerso nei peccati veniali.
1. L'acerbità della pena corrisponde propriamente alla gravità della colpa, ma la sua durata corrisponde alla radicazione della colpa nel soggetto.
Perciò può capitare che rimanga più a lungo in purgatorio un'anima che soffre di meno, o viceversa.
2. Il peccato mortale, a cui è dovuta la pena dell'inferno, e la carità, a cui è dovuto il premio del paradiso, dopo questa vita vengono a radicarsi nel soggetto in maniera inamovibile.
Così dunque in entrambi i luoghi la durata è uguale per tutti.
Diverso è invece il caso del peccato veniale, che è punito nel purgatorio, come risulta chiaro da quanto si è detto [ a. 6 ].
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