Peter Chan

Parla Giovanni

Parla a Giovanni: « Tu sai che ho sofferto molto, molto con Papa, Mamma e le sorelle.

Voi in Italia vi trovate bene, ma dovete pensare alla nostra famiglia a casa; non dovete fare spese superflue; dovete vivere nella povertà ed essere sempre molto uniti, aiutandovi molto. Non dimenticateli! »

Poi, dopo una breve pausa domanda: « Ci sono lettere per me dai miei amici?

Perché non mi hanno ancora risposto ? Desidero tanto ricevere le loro lettere e sapere come stanno…

Voglio andare a casa a vedere Papa, Mamma… io sono forte, io cammino… voglio andare a casa. Mamma, Papa, io muoio! »

La corrispondenza ha avuto sempre larga parte nella sua vita: sente molto e con costanza l'amicizia e ha presente il ricordo delle persone che ha conosciuto.

Dimostra tutta la delicatezza di affetto che esiste nel suo spirito con un assiduo scambio di lettere di cui tiene conto nel diario giornaliero che ci ha lasciato.

Si calma un poco e si guarda attorno: sul tavolo c'è un libro e chiede: « Che libro è quello? »

Giovanni gli risponde: « È un libro di medicina. Vuoi leggere qualche cosa? »

« Sì, però, non quel libro di medicina. Dammi il Vangelo: voglio leggere il Vangelo! »

« Riposati ora, sei stanco e ammalato. Lo leggerai quando starai meglio ».

Sentendosi dire che non può leggere, si calma un poco, poi quasi a conclusione di un pensiero che si fa sempre più strada nella sua mente, dice: « Non ho paura di morire, perché ho tanta fede in Dio. Lui mi ama. Ma dimmi quale è la mia vera malattia ».

Giovanni cerca di confortarlo: gli parla di intossicazione del sangue e gli dice che deve avere pazienza ancora un po' di giorni.

Piero non è convinto e continua: « Devi essere sincero con me, non mi devi contare bugie.

Se tu racconti bugie non sei bravo. Anch'io sono contento se tu mi dici la verità…

Tu mi dici che guarirò, ma io soffro molto, molto. Soffro, non ce la faccio più… devo morire! »

Si ferma un momento poi riprende: « Non c'è più speranza! Perché mi capita questo?

Perché? Non lo capisco perché. Sono un uomo coraggioso, non ho paura di morire… ma non potrò più vedere Mamma, Papa… »

È il « perché » angosciante e terribile che facilmente ci richiama alla mente la invocazione di Gesù sulla Croce: « Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? »

È passata da poco la mezzanotte; Giovanni chiama un infermiere perché lo aiuti a sollevare Pietro a sedere un poco sul letto.

La testa gli pende sul petto mentre un filo di sangue gli esce dalla bocca.

Poi solleva lo sguardo al Crocifisso sulla parete di fronte e guardando fissamente, con il sorriso ritornato sul suo viso, dice a Giovanni: « Vedi Giovanni? Là c'è la Madonna che mi chiama, è venuta a chiamarmi per andare con Lei.

La vedi Giovanni? »

Giovanni pensa al delirio della febbre e, per calmarlo, lo rassicura: « Sì, sì, la vedo anch'io! »

Ma Piero resta perplesso per qualche istante, con lo sguardo sempre fisso alla parete, poi guarda Giovanni e gli dice in tono di dolce rimprovero: « No, tu hai detto bugia. Tu non puoi vedere la Madonna, perché viene a chiamare me e non tè e tu non puoi vederla. Solo io posso vederla ».

Lo fissa più intensamente e continua: « Giovanni, tu devi sempre essere sincero, non devi mai dire bugia anche in futuro.

Tu devi giurare di dire sempre verità ».

E Giovanni lo tranquillizza: « Sì, Piero, lo farò. Perdonami ».

E Piero: « Sono contento della tua promessa! » e si lascia ricadere sui cuscini.

Così trascorre la notte: notte di dolore ma anche di preparazione al sacrificio che Dio gli chiederà nel giorno che si annuncia, pieno di sole.

Piero ha ormai accettato in piena coscienza e in completa serenità quanto sente che dovrà accadere, e presto.

Giungo da Piero, con il fratello Giuseppe, alle 8,30 del mattino.

Come ci vede entrare pare illuminarsi; gli rivedo il solito sorriso con il quale era solito accogliermi e mi fa la consueta domanda: « Come sta lei, Fratello? »

È pallido, molto pallido: le labbra sono prive di sangue che invece si vede sui denti e nella bocca: i suoi grandi occhioni neri, così dolci, spiccano ancora di più in quel volto disfatto.

Gli rispondo: « Io sto bene. Ma tu piuttosto… »

« Mi sento un po' meglio, grazie… » e continua a fissarmi.

Giuseppe gli si avvicina e cerca di confortarlo, ma Piero risponde : « Sto andando via da questo mondo, ma non so che malattia ho. Non so perché mi capita questo ».

Giuseppe gli dice: « Abbi pazienza, Piero: è malattia del sangue.

Noi uomini cerchiamo di aiutarti.

Se Dio ti vuole con sé, tu devi accettare di andare con Lui, ma se vuole che tu lo serva ancora, ti lascerà su questa terra.

Accetta questa volontà di Dio ».

Piero guarda Giuseppe, poi Giovanni, poi me e con decisione afferma: « Sì, sì, la accetto! »

Al terribile, angosciante « Perché » è subentrata la serenità della disponibilità: « Padre, non la mia, ma la tua volontà sia fatta ».

Alle 10,30, chiamato dai suoi fratelli, dopo che Piero ha manifestato il desiderio di ricevere i Sacramenti, giunge il Cappellano dell'Ospedale.

Resta qualche minuto solo con Piero, poi, presenti i suoi fratelli e Fr. Gustavo, gli amministra l'Unzione degli infermi.

Vorrebbe anche ricevere il Signore ma le continue emorragie lo sconsigliano.

Piero segue in piena coscienza le preghiere e pare essersi calmato un poco.

Fissa ora il Cappellano, ora i presenti ed è tutto compreso della grazia che Dio gli fa.

Il Cappellano lo saluta, gli promette di tornare ed uscendo, commosso, dice: « Non avrei mai pensato che ci fossero dei giovani così, oggi! »

La situazione si aggrava sempre più.

Il sangue che gli viene infuso esce sempre più abbondante dalla bocca.

Giungono medici e infermieri: ma per loro non c'è più nulla da fare: la scienza medica è impotente di fronte al terribile male.

Piero accoglie tutti ancora con un sorriso e, con un filo di voce, chiede ogni volta perdono del disturbo che arreca a tanta gente.

Al Professore che gli ascolta il cuore, dice: « Non riesco a respirare ».

Il medico lo incoraggia: « Ci vuoi pazienza: fra qualche giorno starai meglio ».

Ma Piero, salutando tutti con la mano, risponde: « Sì, sì! Grazie, grazie a tutti ».

Non è ancora giunto il fratello Paolo da Saluzzo.

Le condizioni ormai sono gravissime.

L'amico Nazzareno Ancora, che è presente, telefona a Saluzzo, al Direttore e agli amici di Villa San Giuseppe.

È circa mezzogiorno.

Giuseppe si avvicina a Piero e gli dice: « Piero, dobbiamo pregare molto e unirci alla Croce di Gesù ».

Piero lo guarda, e sul volto spunta ancora una volta il suo radioso sorriso.

Attorno a lui ampie macchie di sangue lo incorniciano: il richiamo al Crocifisso sale spontaneo nel nostro spirito.

Poi si volge a Fr. Gustavo e, con voce dolce ma ferma, dice: « Sì, sì è molto importante portare la Croce con Gesù.

Soffro molto e adesso ho la croce nel mio corpo » - e con la mano destra si traccia il segno della Croce sulle ferite delle due dolorose punture sternali che gli hanno fatto sul petto.

- « Ho la Croce anche nel cuore, ma non ho la Croce fuori » - e cerca attorno al collo la catenina che era solito portare.

Fr. Gustavo gli porge allora il suo Crocifisso.

Sorride, lo prende con tutte e due le mani e, con ardente passione, lo porta alle labbra, baciandolo con intensità, ripetutamente.

Quando lo stacca dalle labbra il Crocifisso è tutto rosso di sangue.

Poi, con sforzo, si fa passare attorno al collo la catenina e si stringe sulla ferita del petto il Crocifisso.

È l'ultimo atto cosciente che compie; resta ora calmo, stringendo sul petto il suo Crocifisso.

Ad un tratto chiama ancora: « Mamma, Papa » poi nomina le sorelle e Paolo che non è ancora arrivato.

Nomina anche qualche amico, poi, a noi che gli siamo intorno, fa con la mano un segno di saluto e dice: « Ciau, ciau! »

Arrivano il Fr. Michele, Direttore della Villa San Giuseppe e due amici.

Piero li guarda fissamente, ma non può più parlare.

Un filo di sangue gli esce dalla bocca, il cuore entra in fibrillazione e il polso si fa sempre più debole e incerto.

Piero entra in coma.

Il respiro rallenta il suo ritmo a ondate sempre più distanziate.

Poi, l'ultimo breve respiro, il corpo si rilascia e il volto si distende nella calma della morte: sono le 12,45.

Attorno, volti rigati di lacrime; ma c'è anche tanta serena accettazione di una morte segnata così palesemente dalla presenza di Gesù che è venuto a prendere Piero.

Dopo alcuni minuti arriva Paolo: non può trattenere uno scoppio di pianto: non ha più potuto parlargli, ma ha nel cuore il ricordo vivo delle notti in cui l'ha vegliato e assistito.

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