La via crucis alla luce dei Vangeli e della Sindone |
Ci lasceremo guidare dal racconto evangelico della Passione e dalle rivelazioni mediche sulla Sindone lungo quel cammino della Croce che Gesù percorse dall'Ultima Cena fino alla Risurrezione.
Di questo cammino, che divideremo idealmente in 14 tappe, l'inizio fu l'Ultima Cena.
Le parole di Cristo in questa occasione parlano infatti dell'imminente Passione e ne esprimono una offerta cosciente e volontaria!
"Questo è il mio Corpo dato per voi, questo è il mio Sangue versato per voi." ( Lc 22,19-20 )
Queste parole devono essere tenute presenti nell'esame della Sindone.
Le sofferenze indicibili che noi vi leggeremo non sono riportabili soltanto ad un tragico destino o alla crudeltà efferata degli uomini: costituiscono un sacrificio volontario d'amore.
"Non c'è amore più grande, afferma Gesù, di colui che dà la vita per i suoi nemici. " ( Gv 15,13 )
La seconda tappa fu l'agonia di Gesù nell'orto degli Ulivi.
Il Vangelo di Luca così la descrive: " In preda all'angoscia pregava più intensamente ed il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadevano per terra. " ( Lc 22,44 )
Il fenomeno viene spiegato dalla scienza medica come una rottura causata, da violentissima emozione dei capillari sottocutanei, che ne emisero sangue mescolato al sudore.
Fu il primo sangue sparso nella Passione, ed iniziò la trasformazione del volto bellissimo di Cristo in quella maschera di sudore sanguineo che resterà impressa nel lino della Sindone.
Quel volto divino divenne poco dopo oggetto delle più brutali violenze.
La terza tappa iniziò così con la prima percossa, davanti al tribunale di Anna.
"Una delle guardie," racconta il Vangelo, "diede uno schiaffo a Gesù dicendo: ' Così rispondi al sommo Sacerdote? '
Gli rispose Gesù: ' Se ho parlato male dimostrami dove è il male, ma se ho parlato bene, perché mi percuoti? " ( Gv 18,22-23 )
La medicina ci fa scoprire sul Volto Sindonico le tracce di queste brutalità.
Tutta la zona orbitale destra è fortemente contusa e l'occhio è sfigurato.
Altre contusioni si riscontrano nell'arco sopraccigliare sinistro, nello zigomo sinistro e nel centro della fronte.
Una deformazione rivela pure la rottura del setto nasale.
Ancora più impressionante è la documentazione della Sindone sulla quarta tappa di questo cammino verso la Croce; la flagellazione.
Per la legge mosaica i colpi non dovevano superare i quaranta, ma Gesù era stato consegnato nelle mani di carnefici pagani.
La Sindone testimonia circa 120 colpi di flagello, che hanno lacerato profondamente le spalle, i glutei, i polpacci, le braccia, le tibie e tutta la superficie anteriore e dorsale dell'Uomo della Sindone.
Osserviamo nel positivo fotografico della Sindone il particolare del dorso più intensamente colpito dal flagelli ed un colpo di flagello leggermente ingrandito.
C'è una perfetta corrispondenza di queste tracce con tutto ciò che l'archeologia moderna riferisce sulla flagellazione romana ed in particolare con la ricostruzione dello strumento usato per questa tortura; il flagello taxillato.
Questo strumento era composto da strisce di cuoio appesantite ciascuna da una coppia di pallottoline acuminate di piombo.
Il corpo del suppliziato, fortemente contuso dalle sferzate e scarnificato dalle sfere di piombo, assumeva un aspetto ripugnante.
Per questo la flagellazione era, stata definita da uno storico romano "un orribile supplizio".
La quinta tappa del cammino della Croce fu l'incoronazione di spine.
Il Vangelo afferma, che i soldati, intrecciata una corona di spine, gliela, posero sul capo. ( Gv 19,2 )
Sul capo; cioè non un piccolo cerchio di spine attorno al capo, come nelle rappresentazioni degli artisti occidentali, ma un casco di rovi calcato sopra tutta la calotta cranica, conformemente alle vere corone regali dell'oriente, portate sopra il capo a modo di mitra.
La Sindone documenta fedelmente questo particolare.
Le diffuse colate di sangue sono più numerose sulla nuca e sul retro del capo che non sulla fronte.
Causata da una spina è pure una colata di sangue a tre rovesciato sulla fronte corrugata dal dolore.
Ma la maggiore intensità, dell'emorragia si riscontra sulla nuca, dove la corona fu calcata dalle battiture.
Dice infatti Matteo: " E gli percuotevano il capo con una canna. " ( Mt 27,29 )
L'abbondanza di sangue che sgorga da tutte queste ferite ne denota la profondità ed il carattere estremamente doloroso.
Sesta tappa della Passione di Gesù fu il trasporto della croce.
Afferma S. Giovanni: " Ed Egli, portando la croce, si avviò verso il luogo del Cranio, detto in ebraico ' Golgota '. " ( Gv 19,17 )
La Sindone documenta lo strazio di questo cammino: anzitutto il peso della croce.
Nel positivo fotografico si può scoprire la zona del dorso contusa dal patibolo.
La direzione della trave, legata alle spalle dell'Uomo della Sindone, è indicata da due contusioni particolarmente accentuate: in alto a sinistra, nella zona soprascapolare destra e più in basso a destra, nella zona scapolare sinistra.
Queste contusioni corrispondono alle modalità della crocifissione romana, come è stata ricostruita dalla critica moderna.
Mentre le rappresentazioni tradizionali degli artisti mostrano che Gesù trascina una croce intera, composta sia del trave verticale che del trave orizzontale, in realtà egli portò dietro le spalle il solo trave orizzontale, detto patibolo.
Il palo verticale era già fissato a terra sul luogo dell'esecuzione, sopra di esso fu poi fissato il corpo del Signore già inchiodato ai polsi.
Il patibolo, robusta trave del peso di trenta o quaranta chili, veniva legato dietro le spalle e dietro le braccia tese dei condannati a morte.
Questo crudele sistema di trasporto rendeva il peso della croce estremamente duro e tormentoso.
Gesù, estenuato dalla flagellazione e da altri maltrattamenti, dovette raccogliere tutte le energie, in uno sforzo estremo per reggere il peso di questa trave, che ad ogni movimento lo martoriava profondamente nelle spalle e nel dorso.
Settima tappa di questo cammino doloroso furono le cadute.
Il Vangelo non ne parla direttamente, ma le conferma indirettamente riferendo l'episodio dell'uomo di Cirene.
Non fu certamente per pietà che i soldati romani decisero di precettare un libero cittadino, obbligandolo a portare la croce di Gesù.
Furono indotti a questo gesto da cadute così gravi da mettere in pericolo la vita stessa del condannato a morte.
La Sindone conferma la tradizione delle cadute mostrandoci i segni di una grave contusione nel ginocchio sinistro.
Ma non è questa l'unica traccia delle cadute di Gesù riportate dalla Sindone.
Alcune contusioni sul Volto Sindonico appaiono così gravi da potersi difficilmente attribuire ai soli maltrattamenti dei soldati.
Alle cadute sono probabilmente dovute l'enfiagione al centro della fronte e la grave contusione che interessa rutta la zona sopraccigliare e zigomatica destra.
Questi traumi cranici furono provocati dal peso del patibolo, che nelle cadute costringeva il capo di Cristo ad un violento impatto con il terreno senza che Egli, immobilizzato nelle braccia, potesse ripararsi.
La nona tappa è costituita dallo spogliamente di Gesù e dalla crocifissione.
Osserviamo nel negativo fotografico della Sindone gli avambracci e le mani.
I numerosi rivoli di sangue rivelano che le piaghe della flagellazione rimaste aderenti alla veste, furono riaperte per un brusco strappo di questa avvenuto nel luogo dell'esecuzione.
Deriverebbe invece dalla ferita del chiodo l'abbondante colata di sangue che scorre lungo il braccio destro.
Il foro del chiodo nella mano sinistra è chiaramente situato all'altezza del polso.
L'impronta della mano mostra soltanto quattro dita, escluso il pollice.
Una autentica rivelazione della Sindone è stata la crocifissione non nel palmo delle mani, secondo la tradizione quasi universale degli artisti, sia bizantini che moderni, ma nel carpo.
È stato dimostrato sperimentalmente che soltanto così si poteva rendere staticamente sicura una crocifissione.
In questo spazio il chiodo viene ad incontrare il nervo mediano che presiede al movimento del pollice.
La sua lussazione fa ripiegare sotto il palmo della mano il pollice, che infatti nella Sindone non appare, ed insieme procura un dolore lancinante, da mandare in delirio; i grossi tronchi nervosi feriti rimangono a contatto con il chiodo sul quale tutto il corpo fa poi sentire la sua trazione facendoli vibrare ad ogni scossa.
Anche il terzo chiodo, su cui viene a gravare tutto il peso del corpo, tormenterà atrocemente i piedi sovrapposti durante i movimenti di accasciamento e sollevamento dell'agonizzante sulla croce.
Decima tappa fu l'agonia spasmodica di Gesù sulla croce.
L'occasione degli scherni crudeli dei nemici di Cristo fu offerta dagli stessi movimenti dell'agonizzante.
Dopo brevi istanti in cui si accasciava sfinito gravando sui chiodi delle mani, doveva poi sollevarsi per non soffocare, facendo leva sul chiodo che gli trafiggeva i piedi.
Questi stati successivi di accasciamento e di sollevamento sono documentati dalla Sindone.
Osserviamo nel positivo fotografico la colata di sangue nel polso sinistro.
Le due direzioni delle colate di sangue che partono dalle trafitture dei polsi stanno ad indicare l'alternarsi delle posizioni di Gesù in croce.
Quando il corpo, nello sfinimento della debolezza, si abbandonava accasciato, il sangue colava lungo una direzione più orizzontale rispetto all'avambraccio.
Quando invece Gesù si sollevava, portando le braccia parallele al patibolo, allora il sangue colava a terra perpendicolarmente.
Il Vangelo ci riferisce pure l'incontro di Gesù con sua Madre.
"Gesù, vedendo la Madre e lì, accanto a lei, il discepolo che Egli amava, disse alla Madre: 'Donna, ecco tuo figlio', poi disse al discepolo; 'Ecco tua Madre '. " ( Gv 19,26-27 )
Il negativo fotografico della Sindone permette a noi cristiani del ventesimo secolo di contemplare con una terribile evidenza lo spettacolo che straziò il cuore di Maria come una spada.
Anche la morte, dodicesima tappa di questa Via Crucis, è ben documentata dalla Sindone in tutti i particolari riferiti dal Vangelo.
Leggiamo appunto in Giovanni: "Uno dei soldati gli colpì il fianco e subito ne uscì sangue e acqua." ( Gv 19,34 )
Osserviamo nel positivo fotografico della Sindone la ferita e la colatura di sangue del Costato.
A sinistra delle bruciature e del rattoppo che nascondono la zona della ferita, appare una grande macchia di sangue di colore più intenso, aureolato di siero, con le caratteristiche del sangue postmortale.
Di una stupenda evidenza documentaria è poi la macchia di sangue all'altezza delle reni.
Anche questo sangue proviene dalla ferita del Costato e si coagulò in questa posizione durante il trasporto del corpo di Gesù al sepolcro.
Fu comunque una sepoltura affrettata ed incompleta, senza lavature di rito, data l'imminenza del sabato.
Questa fretta fu provvidenziale per noi, infatti consegnò al candido lenzuolo il Corpo di Gesù con tutti i segni della cruenta Passione.
Gli amici di Gesù e le donne pensavano di completare la sepoltura passato il sabato ed acquistarono anche gli aromi per ungere il corpo di Gesù.
Ma tutto questo non avvenne, Gesù aveva fissato per quel mattino un ben diverso appuntamento ai suoi amici: non più con la tristezza della sua morte, ma con la splendida gioia della sua Risurrezione.
Questa Risurrezione, ultima tappa del nostro cammino, è pure documentata in qualche modo dalla Sindone.
Una delle ipotesi scientifiche sull'origine delle impronte sindoniche le riterrebbe quasi fotografate su quel lenzuolo da una radiazione di calore emanata dal Corpo del Risorto.
Anche per chi non ricorre a questa suggestiva ipotesi, una attenta contemplazione della Sindone porta a scoprire nel volto di Cristo non soltanto una fotografia di morte, ma una trasparenza di vita.
Colui che riposa serenamente in braccio alla morte è il Signore della vita alla vigilia del suo trionfo.
Concludiamo con una osservazione del cardinale Michele Pellegrino: "La Sindone, egli afferma, sembra cancellare con il suo muto linguaggio quasi venti secoli di storia che ci separano dal più grande evento storico per riportarci accanto a quell'Uomo, e con Lui ai fratelli sofferenti, non come osservatori svagati e curiosi, ma per indurci a denunciare, ad aiutare, a condividere, perché di Lui ha detto il Profeta; 'figli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori '. "