Ritiro del 14/4/1996
1 - Signore, insegnaci a pregare
2 - Rimetti a noi i nostri debiti
3 - Coscienza della propria situazione di peccato
4 - La grandezza della misericordia di Dio
5 - A chi rimetterete i peccati saranno rimessi …
Anche noi come i discepoli, vogliamo imparare a pregare mettendoci alla scuola di Gesù, Maestro di preghiera: Signore, insegnaci a pregare; e vorrei che rivolgessimo a lui anche questa domanda: Signore, insegnaci ad amare, perché dove c'è l'amore c'è comunione di vita, comunione con il Signore e comunione tra di noi.
Pregare significa amare, l'abbiamo detto più volte; pregare significa guardare colui che ci ama, colui che ci dona tutto il suo amore.
L'abbiamo meditato in questa Settimana di Passione, in particolar modo il Venerdì santo.
Gesù in croce dirà: ""Tutto è compiuto, o Padre! Tutto è consumato, tutto il tuo amore, o Padre, è stato donato!" e donato lo Spirito morì".
Allora lo Spirito Santo illumini e guidi il nostro cammino di riflessione su questa stupenda preghiera del Padre nostro; è una preghiera evangelica, è la sintesi di tutto il Vangelo e Maria, Madre della divina misericordia, renda anche oggi attento il nostro cuore a tutto ciò che il Signore vorrà dirci.
"Rimetti a noi i nostri debiti" ( Mt 6,12 ).
Le prime tre domande del Padre nostro sono allineate senza alcuna congiunzione, perché si tratta di domande che, nella sostanza, hanno il medesimo oggetto.
Le altre tre domande, invece, rimetti a noi i nostri debiti, non ci indurre in tentazione sono unite dalla congiunzione.
Si tratta dunque di domande distinte: la domanda del pane quotidiano, la domanda del perdono su cui rifletteremo oggi, e la domanda dell'aiuto nella tentazione sono ugualmente importanti per la nostra vita di fede.
Anche nella domanda del perdono il verbo è all'imperativo: rimetti a noi.
Non si dice al Padre: "Continua a perdonarci", gli si chiede un perdono ora, in questo momento, per dei peccati ben precisi.
Abbiamo iniziato a pregare il Padre nostro con confidenza di figli in Cristo Gesù nello Spirito Santo; abbiamo chiesto al Padre che il suo nome sia santificato, non perché noi possiamo aggiungere qualcosa a ciò che Dio è, ma perché Dio possa santificare noi, possa ricostruire in noi quell'immagine meravigliosa che porta il sigillo del suo amore: "Creiamo l'uomo ad immagine e somiglianza nostra", dirà all'inizio della creazione.
Gli abbiamo chiesto di essere sempre più santificati, di lasciare sempre più spazio nella nostra vita e nel nostro cuore all'azione dello Spirito Santo.
Oggi nel Vangelo Gesù dirà: "Ricevete lo Spirito Santo"; prima di inviarli, farà loro questo grande dono, altrimenti non possono evangelizzare.
Erano chiusi nelle loro paure, non si erano ancora aperti, non avevano capito ancora chi fosse il Risorto: il Figlio di Dio, l'Emmanuele, il Dio con noi.
Gli abbiamo chiesto di essere sempre più santificato nella nostra vita, nel nostro cuore, per mezzo della sua grazia, della sua misericordia, del suo infinito perdono e della sua compassione, e anche noi, quando siamo chiamati ad avere compassione per gli altri, significa che dobbiamo donare loro tutta la compassione che riceviamo gratuitamente da Dio per immergerci nei problemi e nella sofferenza dell'altro.
Ma anche se rivestiti della veste battesimale, noi non cessiamo di allontanarci da Dio, dal suo amore infinito per noi; ci lasciamo affascinare dal male, dal peccato: "il diavolo si aggira cercando chi divorare; state saldi nella fede", ci dice san Pietro.
La tentazione ci segue per rafforzare la nostra vita di fede ed è provvidenziale.
Perché ci si potrebbe anche chiedere come mai succede questo.
Quando Gesù rivolge a Pietro i tre interrogativi: Mi ami tu? è per rafforzare tutto quell'amore che egli ha riversato nel suo cuore.
Con questa domanda torniamo a lui come il figliol prodigo ( Lc 15,1-32 ); anche noi siamo dei prodighi e ci riconosciamo peccatori - chi non si riconosce peccatore inganna se stesso -, davanti a lui come il pubblicano ( Lc 18,13 ).
E allora la domanda: rimetti a noi i nostri debiti, suppone che si abbia coscienza della propria situazione di peccato.
Il problema non è quello di riconoscere semplicemente i propri limiti o i propri sbagli, ma di avere chiara percezione delle proprie colpe morali, dei propri peccati liberamente commessi.
Azioni che non offendono soltanto gli altri, ma Dio e se stessi, perché c'è anche il peccato contro se stessi.
Io sono un dono di Dio a me stesso e quante persone invece disprezzano se stesse, non si accettano come dono di Dio e si lamentano, diventano dei brontoloni.
Come il popolo di Dio: quando lo libera dalla schiavitù d'Egitto, si lamentano lungo tutto il cammino: là avevano le cipolle, la carne e qui invece devono fare penitenza.
Pensate, ad esempio, ad Adamo ( Gen 3,8 ) che prende coscienza della sua disobbedienza quando sente i passi e la voce di Dio nell'Eden; e noi ne prendiamo coscienza quando ci mettiamo di fronte a Dio, a Gesù misericordioso: non possiamo rimanere di fronte a lui con il peccato nel cuore.
D'altronde, la messa inizia proprio con la liturgia penitenziale e Gesù dice: "Se hai qualcosa contro qualcuno, va' e riconciliati", cioè deponi il tuo peccato, poi vieni e celebra il sacramento dell'amore, della misericordia, della morte e della risurrezione di Cristo, il sacramento della comunione con Cristo e tra di noi.
Davide avverte l'orrore dell'ingiustizia commessa quando è raggiunto dalla parola del profeta Natan ( 2 Sam 12 ): l'ingiustizia è stata perpetrata contro un uomo, ma Davide esclama: "Solamente contro di te ho peccato, Signore" ( Sal 51,1-2 ).
Quando pecco contro il fratello, pecco anche contro di te, perché "chi avrà dato anche un bicchier d'acqua nel mio nome a uno di questi piccoli, l'ha dato a me".
Isaia si accorge della propria impurità quando ha la visione della maestà del Signore ( Is 6,5 ).
E Pietro si proclama peccatore quando intravvede la grandezza di Gesù ( Lc 5,8 ); e così pure Zaccheo ( Lc 19,8 ): "Zaccheo, scendi, che devo venire a casa tua"; e subito partono le critiche: Va a casa di un peccatore!
"Signore, tutto quello che ho defraudato lo restituisco con gli interessi: quattro volte tanto".
Zaccheo ha incontrato l'unica, grande ricchezza, Gesù, che è entrato in casa sua, cioè nella sua vita, nel suo cuore .
Paolo percepisce il proprio stato di tenebra quando è folgorato da Cristo ( At 9,1-9 ).
Es. Agostino del quale basta leggere le Confessioni: un uomo che grazie al peccato ha scoperto la bellezza e , ha scoperto che Dio è amore.
"Io ti cercavo fuori di me e tu eri dentro… Tardi ti ho amato…!".
Stupende tutte queste figure che riconoscono: "Contro di te, contro te solo ho peccato, Signore"!
Il peccato ci allontana da Dio, ma Dio non si dà pace finché l'uomo non si alza: "Ho sprecato tutto, ho consumato la mia bellezza, la mia giovinezza nel peccato, sono un verme.
E allora mi alzerò e andrò da mio padre e gli dirò: Ho peccato".
Quindi è il peccato che ha spinto il figlio più giovane a uscire di casa, ma è ancora il peccato che fa sì che si alzi per ritornare nella casa del padre.
E il padre era in attesa di questo figlio, come è in attesa nei nostri confronti: anche noi siamo quel giovane prodigo.
Carissimi, l'uomo è, per essenza, debitore di fronte a Dio, dal quale ha ricevuto tutto: noi non avremmo nulla se Dio non ci avesse donato tutto: tutto ciò che siamo, tutto ciò che abbiamo studiato, imparato, lavorato… tutto è dono di Dio.
Da Dio abbiamo ricevuto e riceviamo continuamente tutto senza avere niente da dare in cambio.
Cosa diamo noi a Dio? Egli ci chiede solo di accoglierlo nella nostra vita, nel nostro cuore: "Oggi voglio entrare in casa tua".
La nostra situazione nei confronti del Signore è questa: siamo peccatori e quindi siamo anche debitori, perché il peccato ci viene tolto per mezzo della grazia.
Nel Vangelo di oggi, dopo aver donato lo Spirito Santo, Gesù dirà: "A chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete non saranno rimessi".
Se volete, ecco l'istituzione del sacramento della riconciliazione, dove il cuore infinitamente misericordioso di Cristo Gesù è aperto al povero peccatore, perché, dopo aver consegnato con fede il proprio peccato, possa essere purificato, rinnovato e rilanciato sul cammino dell'amore.
E di fronte agli altri, quante sono le cose ricevute, a cominciare dall'esistenza!
Quanti sacrifici i genitori, una mamma fin dal primo momento in cui rimane incinta, e un papà che partecipa: la trepidazione, l'attenzione, la sofferenza…
Questo dobbiamo dire anche ai nostri giovani: Avete ricevuto tutto da papà e mamma, dovete dare anche voi tutto a loro: scambio reciproco, perché siamo gli uni debitori degli altri.
Noi diamo tutto per scontato, tutto come dovuto e invece siamo debitori di fronte a Dio e di fronte agli altri.
Allora vogliamo chiedere al Signore che ci illumini, per capire quanto sia grande il suo amore misericordioso nei confronti di noi, poveri peccatori, e possa davvero rimetterci i debiti.
Ha detto giustamente il salmista: "Contro di te, contro te solo ho peccato" ( Sal 51,6 ); tu sei il mio Dio e io ho peccato contro di te.
Certo, il peccato non può toccare Dio direttamente: "Se pecchi che male mi fai?" ( Gb 35,6 ); e però è anche vero che il peccato raggiunge Dio in me.
Ecco allora che la domanda del perdono è il modo corretto di stare davanti a Dio nella preghiera e nella vita; è l'atteggiamento assunto dal pubblicano: "O Dio, abbi pietà di me peccatore" ( Lc 18,13 ).