Ritiro del 13/10/1996
1 - Riflessione sulla luce e sul mondo
2 - Alcune difficoltà
3 - Dio sa cosa succede agli uomini che peccano
4 - Il giorno della vocazione
5 - Il sogno che Dio ti ha affidato
6 - In questo sta la verità del nostro agire
7 - Le tre difficoltà ci faranno sentire …
8 - Quando non sei più libero da te stesso
9 - Noi abbiamo una profezia
10 - Sappiamo di essere i seminatori
11 - Le promesse di Dio vanno coltivate
12 - La fede cristiana si basa su fatti non plausibili
13 - Le promesse di Dio si realizzano sempre
14 - Consapevole di come ti vede Dio
15 - Consapevole dei limiti
16 - Significato di "Sabaoth"
17 - Il mandato: Voi siete la luce del mondo…
18 - Cosa significa essere re?
19 - Legatelo e gettatelo fuori
20 - Il potere è di Dio
21 - Ma profeta è anche colui che parla a nome di Dio
Questa mattina abbiamo riflettuto sulla vocazione, sull'importanza di ritornare all'origine, oggi pomeriggio faremo una riflessione sulla "luce" e sul "mondo".
Il primo momento è quello del "fidanzamento", di cui abbiamo parlato questa mattina.
Sapevamo di essere fidanzati?
È una scoperta che dobbiamo fare, perché la vita cristiana è sempre una vita sponsale: si tratta di capire chi sta occupando l'altra metà di noi stessi, attraverso chi noi giungeremo alla santità.
Come all'interno della Chiesa vi sono in concreto varietà di vocazioni, così anche nella nostra c'è l'altra metà di noi stessi, che deve essere necessariamente quel Gesù che noi amiamo, adoriamo, contempliamo re vittorioso sul suo trono che è la croce.
Quando Gesù ti ha inviato ( l'abbiamo visto questa mattina ) tu procedi nella sua luce che è la croce; una luce che provoca molti interrogativi, che mette in crisi, che dà gloria anche, però quante difficoltà incontriamo!
Il mese scorso abbiamo parlato di alcune difficoltà, che avevamo raggruppato in tre generi; li voglio semplicemente ricordare.
La prima è la gelosia e la via di salvezza è fissare gli occhi su Gesù; come leggiamo per esempio in Zc 12,10 = Gv 19,37: "Guarderanno a colui che hanno trafitto e ne faranno lutto come per un figlio unico"; oppure in Esodo con l'episodio del serpente di bronzo.
Come è carico di simbolismo questo serpente di bronzo!
Che significato ha un serpente issato su un legno, se non quello del peccato ucciso?
E Gesù, tragicamente ma anche gloriosamente, è questo serpente, è colui che ha preso su di sé tutto il peccato di tutti gli uomini di tutti i tempi affinché, guardando lui, noi fossimo salvati.
Dio sa benissimo cosa succede agli uomini non appena peccano: si chiudono in se stessi e o si colpevolizzano, o agiscono come se ciò che hanno fatto non sia mai esistito.
Il peccato impedisce all'uomo di ricevere la grazia finché non se ne liberi.
Ed ecco la pedagogia di Dio: si è fatto lui peccato perché in questo modo l'uomo, alzando gli occhi a colui che è stato innalzato, scoprisse la salvezza.
È come se Dio avesse detto: "Ti piace tanto crogiolarti nel tuo dolore, nell'autocommiserazione per il peccato commesso? Bene, allora io toglierò da te questo peccato, lo prenderò io, perché tu seguendo con lo sguardo la tua miseria, incontri il mio sguardo di amore".
La seconda difficoltà è l'amore gratificante, simboleggiato dalla moglie di Potifar, la quale voleva approfittare di Giuseppe; se Giuseppe avesse ceduto all'appagamento gratificante di quel momento avrebbe ancora ottenuto le promesse di Dio?
Sicuramente no e ne abbiamo la prova in quelle parole di Gesù: "Venite, benedetti del padre mio, siete stati fedeli nel poco, a voi affiderò molto".
La terza difficoltà è la prova della fedeltà.
Rimaniamo ancora all'episodio di Giuseppe: Giuseppe è in prigione.
Aveva ricevuto molti favori da parte di Dio: sogni, rivelazioni, predilezione del padre Giacobbe e quando tragicamente si ritrova in prigione e riesce a far liberare il panettiere sperando in un aiuto umano, accade esattamente il contrario: continua a restare in prigione per altri due anni.
E quei due anni sono la prova della fedeltà, della perseveranza, sono la prova dell'aridità, la prova del deserto, di cui abbiamo parlato questa mattina con Os 2,16s.
E quasi possiamo immaginare Dio che si presenta davanti a Giuseppe in catene e gli dice: "Giuseppe, ci credi ancora alla visione che ti diedi quando eri un ragazzino?".
È questa la domanda che dobbiamo porci adesso: ci credo ancora alla promessa che Dio mi ha fatto il giorno in cui fui chiamato, in cui ebbi la mia vocazione?
Il giorno della vocazione è sì il giorno in cui Dio ti rivela se stesso, ma è anche quello in cui ti rivela a te stesso, e dato che è un momento di intimità profonda, di comunione ineffabile tra te e lui, è anche il momento in cui, in un impeto d'amore, ti confida il suo sogno si di te.
In maniera cosciente oppure inconscia, questo lo dobbiamo vedere noi, è il discernimento che facciamo guidati dal nostro padre spirituale, ma quando Dio fa qualche cosa noi dovremmo valutare grandemente quello che lui ha fatto per noi e quindi stare molto attenti e riconoscere la visione che ci ha dato.
Quando il Signore ti chiamò, ti rivelò qualcosa su te stesso?
È una domanda che ti devi scrivere per rifletterci: Che cosa Dio mi ha rivelato il giorno della mia vocazione su me stesso?
Poi: Qual'è il suo sogno per la sua Chiesa, cioè che cosa si aspetta da me?
E terzo: Quel sogno è rimasto un "sogno nel cassetto" oppure l'ho realizzato?
È rimasto un sogno di Dio oppure, dato che lui ed io siamo diventati una cosa sola anche il suo sogno è diventato per me una cosa importante, fondamentale?
Qui bisogna anche affrontare la paura di guardarci dentro; non ci stupiamo che questo avvenga, anzi se sentiamo la paura è un buon segno perché vuol dire che, inconsciamente, abbiamo già deciso di farlo.
Tu credi al sogno che Dio ti ha affidato quella volta, come singolo individuo?
Voi venite tutti da luoghi ed esperienze diversi, eppure a tutti Dio ha confidato lo stesso sogno: l'Unione dei catechisti.
A ognuno con una sfumatura diversa, particolare, che nessun altro potrà mai avere e che nessun altro potrà mai prendere.
Ma in questo sta l'unità: convergere verso l'Uno.
Non si è uniti se si fa tutti la stessa cosa, ma se tutti si va verso la stessa meta.
Ora, tu ci credi? D'impeto uno risponde: Certo che ci credo!
No, non rispondere d'impeto, pensaci davvero: tu ci credi al sogno che Dio ti diede quella volta? Te lo ricordi?
La vera vocazione dice sì senza esitazione; invece una vocazione debole dice: spero di sì.
Se adesso ti senti nel deserto, non averne paura: il deserto è un momento privilegiato di incontro con il Signore, dove lui ti toglie tutte le consolazioni, anche le umane forse, ma specialmente quelle spirituali, in modo tale che tu ti accorgi se stai facendo le cose per un dovere, per una convenienza, per averne delle gratificazioni spirituali o se le stai facendo per lui.
Lo sgretolamento del sogno di Dio non avviene in Dio, Dio non cambia sogno, non cambia idea, non cambia progetto; lo sgretolamento avviene in noi, quando quelle tre prove che ho detto prima si fanno sentire.
Non puoi sfuggirle perché esse sono per tutti; in un momento della vita tu avrai queste tre prove; per un periodo breve o lungo, non importa, ma se non le hai ancora affrontate è giunto il momento, perché tu, prima di tutto tu devi sapere se stai recitando o se fai sul serio.
È una necessità puramente umana e psicologica perché, se non ci sentiamo confermati in quello che facciamo, noi reciteremo sempre, saremo divisi in noi stessi: appariremo in un modo, ma noi sappiamo di essere in un altro e questo ci impedisce di progredire spiritualmente.
Noi invece vogliamo essere la gioia di Dio, noi vogliamo essere la vigna del Signore, ciò di cui lui è assolutamente fiero.
Ora voi sapete quanto sia importante la vigna per un agricoltore: la vigna è ciò di cui va fiero e se ne vanta di fronte a tutti, perché una vigna vuol dire molto sacrificio, molto lavoro, molta intelligenza, molta cura, molta previsione.
E tutto questo viene fatto per avere frutti dolci, abbondanti, che portino gioia a tutti coloro che ne mangiano.
È superfluo dire che la vigna del Signore siamo noi e che tutto questo lui se lo aspetta da noi.
Allora attenzione: queste tre difficoltà si faranno sicuramente sentire: gelosia da parte degli altri e se tu sei troppo sensibile a quello che pensano gli altri, tu sei caduto nella rete dell'appagamento gratificante.
Per quale motivo fai quello che fai?
Fai tutto per essere lodato e stimato o perché sei rimasto affascinato da quanto Dio ti ha amato che non puoi più contenere l'amore che egli ti ha messo dentro? E allora lo dai.
Spesso ci si rende conto di che cosa pensa una persona, o di che cosa ha dentro semplicemente guardandola negli occhi: non è così?
Fate questo piccolo esercizio nel tempo che ci separa dal prossimo incontro; è una cosa che normalmente fa sorridere tutti coloro a cui lo dico, ma è una cosa seria, vera.
Durante la giornata passate davanti a uno specchio, ma non cambiate espressione; guardatevi e dite a voi stessi: se qui ci fosse qualcuno, vedrebbe nei miei occhi la vita di Dio, la gioia, l'amore di Dio?
Dato che si evangelizza più con lo sguardo che con la parola, dobbiamo vedere se il nostro sguardo è pieno della luce, della serenità di Dio oppure è uno sguardo truce, duro, serio.
Uno può anche essere spigoloso, ma se è pieno di Dio nei suoi occhi lo si vede.
Gesù non era poi molto dolce, quello che aveva da dire lo diceva con molta chiarezza, eppure qualcuno potrebbe dire che nel suo sguardo non c'era il cielo?
Quando le tue circostanze diventano insormontabili, quando ti sei sclerotizzato sulle tue posizioni o abitudini, quando hai deciso che "tanto io sono così e non posso più cambiare" - e quanto è pericoloso questo nel cammino spirituale di una persona!
Ti fanno sudare perché sono persone che falsamente vogliono camminare sul cammino della santità, perché in ogni caso hanno sempre da opporre le loro obiezioni - allora vuol dire che le circostanze sono diventate più importanti della presenza di Dio in loro.
Quando non sei più capace di dire: Perché no?, allora devi tremare perché vuol dire che sei caduto in quelle tre difficoltà, vuol dire che il sogno di Dio si è sgretolato dentro di te: Dio ha il suo sogno, ma io sono in un'altra situazione.
Il tuo grido di battaglia e di vittoria dovrebbe invece essere almeno da oggi in poi: Perché no? Cosa me lo impedisce?
"Tutto posso in colui che mi dà forza"; ma io ci credo a questa benedetta parola di Dio, oppure ci sono circostanze che sono più forti di Dio?
Cos'era Paolo più di me? Evidentemente aveva solo detto un sì più totale del mio.
Dobbiamo smantellare in noi non il sogno di Dio, ma le circostanze che ci impediscono di vederlo realizzato.
Dipende forse da noi questo sogno, l'abbiamo sognato noi o l'ha sognato Dio?
Non è stato lui a chiamarci per condividere con noi il suo sogno?
Allora non è Dio che ha cambiato il suo sogno, perché quello che lui dice una volta vale per l'eternità, per tutti gli uomini, di tutti i tempi: siamo noi che dobbiamo avere il coraggio di dire: Perché no?
Quando non sei più capace di dire: Perché no?, in quel momento la tua vocazione ha cominciato a invecchiare, si è sclerotizzata ed è morta.
Ma noi abbiamo una profezia molto importante: quella delle ossa aride.
Se anche fossimo diventati delle ossa aride, distaccate l'una dall'altra; se anche tutta la città, tutta la regione fossero solo una valle ricolma di scheletri, nel nome e nella parola di Gesù tutto questo ridiventerebbe vivo.
Io ci credo? Come sto vedendo le mie circostanze, l'ambiente in cui mi trovo, la mia realtà, la mia società, il mio tempo, la mia chiesa, la mia comunità?
Con gli occhi carnali o con gli occhi dello Spirito? Sto guardando attraverso me stesso o attraverso Dio?
Dobbiamo abituarci a stare con i piedi per terra ma con la testa nel cielo, ad essere cioè equilibrati, temperanti, ma profetici: avere molto chiaro il progetto di Dio, farlo diventare anche il nostro progetto e già vederlo realizzato nonostante le circostanze odierne.
Sganciamoci dall'ultima tentazione, che è quella di voler vedere i risultati.
Se sappiamo di essere i seminatori, sappiamo anche di non essere i mietitori; quelli arriveranno alla fine dei tempi; ce lo dice l'Apocalisse, ce lo dice la parabola evangelica della zizzania: quelli che mieteranno alla fine discerneranno il bene dal male.
Perché vogliamo assumerci un compito che non ci è stato assegnato?
Adesso Dio ci ha chiesto solo di essere i seminatori: il campo è arato, il terreno è pronto e Dio mette nelle mani di ciascuno un sacchetto di seme e ci chiede se vogliamo andare a spargere il suo seme.
Il giorno della vocazione hai risposto: Sì, perché no? e hai cominciato a seminare vedendo già davanti a te la messe alta ed è questo che ti fa coltivare il sogno di Dio.
Se guardi solo la terra brulla, ti sei fermato alle circostanze; va' oltre quello che vedi adesso, guarda ciò che sarà dopo, perché in Dio tutto è presente.
Sii sicuro della promessa di Dio prima ancora di vederla realizzata.
Chi di voi ha visto risuscitare un morto? Eppure la fede ve lo fa credere.
Le promesse di Dio vanno coltivate, perché Dio ci ha dato della facoltà spirituali, ma anche psichiche e ci ha dotato di intelligenza, di fantasia, di immaginazione, di volontà, di sentimento.
Nessuna di queste facoltà è meno degna di un'altra perché se no Dio non l'avrebbe fatta esistere; allora se Dio ti ha dato tutte queste facoltà psichiche, usale; anche nella preghiera: la nostra fantasia, la nostra immaginazione, il nostro sentimento tutto collabora a che il nostro spirito adori Dio.
Hai avuto questa vocazione, Dio ti ha rivelato qualcosa su sé stesso e su di te, sul suo progetto per la Chiesa che è in Piemonte nel secolo XX.
Poi hai conosciuto una certa spiritualità, l'hai fatta tua e hai capito che il Signore ti chiamava in quella strada.
Allora le promesse che ti sono state fatte falle diventare vive dentro di te, contemplale, come se già le vedessi, anzi devi essere più sicuro di quello che succederà che non di quello che sta succedendo.
Non lasciarti sopraffare da quello che vedi: dalla superficialità delle famiglie, dalla difficoltà nella società, nella politica, nel lavoro: sono solo circostanze.
Sappi che il demonio, il nostro nemico, fa di tutto perché tu fissi la tua attenzione sulle circostanze e le vedi grandi come l'Everest, ma Gesù ha detto: "Se avrete fede come un granellino di senape, potrete dire a una montagna: Va' a gettarti in mare, e vi obbedirebbe". ( Lc 13,18-19 )
Allora se le circostanze ti sembrano grandi come la più grande montagna del mondo, non c'è problema, perché basta che tu abbia fiducia nella promessa di Dio e questa montagna si dissolve come la neve al sole.
"Ma io sono stato abituato a non fare mai il passo più lungo della gamba, a non chiedere mai alle mie forze qualcosa di troppo".
Benedetto illuminismo che ha prodotto dei segni positivi, ma quanti negativi!
Non possiamo misurare Dio come misuriamo i fenomeni della natura.
Dio è sopra la natura e dunque perché pensare che egli possa fare solo ciò che è razionalmente plausibile?
La vita dei santi è costellata di fatti che la ragione e la fisica non possono spiegare.
Qualcuno potrebbe obiettare: Eh, ma loro erano santi! e io potrei dire: Ma loro non sapevano di esserlo.
Che cosa ci impedisce di vivere nella potenza?
Solo l'intelligenza; la plausibilità della fede è un demonio: si crede solo ciò che è plausibile.
In questa ottica, ci sono allora alcuni teologi che affermano che il pane consacrato non è il corpo di Gesù, ma solo un simbolo: vedete a che punto si arriva quando si vuole misurare Dio con le misure umane.
Eppure tutta la nostra fede cristiana si basa su fatti che non sono razionalmente plausibili e allora, se viviamo nella nostra fede realtà sconvolgenti, perché non dobbiamo viverle anche nella nostra vita?
Eppure il profeta Gioele l'aveva detto chiaramente: "Alla fine dei giorni io effonderò il mio Spirito su tutte le genti e i vostri giovani avranno visioni e i vostri anziani faranno sogni" ( Gl 3 ).
Che strano! Di solito sono i giovani che sognano: la carriera, la famiglia… un sacco di cose, e i vecchi che hanno visioni; mentre se Gioele ci fa sapere che sono gli anziani a sognare, cioè quando umanamente non si ha più niente da sognare, vuol dire che hanno lasciato via libera allo Spirito di Dio di comunicare loro il suo sogno.
Così il giovane, colui che riceve la vocazione, ha la visione non il sogno, perché nella visione c'è un incontro intimo con Dio che ti comunica il suo progetto, cioè quello che lui vede sugli uomini, sulla storia, su di te, su che cosa ci stai a fare tu in questo secolo, in quella famiglia, in quella città, in quella nazione… La sua visione su di te.
Ne abbiamo un esempio già nell'A.T.
Ricordate che Abramo e Sara ebbero la visita dei tre angeli, simbolo della Trinità e Abramo, pur essendo molto ricco, era amareggiato perché non aveva una discendenza.
Eppure in quella visita gli angeli gli dissero: "Tra un anno tua moglie terrà in braccio tuo figlio" ( Gen 18,10 ) e lei avendo sentito tutto, si mise a ridere.
I tre personaggi chiesero ad Abramo e a Sara un atto di fede, cioè di coltivare dentro di sé la promessa che era stata loro fatta e Abraham divenne Abramo e Sarai divenne Sara.
Questi due nomi sono il progetto che Dio aveva su di loro.
Abramo significa: padre di molti popoli, lui che non aveva neanche un figlio; e Sara significa principessa, madre di molti figli, lei che era sterile.
E loro sono rimasti perseveranti, nonostante le circostanze avverse, nonostante che tutti li prendessero in giro; loro si portavano dentro la promessa di Dio e se all'inizio si sforzavano di credere e avrebbero voluto vedere la realizzazione della promessa, poi la fede divenne una cosa naturale, tanto che ebbero davvero un figlio, Isacco.
E così Maria: "Come è possibile? Non conosco uomo". ( Lc 1,34 )
Non ti preoccupare, la potenza dell'Altissimo scenderà su di te e lei crede in questa promessa.
Non pensate che Maria abbia capito tutto quello che le successe quel giorno; Maria non capì quasi niente, tanto è vero che il Vangelo di Luca dice: "Maria conservava tutte queste cose meditandole nel suo cuore". ( Lc 2,19 )
Si limitava a tenerle lì? No, diceva a se stessa: Adesso non capisco, però aspettiamo, perché Dio non ha mai preso in giro nessuno; se non capisco adesso capirò dopo, intanto conserviamo, perché è una cosa importante.
Anche a te Dio ha dato una visione e tu cosa dici: È importante che io la capisca adesso?
No, io voglio essere umile, faccio come Maria, la conservo; però ogni tanto la ricordo, vado a vedere se va tutto secondo quella visione.
Intanto la tengo da parte perché verrà il giorno in cui quella visione avrà un significato.
Le promesse di Dio si realizzano sempre e questo lo devi credere personalmente, nessuno può crederlo al posto tuo.
Dio ti ha costituito perché tu porti molto frutto e tu non ne vedi: a chi dare la colpa?
Attenzione perché qui il diavolo è sopraffino nell'intelligenza.
A chi dare la colpa: al mondo cattivo, superficiale, ai giovani che non sono più come una volta?
Alle famiglie, ai genitori che non educano più, che non danno più valori…? Allo stato?
A Dio allora? "Dio mi ha dato questo carattere timido, introverso, non sono capace di comunicare agli altri la vita di Dio che ho dentro di me; se Dio mi avesse dato un altro carattere allora….".
Guardate come è sottile il nostro nemico, il cui orgoglio è sconfinato: arriva ad accusare Dio dei nostri limiti.
Sii consapevole non di come ti vedi tu, ma di come ti vede Dio.
Tornate al giorno della vostra vocazione, perché quel giorno avete avuto una rivelazione su come vi vede lui e se lui ti vede in un modo diverso da come ti vedi tu, vuol dire che ha ragione lui, non tu: è lui che ti ha creato.
E se ti vede estroverso, capace di parlare coi giovani e di fare qualunque altra cosa, tu comincia a farlo, fai vedere a Dio che ti fidi di lui.
Mosè quando andò la prima volta dal faraone certo non era allegro e tremava, ma Dio gli aveva promesso di essere sempre con lui e lui gettò il suo bastone perché si fidava di Dio.
Fa' lo stesso, perché ciò che tu semini non è la tua parola, è quella di Dio, non è tua la salvezza, non è il tuo sangue, non è la tua crocifissione e la tua gloria, ma quella di Dio.
Ricorda che sei stato costituito seminatore, non possessore.
Allora facciamo una seconda parentesi.
Sii consapevole dei tuoi limiti, certamente, ma non sopraffatto e neanche rassegnato.
Nella lettera ai Rm 8,15 si dice: "Noi non abbiamo ricevuto uno spirito da schiavi, ma da figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: Abbà, Padre!".
Allora vivi da figlio e non da schiavo.
Guarda i tuoi limiti, non te li nascondere, guardati così come sei, come san Paolo che diceva: "Ho pregato tre volte perché mi fosse tolta una spina dalla carne, ma il Signore me l'ha lasciata come un inviato di satana sempre pronto a schiaffeggiarmi perché io non montassi in superbia". ( 2 Cor 12,7-8 )
Forse i limiti che il Signore ti concede di avere non sono poi così brutti se li vedi come un mezzo per non montare in superbia.
Sii anche agguerrito, deciso a superare te stesso e questo lo puoi fare solo tu, con la potenza di Dio: "Per le sue piaghe siamo stati guariti" ( Is 53,5 ).
Qualunque sia la tua malattia spirituale, psicologica, fisica che ti impedisce di realizzare il progetto di Dio, tu sai che comunque sei vittorioso su tutte queste cose: "Tutto concorre al bene di coloro che amano Dio" ( Rm 8,28 ) e più avanti: "… nessuna creatura potrà mai separarci dall'amore di Cristo". ( Rm 8,39 )
Ora, di tutte queste cose siamo convinti o ci limitiamo a dirle agli altri?
Dobbiamo esserne convinti noi, se no non porteranno frutto in noi per gli altri.
Il simbolo della luce lo troviamo nel primo capitolo del Genesi: "Sia la luce e la luce fu"; ( Gen 1,3 ) nella vocazione di Mosè, come detto questa mattina, nella vocazione di Isaia: "Sanctus, sanctus, sanctus, Dominus Deus Sabaoth". ( Is 3,6 )
Come è stata tradotta male questa parola "Sabaoth" nella nostra liturgia!
Questo Sabaoth che significa: il Signore Dio onnipotente, il vincitore che non conosce sconfitta.
Capisco che nella liturgia è difficile tradurre un concetto di questo genere, però come è povero dire: il Signore Dio dell'universo, quando il "Sanctus Sabaoth" è colui che ha ogni autorità in cielo, in terra e sotto terra e di fronte al quale ogni ginocchio si piega.
A Isaia, Dio si presenta in questa luce, a te Dio si è presentato con la stessa luce: ha vinto la morte e il peccato, perché fossimo liberi dalla morte e dal peccato; che cos'altro ci impedisce di svolgere il lavoro di Dio?
Le circostanze? Ma su tutte queste cose "noi siamo più che vincitori in virtù di colui che ci ha amato".
Questa mattina avrete riflettuto certamente sull'Esortazione apostolica "Vita Consecrata", i nn.14 e 15: il monte Tabor, la luce di Dio che si manifesta.
Gesù si trasfigurò di fronte ai tre discepoli, perché sapessero chi egli è, lo ricordassero anche a Gerusalemme dove stavano andando e dove "il Figlio dell'uomo dovrà molto soffrire ed essere rifiutato da tutto il popolo".
Quel giorno Dio si è presentato a te come sul Tabor, perché tu ricordassi come lui era quel quel giorno in tutti gli altri giorni della tua vita.
Ecco perché prima ho insistito perché ognuno scrivesse, nero su bianco, quello che gli è accaduto; nella memoria si fissa soprattutto quello che vediamo con gli occhi e sentiamo con le orecchie, e le parole scritte lasciano in noi una traccia che non è solo mentale, psicologica o spirituale, ma fisica, come le leggi scritte dal dito di Dio sulle tavole di pietra e che però sono state superate ( lo leggiamo in Gioele ) dalla legge scritta direttamente nel cuore di carne degli uomini.
La mente dimentica, la carta non dimentica mai e se hai paura di dimenticare, scrivi e così la carta ti aiuterà a ri-informare la tua memoria storica di ciò che Dio ha fatto in te, con te, per te e per il mondo.
A che serve il sale se perde il sapore?…
Una lampada si mette forse sotto il tavolo o la si mette in alto per illuminare tutti?…
E il lievito viene lasciato in un cassetto o messo nella pasta?..
Così una città costruita sul monte potrà restare nascosta? ( Mt 5,12s )
Se tu sei quella lampada che contiene l'olio - simbolo dello Spirito santo -, se tu sei quella luce - che è Gesù Cristo - potrai falsamente e umilmente stare nascosto, mentre tutto il mondo brancola nel buio, è nelle tenebre?
Ma le tenebre sono vinte dalla luce, ci dice il Prologo di Giovanni; che le tenebre si diano un gran da fare per non vedere la luce, quando c'è la luce la tenebra comunque sparisce, perché la luce è più forte del buio.
Allora se tu hai ricevuto la chiamata a essere luce, vuol dire che Dio ti ha chiesto il permesso di abitare gloriosamente e potentemente dentro di te: "Posso vivere in te? Tu sei la lampada, io ti riempirò del mio Spirito ( l'olio ), perché io che sono la luce possa illuminare dovunque tu vada e qualunque cosa tu faccia".
Il mandato è questo: "Voi siete la luce del mondo", a cui mi piace aggiungere subito quella frase di Gv 15,19: "Voi siete nel mondo senza essere del mondo".
Questo dobbiamo averlo molto chiaro: noi siamo nel mondo per portare una luce che non è nostra e che non è come la luce che il mondo conosce, è un'altra luce; che non è la pace come la conosce il mondo, è un'altra pace.
Per questo il mondo non l'accetta: perché non è sua. E noi dobbiamo stupircene?
Quando quel famoso giorno Dio si presentò a te e ti chiese il permesso di vivere in te per portare la sua luce a tutte le nazioni, ricordati che quello fu il giorno in cui sei stato costituito sacerdote, re e profeta.
Certo, tutti questi doni li avevi già dal giorno del tuo battesimo, ma in quel momento il Signore ti ha abilitato a vivere come sacerdote, re e profeta.
Ecco come il nostro vivere come luce è per il mondo.
Significa avere la consapevolezza che tutto il mondo deve essere ricapitolato in Cristo.
Ritorniamo alla lettera ai Romani: "Tutta la creazione geme e soffre fin da ora nelle doglie del parto, aspettando la propria redenzione". ( Rm 8,22 )
Ed ecco quello che ci viene chiesto: vivere la regalità su questa terra, non succubi delle circostanze, ma da vincitori, perché Gesù dice: "Non abbiate timore: io ho vinto il mondo". ( Gv 16,33 )
Allora vivere nella potenza, non nella fragilità, perché colui che ha vinto il mondo è colui che ha preso su di sé tutti i NO di tutti gli uomini, di tutti i tempi e li ha inchiodati sul legno della croce: così egli è il RE.
Quando Dio creò tutto quello che esiste, presentò tutto all'uomo e disse che "in qualunque modo l'uomo avesse chiamato quelle cose, quello sarebbe stato il loro nome". ( Gen 2,19 )
È un modo per dirci: all'uomo fu affidato tutto quello che esiste, Dio gli ha dato autorità su tutto.
Ma poi è entrato il male nel mondo, perché l'uomo ha aperto la porta e allora tutto ciò che Dio aveva affidato all'uomo ha subìto questo male.
Per questo Paolo dice che tutta la creazione aspetta gemendo la propria redenzione.
Quanto tempo il creato dovrà ancora aspettare per essere redento?
Finché noi non proclameremo l'assoluta signoria di Dio su tutto ciò che esiste.
Se a fare entrare il male nel mondo è stata una libera scelta dell'uomo di dire no a Dio, vuol dire che quella croce a cui fu inchiodato l'Agnello di Dio, è invece invece l'unico e totale SI' al posto di tutti i NO di tutti gli uomini, di tutti tempi; ed è quindi solo attraverso quella croce che passa - come dice Is 53 - la guarigione di tutto l'universo.
Allora scopriamo come la croce è il punto di incontro tra Dio e l'uomo, è proprio l'incidenza di Dio sull'orizzontalità del genere umano.
Vivere la regalità in Cristo significa sapere che quando tu hai accettato che Dio vivesse in te con la potenza del suo Spirito, tu sei stato costituito re, quindi eserciti un'autorità su tutto ciò che esiste, un'autorità che non è tua, ma di Gesù Cristo da te accettato come Signore della tua vita.
Ed ecco la finale emblematica del vangelo di oggi, quando il Re dice ai suoi servi: "Legatelo e gettatelo fuori": ( Mt 22,11-13 ) questo è l'esercizio della regalità.
È il Re che dice ai suoi servi, a noi: Secondo la mia autorità vi ordino: Legatelo e cacciatelo.
Ogni opera di apostolato, di evangelizzazione che nasce senza usare l'autorità, la regalità di Dio, è destinata a fallire: se vogliamo portare il suo annuncio, prima dobbiamo legare il principe di questo mondo, perché altrimenti egli si intrufolerà addirittura nella sala del trono.
Quando Dio pianta la sua vigna, prima cosa fa?
Toglie i sassi; così occorre legare "l'uomo forte", impedirgli di nuocere.
Non possiamo né dobbiamo dimenticare che avremo sempre qualcuno che in tutti i modi e continuamente cercherà di metterci i bastoni fra le ruote, se ci ostiniamo a non fare quello che Dio ci dice e cioè: prima dovete legare l'uomo forte, prima dovete esercitare l'autorità del nome, della salvezza e del sangue di Gesù perché è per quel sangue che noi siamo definitivamente liberi dall'influsso del demonio.
E lui lo sa; lui è un perdente, non può illudersi di avere l'ultima parola sul progetto di Dio, come dice il Sal 2,1: "Perché le nazioni si agitano? Non sanno che è impossibile combattere contro Dio e vincere?" e fa in modo che noi ci dimentichiamo o sminuiamo molto il combattimento spirituale.
Così che, se non gli ordiniamo in nome di Gesù di lasciare libera quella scuola, quei ragazzi, quell'assemblea, quella chiesa, quella parrocchia, quella città lui continua a fare, perché nessuno ha esercitato il potere di Dio.
Ora se il potere è di Dio, chi siamo noi per decidere se esso va o non va usato?
Se tu sei servo di Dio, oggi nel vangelo hai sentito Dio che ti ha detto: Prendilo, legalo e buttalo fuori, dove è buio e stridore di denti.
Quello è il suo posto, invece questi che hanno accettato il mio invito e sono venuti, hanno il diritto di essere liberi, hanno il diritto di non essere confusi.
Tu gli dici una cosa e quello gliene suggerisce un'altra.
Se non leghi l'uomo forte e lo butti fuori, lui rimane dentro, apre la finestra e i suoi amici entrano e "la condizione finale di quell'uomo sarà peggiore di quella di prima". ( Mt 12,45 )
Ricordiamoci bene che, checché ne dicano tanti teologi, la parola di Dio non può essere smentita.
Papa Paolo VI, quel famoso 13 novembre 1972 disse con molta chiarezza: "Esce dalla rivelazione biblica e dalla comunione ecclesiale chi non accetta il fatto che esista un essere perverso e pervertitore personale ( non una personificazione del male ), contro cui siamo chiamati a combattere".
Allora chiunque predicasse un vangelo diverso da quello che è stato predicato e testimoniato dagli apostoli, sappiate che non è degno di fede e noi siamo liberi di non credere a quella predicazione, con buona pace di tutti.
Dunque non è per la nostra potenza che noi possiamo qualche cosa, ma solo per il sangue dell'Agnello, attraverso cui viene lo Spirito; e come nell'A.T. lo Spirito Santo veniva attraverso il sangue degli agnelli, ora viene continuamente perché unico è stato il sacrificio che vale per tutta l'eternità: il sangue di Dio.
Ma poi abbiamo anche il crisma profetico, che può venire solo dopo l'esercizio dell'autorità nel nome di Gesù.
Il profeta è colui che svela anche il futuro, perché il Vangelo di Giovanni afferma che "lo Spirito Santo vi rivelerà le cose future", ( Gv 16,13 ) quindi vuol dire che Gesù non ci ha rivelato tutto.
"È bene per voi che io vada al Padre, perché così verrà a voi un altro Consolatore il quale, tra l'altro vi dirà del nuovo e vi annuncerà le cose del futuro, perché adesso voi non siete ancora in grado di portarne il peso". ( Gv 16,7-12 )
Non pensate che in questo libro ci sia tutto Dio, qui c'è solo quello che siamo in grado di capire, ma avremo bisogno di tutta l'eternità per poterci riempire di Dio, quindi un tempo infinito.
Tu dunque sei stato costituito anche profeta, perché Gesù ti ha scelto, ti ha parlato in segreto e poi ti ha detto di andare a gridarlo sui tetti, perché tutti lo devono sentire.
Ecco il profeta: uno che prima ascolta - e ascoltare vuol dire fare silenzio, vuol dire fermarsi, vuol dire smetterla di parlare - e dopo aver ascoltato allora sarà profeta, quando proferirà non le sue parole, spargerai non semi tuoi ma quelli che Dio ti ha dato.
A questo punto ci sarà la scelta personale delle persone che hanno ricevuto questo proferire ed è il momento sacerdotale.
Tutti sono costituiti sacerdoti anche se con ministerialità diversa; in quanto battezzati condividiamo lo stesso sacerdozio.
Cosa fanno i sacerdoti? Fanno dei sacrifici, cioè rendono sacra qualche cosa, cioè realizzano quello che Paolo ci chiedeva prima: "Ricapitolare tutto in Cristo a gloria di Dio Padre e nella potenza dello Spirito Santo". ( Ef 1,10 )
E il movimento non può che essere trinitario, perché se non lo è, non è di Dio.
Allora siamo chiamati a esercitare l'autorità regale, proferendo la parola di Gesù Cristo e in questo modo consacrare ogni nostra realtà e riportarla sotto l'autorità del Padre.
Ma occorre essere molto concreti, perché il regno di Dio non arriva svolazzando sopra i tetti delle case, ma attraverso le nostre esperienze quotidiane e quindi tu sei chiamato ad esercitare il tuo triplice dono nelle più diverse situazioni, ad allontanare dovunque sei lo spirito di divisione, di ira, di invidia, di gelosia.
Quando vedi che una riunione dovrebbe portare molti frutti e invece non c'è mai un'intesa, usa l'autorità di Dio, pronuncia "quel nome che è al di sopra di ogni altro nome e di fronte a cui ogni ginocchio si piega nei cieli sulla terra e sotto terra" ( Fil 2,6-11 ) e comanda a questi spiriti di allontanarsi.
E poi consacra tutto quello che fai: "Sia che vegliate sia che dormiate siete del Signore".
Vado a fare una gita: perché vivere questa gioia in modo personale?
Consacra la strada che percorri dicendo: "Signore, fatti incontrare da tutti quelli che la stanno percorrendo".
Quando vivi coi piedi per terra perché qualsiasi cosa fai la riconsegni a Dio, sei nello stesso tempo con la testa nei cieli e quindi sei un vero profeta.