4 Marzo 2016
Dalla Lettera di Papa Francesco sull'Anno Santo della Misericordia
( continua dal precedente Cenacolo )
Non possiamo dimenticare il grande insegnamento che San Giovanni Paolo II ha offerto con la sua seconda Enciclica Dives in misericordia, che all'epoca giunse inaspettata e colse molti di sorpresa per il tema che veniva affrontato.
Due espressioni in particolare desidero ricordare.
Anzitutto, il santo Papa rilevava la dimenticanza del tema della misericordia nella cultura dei nostri giorni: « La mentalità contemporanea, forse più di quella dell'uomo del passato, sembra opporsi al Dio di misericordia e tende altresì ad emarginare dalla vita e a distogliere dal cuore umano l'idea stessa della misericordia.
La parola e il concetto di misericordia sembrano porre a disagio l'uomo, il quale, grazie all'enorme sviluppo della scienza e della tecnica, non mai prima conosciuto nella storia, è diventato padrone ed ha soggiogato e dominato la terra ( cfr. Gen 1,28 ).
Tale dominio sulla terra, inteso talvolta unilateralmente e superficialmente, sembra che non lasci spazio alla misericordia …
Ed è per questo che, nell'odierna situazione della Chiesa e del mondo, molti uomini e molti ambienti guidati da un vivo senso di fede si rivolgono, direi, quasi spontaneamente alla misericordia di Dio ».
Inoltre, San Giovanni Paolo II così motivava l'urgenza di annunciare e testimoniare la misericordia nel mondo contemporaneo: « Essa è dettata dall'amore verso l'uomo, verso tutto ciò che è umano e che, secondo l'intuizione di gran parte dei contemporanei, è minacciato da un pericolo immenso.
Il mistero di Cristo … mi obbliga a proclamare la misericordia quale amore misericordioso di Dio, rivelato nello stesso mistero di Cristo.
Esso mi obbliga anche a richiamarmi a tale misericordia e ad implorarla in questa difficile, critica fase della storia della Chiesa e del mondo ».
Tale suo insegnamento è più che mai attuale e merita di essere ripreso in questo Anno Santo.
Accogliamo nuovamente le sue parole: « La Chiesa vive una vita autentica quando professa e proclama la misericordia – il più stupendo attributo del Creatore e del Redentore – e quando accosta gli uomini alle fonti della misericordia del Salvatore di cui essa è depositaria e dispensatrice ».
La Chiesa ha la missione di annunciare la misericordia di Dio, cuore pulsante del Vangelo, che per mezzo suo deve raggiungere il cuore e la mente di ogni persona.
La Sposa di Cristo fa suo il comportamento del Figlio di Dio che a tutti va incontro senza escludere nessuno.
Nel nostro tempo, in cui la Chiesa è impegnata nella nuova evangelizzazione, il tema della misericordia esige di essere riproposto con nuovo entusiasmo e con una rinnovata azione pastorale.
È determinante per la Chiesa e per la credibilità del suo annuncio che essa viva e testimoni in prima persona la misericordia.
Il suo linguaggio e i suoi gesti devono trasmettere misericordia per penetrare nel cuore delle persone e provocarle a ritrovare la strada per ritornare al Padre.
La prima verità della Chiesa è l'amore di Cristo.
Di questo amore, che giunge fino al perdono e al dono di sé, la Chiesa si fa serva e mediatrice presso gli uomini.
Pertanto, dove la Chiesa è presente, là deve essere evidente la misericordia del Padre.
Nelle nostre parrocchie, nelle comunità, nelle associazioni e nei movimenti, insomma, dovunque vi sono dei cristiani, chiunque deve poter trovare un'oasi di misericordia.
Vogliamo vivere questo Anno Giubilare alla luce della parola del Signore: Misericordiosi come il Padre.
L'evangelista riporta l'insegnamento di Gesù che dice: « Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso » ( Lc 6,36 ).
È un programma di vita tanto impegnativo quanto ricco di gioia e di pace.
L'imperativo di Gesù è rivolto a quanti ascoltano la sua voce ( cfr Lc 6,27 ).
Per essere capaci di misericordia, quindi, dobbiamo in primo luogo porci in ascolto della Parola di Dio.
Ciò significa recuperare il valore del silenzio per meditare la Parola che ci viene rivolta.
In questo modo è possibile contemplare la misericordia di Dio e assumerlo come proprio stile di vita.
Gesù prima della sua passione ha pubblicamente dichiarato: "Quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me" ( Gv 12,32 ), a significare il supplizio della crocifissione, cui sarebbe stato condannato, alla quale Lui non si è opposto, come avrebbe potuto, essendo Dio ( cfr. Mt 26,53 ), per condividere con l'uomo il dolore e la morte, e offrirsi al Padre come vittima d'amore per redimere l'umanità.
Come Gesù è stato tenuto "innalzato da terra"?
Con i chiodi infissi nelle sue mani e nei suoi piedi, in definitiva con i terribili squarci prodotti dai chiodi.
Meditare sugli spasimi di queste ferite, accresciuti ad ogni minimo movimento consentitogli da quelle inchiodature per respirare, ci colmerebbe di tremenda compunzione, ma pensare che quelle ferite sono gratuito dono di amore per ognuno di noi, ci dovrebbe colmare di gioiosa riconoscenza, adorandolo con umile ma appassionata predilezione.
Gesù, apparendo agli apostoli dopo la sua resurrezione, mostrò loro le sue ferite sature di gloria per attestare che il suo corpo era reale e non un fantasma, ma anche perché esse sono i sigilli e la sintesi del suo amore infinito per gli uomini.
In un'apparizione successiva, mostrando a Tommaso le sue ferite, e invitandolo a verificare col dito quelle alle mani e al fianco, intendeva consolidare la fede di lui e degli altri apostoli nella sua risurrezione, ma anche confermare il suo amore senza limiti.
Gesù conserva queste sue ferite nell'eternità; ormai esse non sanguinano più, non sono più causa di sofferenza, ma motivo di merito davanti al Padre, ed è in forza di queste ferite che Lui, nelle sua divina umanità, intercede per noi, fa da mediatore fra Dio e gli uomini.
Sono queste ferite che Egli costantemente offre al Padre, a testimoniare quanto ha sofferto e patito per la salvezza dell'umanità.
Egli è il mediatore perché sia concessa l'abbondanza di grazia di cui noi necessitiamo.
Per capire veramente bene Gesù risorto, dobbiamo immedesimarci in Lui Crocifisso.
Solo allora potremo chiederci: Gesù è risorto da quale stato?
Dopo quale travaglio?
Dopo quale sofferenza?
Risorgendo ci indica che noi dobbiamo essere attratti da Lui sulla croce per poter veramente risorgere con Lui.
Fra Leopoldo, che gradualmente impariamo a conoscere, ha avuto la missione di formulare, praticare e diffondere l'Adorazione a Gesù Crocifisso ( denominata anche "devozione alle cinque Piaghe" ), operò per richiamare gli uomini al centro della storia, a questo centro di tutta la vicenda dell'umanità che è la Crocifissione, a questo fatto strepitoso dell'unica Persona Teandrica ( Dio e Uomo ) che si dà per noi, spargendo tutto il suo sangue dopo la inenarrabile sofferenza.
Noi abbiamo, grazie a Dio, ricevuto questo monito, e vi abbiamo aderito, almeno con una certa misura di generosità, da cui il nostro impegno di praticare e diffondere l'Adorazione a Gesù Crocifisso.
E concludiamo riportando un "detto" tratto dal Diario di Fra Leopoldo: "Leopoldo, l'amore che ti porto è indescrivibile!
Si! Perché tu fai del tuo meglio per far amare il mio Divin Figlio, Gesù Crocifisso ! " ( 7 marzo 1915 – Maria SS.ma. ).
La missione della Chiesa ha come scopo la salvezza degli uomini che si raggiunge con la fede in Cristo e la sua grazia.
Perciò l'apostolato della Chiesa e di tutti i suoi membri e diretto prima di tutto a manifestare al mondo il messaggio di Cristo con le parole e con i fatti e a comunicare la sua grazia …
Moltissime occasioni si presentano ai laici di esercitare l'apostolato dell'evangelizzazione e della santificazione.
La stessa testimonianza della vita cristiana e le opere buone compiute con spirito soprannaturale hanno la forza di attirare gli uomini alla fede e a Dio; poiché dice il Signore: "Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, in modo che vedano le vostre opere buone e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli" ( Mt 5,16 ).
Tuttavia tale apostolato non consiste soltanto nella testimonianza della vita; il vero apostolato cerca le occasioni per annunziare Cristo con la parola, sia ai non credenti per condurli alla fede, sia ai fedeli per istruirli, confermarli ed indurli ad una vita più fervente; poiché "l'amore di Cristo ci sospinge" ( 2 Cor 5,14 ) e "nel cuore di tutti devono echeggiare le parole del'Apostolo: guai a me se non annunciassi il Vangelo" ( 1 Cor 9,16 ).
di Alfredo Moselli
Da sempre la Chiesa afferma che ricevere Gesù in stato di peccato mortale è sacrilegio.
L'eucarestia presuppone l'unione tra l'uomo e Cristo, la esprime e la migliora.
L'insegnamento costante della Chiesa.
La Chiesa ha sempre proposto a credere che non si può ricevere l'eucarestia in stato di peccato mortale.
[ … ] Chi si comunicasse in peccato mortale, riceverebbe Gesù Cristo, ma non la sua grazia, anzi commetterebbe sacrilegio e si farebbe meritevole della sentenza di dannazione.
[ … ] Chi è consapevole di aver commesso un peccato grave, deve ricevere il sacramento della riconciliazione prima di accedere alla Comunione.
[ … ] Vige e vigerà sempre nella Chiesa la norma con cui il Concilio di Trento ha concretizzato la severa ammonizione dell'apostolo Paolo affermando che, al fine di una corretta ricezione dell'Eucarestia, "si deve premettere la confessione dei peccati, quando uno è conscio di peccato mortale".
"San Giovanni Paolo II, Ecclesia de Eucarestia, n§ 36".
Questa norma non deriva dal volere arbitrario della Chiesa, ma ha la sua ragion d'essere nell'essenza stessa dell'Eucarestia che presuppone già l'unione dell'uomo con Gesù Cristo ( escludendo tutto quanto ripugna al modo di amore verso Dio ), la esprime e la migliora mediante la fede e la carità.
Ora chi è in stato di peccato mortale ha solo una fede informe ( cioè conosce chi è Gesù Cristo, ma non lo ama abbastanza ); se riceve l'Eucarestia in questo stato, si ritrova ad essere una "menzogna vivente", imprigionando Gesù fisicamente nel suo corpo e nel contempo rigettandolo con il peccato mortale, qual è, per esempio, l'adulterio di chi intrattiene rapporti sessuali con persone diverse dal proprio coniuge ( legittimamente e validamente sposato con matrimonio religioso ).
Adorazione di fra Leopoldo al SS.mo Crocifisso del 3 ottobre 1914, ore 2,45 dopo mezzanotte, incentrata sul tema: come consolare Gesù.
"Stammi vicino! Consolami!" Gesù Crocifisso.
Mio Signore, ma tu sei inchiodato sopra la Croce, sei coronato di spine, e io sono qui ai tuoi piedi: mi parli tanto bene, che mi fai provare gioie celestiali!
"Sai bene che te l'ho detto due volte: tu consola Me, Io consolo te; collo stare ai piedi della Croce mi dai consolazione ed io consolo te".