"Ciò che è di Gesù, è pure nostro"

N° 18 - Giugno 2002

Con la solennità della SS. Trinità, siamo entrati nel tempo ordinario dell'anno liturgico.

Abbiamo celebrato il Natale, l'Epifania, la Quaresima, la Settimana santa della Passione, la Pasqua del Signore, la sua Ascensione al Cielo, la Pentecoste.

La nascita di Gesù nel mondo, la sua esistenza nascosta a Nazareth, il suo Sacrificio sulla croce, la sua glorificazione, tutti i suoi "misteri", ci sono passati davanti e ce ne siamo riempiti la mente e il cuore. E ora?

Scrive la lettera agli Ebrei: "Gesù, poiché resta sempre, possiede un sacerdozio ( = la sua offerta, la sua adorazione a Dio, la sua mediazione a nostro favore ), che non tramonta mai.

Perciò può salvare perfettamente quelli che per mezzo di Lui si accostano a Dio, essendo Egli sempre vivo a intercedere a loro favore " ( Eb 7,24-25 ).

E ancora: " Per questo Egli è mediatore di una nuova alleanza " ( Eb 11,14 ).

" Cristo è lo stesso ieri, oggi e nei secoli " ( Eb 13,8 ), affermazione solenne cui la Liturgia della veglia pasquale aggiunge: " A Lui appartengono il tempo e i secoli ".

Trattando dei "misteri" di Gesù, la sua venuta nel mondo, ancora più del suo sacrificio sulla croce, la Lettera agli Ebrei ne scrive al presente ( "Gesù resta per sempre", "è sempre vivo a intercedere per noi", "è il Mediatore di una nuova alleanza", "Gesù è oggi" ), come di un fatto reale in tutti i tempi, trascendente il suo tempo, contemporaneo di ogni uomo, di ogni generazione nella storia.

Gesù stesso per primo aveva già assicurato: " Io sono con voi tutti i giorni sino alla fine del mondo " ( Mt 28,20 ).

Gesù è il Figlio di Dio e come tale non può essere solo di ieri, ma è di oggi e di domani: Egli è di sempre, il Presente, il Contemporaneo di ogni uomo. Gesù oggi è sacerdote e Ostia, glorioso sì, ma sempre la Vittima sacrificale offerta al Padre per la sua gloria e per la nostra redenzione.

Ne consegue che anche nel tempo ordinario dell'anno liturgico, Egli è presente con i suoi misteri di incarnazione, passione morte e risurrezione, meravigliosa realtà di oggi, in ogni istante della nostra vita.

" L'oggi umano - scrive il S. Padre Giovanni Paolo II - è così inserito nell'oggi del Cristo Redentore. Questo oggi di Cristo è immerso in tutta la storia, nel passato, nel futuro del mondo e di ogni uomo ".

In questo tempo ordinario non c'è dunque spazio per la noia, perché "Gesù resta per sempre, è vivo ed opera, adora il Padre e intercede per noi presso il Padre, ci comunica se stesso, ci dona la realtà dei suoi misteri, la sua vita divina in noi.

Tocca però a noi conoscerlo, accoglierlo, lasciarlo irrompere nella nostra esistenza.

La realtà di Gesù è nostra perché Egli, mosso dall'amore del Padre, tutto ha fatto e sofferto per noi: " Sono venuto perché abbiamo la vita e l'abbiamo in abbondanza " ( Gv 10,10 ).

La sua realtà è nostra perché in ogni momento Egli si è presentato come nostro modello, tracciandoci con la vita e con le parole il cammino della nostra santificazione.

Ma non solo modello e regola esteriore è il Cristo per noi, ma è la nostra stessa vita: " Per me vivere è Cristo " ( Fil 1,21 ), perché da tutta l'eternità noi siamo stati pensati e voluti da Dio "in Lui", inseriti in Lui, come i tralci nella vite ( Gv 1,1-10 ).

Dal giorno del nostro Battesimo - e poi sempre di più attraverso la conversione continua a Lui nel Sacramento della Confessione e ancora di più per mezzo dell'Eucarestia che è Lui stesso in persona - siamo chiamati a vivere nella grazia santificante della sua stessa vita divina, per cui Gesù Cristo, nella comunione con Lui, se noi lo accogliamo, diventa nostro e noi siamo suoi, una cosa sola con Lui.

Nel tempo ordinario, dopo averli a lungo contemplati, siamo chiamati a scoprire più a fondo i misteri del Cristo e a farli davvero nostri, perché tutto ciò che è suo è nostro e ognuno di noi può dire con Aurelio Cassiodoro: " Allora sarò finalmente mio, quando sarà totalmente tuo ".

Paolo

-Mio buon Gesù, ora debbo andare a lavorare; non posso trattenermi di più con Te, mio Dio-.

"Sei contento, Leopoldo, che io venga a aiutarti?".

-Sì, mio Signore-.

-Ebbene, vengo, ma ti aiuto nello spirito.

Gli Angeli ti contemplano quando fai la Santa Adorazione, perché il tuo amore è angelico e santo.

Figlio mio, va al lavoro perché se guardi il tuo Gesù resteresti qui tutto il giorno e tutta la notte ancora.

Va, figlio mio, colla mia benedizione; ricordati di Me lavorando".

( 24 Aprile 1909 - matt. ore 3, 3/4 - Adorazione al SS.Crocifisso )

"Non voglio che tu trascuri i tuoi doveri, ma negli intermezzi fa' tesoro del tempo, corri, vola da me, tuo Crocifisso Gesù: non voglio più star senza di te!"

( 20 Luglio 1909 - Ore 3, 3/4 mattino - Adorazione al SSmo Crocifisso )

"Va', figlio mio, va' a prendere lavoro.

Io, tuo Gesù, ti terrei tutto il giorno qui a conversare, a scrivere; ma non lo puoi; compi i tuoi doveri: benedico te e tutti gli Adoratori; e ricordati di questo detto tutto il giorno: "amore per amore"!"

( 16 Ottobre 1909 - Sabato matt. ore 3, 30 - Adorazione al SSmo Crocifisso )

Restare vicini a Dio per vincere l'angoscia

Forse il più grande dolore spirituale al quale possa essere sottoposta l'umana sensibilità consiste nella separazione dalla persona amata.

Tuttavia, non bisogna dimenticare un fatto essenziale: mentre le separazioni terrene sono temporanee, in quanto neanche la "prima morte" può impedirci di rivedere i nostri cari nell'aldilà, quelle causate dalla "seconda morte" sono definitive.

L'aspetto più angosciante dell'Inferno risiede proprio nell'eterna separazione da Dio, ossia da quell' "alta luce" in cui contempleremo la massima esaltazione di tutto ciò che di buono e santo abbiamo visto e vissuto, per fuggevoli momenti, in questa vita.

In Cielo i legami terreni svaniranno ( "non prendono marito né moglie" Lc 20,35 ), non saranno più necessari né vincoli né promesse per dirigerci alla virtù, proprio perché entrando in comunione con Dio l'uomo potrà finalmente possedere il bene senza alcuno sforzo, liberandosi una volta per tutte da quel sentimento di privazione e nostalgia del divino che lo consuma fin dai tempi della caduta di Adamo.

Nel mistico abbraccio celeste il nostro cuore troverà la risposta stabile e pienamente gratificante alle sue più intime aspirazioni.

Qui sulla Terra, però, la possibilità del distacco improvviso dalla persona amata ( che muore o che semplicemente ci lascia ) è sempre presente: c'è chi vive questo trauma con rabbia, infliggendo al prossimo e a se stesso il peso della disperazione che nasce dal sentirsi ingiustamente abbandonati a un destino di solitudine e desolazione.

La cronaca nera di questi giorni abbonda di misfatti sanguinosi, consumati nell'intimità familiare, che i mezzi di comunicazione amano enfatizzare con sadica insistenza quasi volessero dimostrare il fallimento e la futilità degli antichi valori.

A dire il vero le cose stanno diversamente.

In particolare, i coniugi divorziati, ma soprattutto i loro figli, restano vittime di quella stessa rottura del patto matrimoniale che invece di risolvere i vecchi problemi genera nuovo dolore.

Un dolore innegabile nella sua tragica evidenza, per quanto i sociologi tentino di scorgere nello sfascio della famiglia italiana un segno di modernità.

In effetti, la scaturigine più profonda di queste fratture è il peccato, che separando l'uomo da Dio e dal prossimo, svuota l'anima di ogni energia morale, privandola della compassione e comprensione necessarie alla convivenza familiare e sociale.

Per ignoranza religiosa, attribuiamo la causa di tanti disastri a fattori esterni, chiedendo a psicologi e psicofarmaci delle soluzioni che non possono darci, quando invece, in molti casi, basterebbe un buon confessore per tornare vicini al volto di Dio e, quindi, al nostro prossimo.

"Le vostre iniquità vi hanno separato dal vostro Dio; i vostri peccati gli hanno fatto nascondere la sua faccia da voi." ( Is 59,2 )

La metafora del matrimonio permette di capire molte cose.

L'anima, misticamente parlando, separandosi dal suo Sposo perde il vero amore e si condanna alla solitudine. In questo consiste il peso tremendo della libertà umana: noi abbiamo la facoltà di accogliere o respingere Gesù …

"Maria, invece stava all'esterno vicino al sepolcro e piangeva.

Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro e vide due angeli …

Ed essi le dissero: "Donna, perché piangi?".

Rispose loro: "Hanno portato via il mio Signore e non so dove lo hanno posto". … Gesù le disse: "Maria!".

Essa allora, voltatasi verso di lui, gli disse in ebraico: "Rabbunì!", che significa: Maestro!" ( Gv 20,11-16 )

Maria Maddalena è l'immagine vivida e commovente dell'anima innamorata che si tormenta per la perdita dell'amato ( cfr. il Cantico dei Cantici ).

Possiamo immaginare la gioia da lei provata quando riconosce Gesù esclamando "Rabbunì!".

Quel punto esclamativo dice quasi tutto: Colui che sembrava perduto per sempre, la ragione ultima della sua lacerante nostalgia, ora riappare fra i vivi.

È una scena che va profondamente meditata, poiché il rapporto con Dio si fonda su questo genere di sentimenti.

Più che l'obbedienza, Egli desidera il nostro amore.

Ma la nostalgia lacerante per un bene perduto ( la persona amata, la salute ecc. ) può anche rappresentarci meglio di tante parole la condizione delle anime dannate.

Sennonché, nelle "tenebre esteriori", la "morte" causata da questa disperante separazione, si ripete all'infinito.

In questa prospettiva, le "catene" con le quali Fra Leopoldo si sforza di avvincere le anime perse al Crocifisso, così da tenerle legate alla fonte stessa della loro salvezza ( specialmente nel momento supremo del trapasso ), trovano una giustificazione lampante.

Il mistico "vede" le anime allontanarsi e "sente" il dolore di questa perdita: lo zelo per la salvezza del prossimo nasce da questa speciale sensibilità che Fra Leopoldo, reduce da tante separazioni terrene, aveva sviluppato in maniera eccezionale.

Stefano

"Segna, Leopoldo; Io, Maria SSma, senza di te non voglio più stare, e tu, Leopoldo?"

Io dico lo stesso di me: senza la mia santa Mamma di Dio, Gesù Crocifisso, non voglio più vivere: voglio sempre essere con Te!

"La fede fa i santi: chi ama l'amor mondano ama l'amor vuoto, in cambio l'amor di Dio riempie il cuore di santa allegrezza, e la grazia divina ci santifica, ci beatifica!" -: detti di Gesù Crocifisso, la sera del 24 marzo 1915, ore 11.