XIII stazione |
Dal Vangelo secondo Marco 15,34.36-37
Alle tre del pomeriggio Gesù gridò con voce forte: Eloì, Eloì, lemà sabactàni?, che significa: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?
Uno corse a inzuppare di aceto una spugna e, postala su una canna, gli dava da bere, dicendo: « Aspettate, vediamo se viene Elia a toglierlo dalla croce ».
Ma Gesù, dando un forte grido, spirò.
Mai, come nell'ora della sua morte, l'ora più importante nella storia dell'umanità, Gesù ci è stato più vicino.
Come uno di noi, nel momento della fine, Gesù è nell'impotenza, preda dell'angoscia.
Si muore soli.
I chiodi trafiggono la sua carne, ma soprattutto il suo spirito.
Forse il Padre lo ha abbandonato?
Soffre per lo strazio di sua Madre, scelta per dare la vita a un Figlio che vedrà morire.
Eppure Gesù, nell'amore e nell'obbedienza, accetta il progetto del Padre.
Sa che senza il dono della sua vita la nostra morte sarebbe priva di speranza; le tenebre della disperazione non diventerebbero luce; il dolore non sfocerebbe nella consolazione, nella speranza dell'eternità.
Grazie Gesù, per aver vinto la nostra morte, con la tua morte: fa' che le croci di quanti, come te, muoiono per mano di altri uomini, si trasformino in alberi della vita.
Grazie Gesù, per aver fatto della croce, luogo di sofferenza e di morte, il segno della nostra riconciliazione con il Padre: fa' che il tuo sacrificio asciughi tutte le lacrime che sono versate nel mondo, soprattutto quelle di chi, come tua Madre, porta la croce della morte di un innocente.
A te, Gesù, il capo chinato sul legno e il volto ormai spento, la lode adorante e memore, nel giorno che tramonta e nel giorno della luce inestinguibile.