II stazione

Gesù, tradito da Giuda, è arrestato

Dal Vangelo secondo Lc 22,47-53

Mentre Gesù ancora parlava, ecco una turba di gente; li precedeva colui che si chiamava Giuda, uno dei Dodici, e si accostò a lui per baciarlo.

Gesù gli disse: « Giuda, con un bacio tradisci il Figlio dell'uomo? ».

Allora quelli che erano con lui, vedendo ciò che stava per accadere, dissero: « Signore, dobbiamo colpire con la spada? ».

E uno di loro colpì il servo del sommo sacerdote e gli staccò l'orecchio destro.

Ma Gesù intervenne dicendo: « Lasciate, basta così! ».

E toccandogli l'orecchio, lo guarì.

Poi Gesù disse a coloro che gli erano venuti contro, sommi sacerdoti, capi delle guardie del tempio e anziani: « Siete usciti con spade e bastoni come contro un brigante?

Ogni giorno ero con voi nel tempio e non avete steso le mani contro di me; ma questa è la vostra ora, è l'impero delle tenebre ».

Meditazione

Tra gli ulivi del Getsemani, immersi nella tenebra, s'avanza ora una piccola folla: a guidarla è Giuda « uno dei Dodici », un discepolo di Gesù.

Nel racconto di Luca egli non pronuncia neppure una parola, è solo una presenza gelida.

Sembra quasi che non riesca del tutto ad accostarsi al viso di Gesù per baciarlo, fermato dall'unica voce che risuona, quella di Cristo: « Giuda, con un bacio tradisci il Figlio dell'uomo? ».

Sono parole dolenti ma ferme che svelano il groviglio maligno che si annida nel cuore agitato e indurito del discepolo, forse illuso e deluso e tra poco disperato.

Quel tradimento e quel bacio sono diventati nei secoli il simbolo di tutte le infedeltà, di tutte le apostasie, di tutti gli inganni.

Cristo, dunque, incontra un'altra prova, quella del tradimento che genera abbandono e isolamento.

Non è la solitudine a lui cara, quando si ritirava sui monti a pregare, non è la solitudine interiore sorgente di pace e di quiete perché con essa ci si affaccia sul mistero dell'anima e di Dio.

È, invece, l'esperienza aspra di tante persone che anche in quest'ora che ci vede riuniti, come in altri momenti del giorno, sono sole in una stanza, davanti a una parete spoglia o a un telefono muto, dimenticati da tutti perché vecchi, malati, stranieri o estranei.

Gesù beve con loro anche questo calice che contiene il veleno dell'abbandono, della solitudine, dell'ostilità.

* * *

La scena del Getsemani si è, quindi, animata: al precedente quadro solenne, intimo e silenzioso della preghiera, si oppone ora, sotto gli ulivi, il frastuono, il tumulto e persino la violenza.

Gesù si erge, però, sempre al centro come un punto fermo.

Egli è consapevole che il male avvolge la storia umana col suo sudario di prepotenza, di aggressione, di brutalità: « Questa è la vostra ora, è l'impero delle tenebre ».

Cristo non vuole che i discepoli, pronti a metter mano alla spada, reagiscano al male col male, alla violenza con altra violenza.

Egli è certo che il potere delle tenebre - apparentemente invincibile e mai sazio di trionfi - è destinato a essere piegato.

Alla notte, infatti, succederà l'alba, all'oscurità la luce, al tradimento il pentimento, anche per Giuda.

È per questo che, nonostante tutto, bisogna continuare a sperare e ad amare.

Come lo stesso Gesù aveva insegnato sul monte delle Beatitudini, per avere un mondo nuovo e diverso, è necessario « amare i nostri nemici e pregare per quelli che ci perseguitano ».( Mt 5,44 )