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Dal Vangelo secondo Giovanni 19,6 - 7.12.16
Come videro Gesù, i capi dei sacerdoti e le guardie gridarono: "Crocifiggilo! Crocifiggilo!".
Disse loro Pilato: "Prendetelo voi e crocifiggetelo; io in lui non trovo colpa".
Gli risposero i Giudei: "Noi abbiamo una Legge e secondo la Legge deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio"…
Da quel momento Pilato cercava di metterlo in libertà.
Ma i Giudei gridarono: "Se liberi costui non sei amico di Cesare!
Chiunque si fa re si mette contro Cesare"…
Allora lo consegnò loro perché fosse crocifisso.
Perché Gesù è stato condannato a morte, lui, che "passò facendo del bene" ( At 10,38 )?
Questa domanda ci accompagnerà lungo la Via Cruciscome ci accompagna per tutta la vita.
Nei Vangeli troviamo una risposta vera: i capi dei Giudei hanno voluto la sua morte perché hanno compreso che Gesù si riteneva il Figlio di Dio.
E troviamo anche una risposta che i Giudei hanno usato come pretesto, per ottenere da Pilato la sua condanna: Gesù avrebbe preteso di essere un re di questo mondo, il re dei Giudei.
Ma dietro a queste risposte si spalanca un abisso, sul quale gli stessi Vangeli e tutta la Sacra Scrittura ci fanno aprire lo sguardo: Gesù è morto per i nostri peccati.
E ancora più profondamente, è morto per noi, è morto perché Dio ci ama e ci ama al punto di dare il suo Figlio unigenito, affinché noi abbiamo la vita per mezzo di lui ( Gv 3,16-17 ).
È a noi stessi, dunque, che dobbiamo guardare: al male e al peccato che abitano dentro di noi e che troppo spesso fingiamo di ignorare.
Ma ancora di più dobbiamo volgere lo sguardo al Dio ricco di misericordia che ci ha chiamato amici ( Gv 15,15 ).
Così il cammino della Via Crucis e tutto il cammino della vita diventa un itinerario di penitenza, di dolore e di conversione, ma anche di gratitudine, di fede e di gioia.