VII stazione |
Dal libro dei Salmi 41,6-10
I miei nemici mi augurano il male: "Quando morirà e perirà il suo nome?".
Chi viene a visitarmi dice il falso, il suo cuore cova cattiveria e, uscito fuori, sparla.
Tutti insieme, quelli che mi odiano contro di me tramano malefici, hanno per me pensieri maligni: "Lo ha colpito una malattia infernale; dal letto dove è steso non potrà più rialzarsi".
Anche l'amico in cui confidavo, che con me divideva il pane, contro di me alza il suo piede.
Gesù cade di nuovo sotto la croce.
Certo era sfinito fisicamente, ma era anche ferito a morte nel suo cuore.
Pesava su di lui il rifiuto di coloro che, fin dall'inizio, si erano opposti ostinatamente alla sua missione.
Pesava il rifiuto che, alla fine, gli aveva opposto quel popolo che era sembrato pieno di ammirazione e anche di entusiasmo per lui.
Perciò, guardando la città santa che tanto amava, Gesù aveva esclamato: "Gerusalemme, Gerusalemme, … quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una chioccia raccoglie i suoi pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto!" ( Mt 23,37 ).
Pesava terribilmente il tradimento di Giuda, l'abbandono dei discepoli nel momento della prova suprema, pesava in particolare il triplice rinnegamento di Pietro.
Sappiamo bene che pesava su di lui anche la massa innumerevole dei nostri peccati, delle colpe che accompagnano attraverso i millenni l'intera vicenda umana.
Perciò chiediamo a Dio, con umiltà ma anche con fiducia: Padre ricco di misericordia, aiutaci a non rendere ancora più pesante la croce di Gesù.
Infatti, come ha scritto Giovanni Paolo II di cui questa sera ricorre il quinto anniversario della morte: "il limite imposto al male, di cui l'uomo è artefice e vittima, è in definitiva la Divina Misericordia" ( Memoria e identità, p. 70 ).