VIII stazione |
Dal Vangelo secondo Luca 23,27–29.31
Lo seguiva una grande moltitudine di popolo e di donne, che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui.
Ma Gesù, voltandosi verso di loro, disse: « Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli.
Ecco, verranno giorni nei quali si dirà: "Beate le sterili, i grembi che non hanno generato e i seni che non hanno allattato"…
Perché, se si tratta così il legno verde, che avverrà del legno secco? ».
Gesù, dunque, è lui ad avere compassione delle donne di Gerusalemme, e di tutti noi.
Anche mentre porta la croce Gesù rimane l'uomo che ha compassione delle folle ( Mc 8,2 ), che scoppia in pianto davanti alla tomba di Lazzaro ( Gv 11,35 ), che proclama beati coloro che piangono, perché saranno consolati ( Mt 5,4 ).
Proprio così Gesù si mostra l'unico che conosce davvero il cuore di Dio Padre e che può farlo conoscere anche a noi: "nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare" ( Mt 11,27 ).
Fin dai tempi più remoti l'umanità si è domandata, spesso con angoscia, quale sia veramente l'atteggiamento di Dio verso di noi: un atteggiamento di sollecitudine provvidenziale, o invece di sovrana indifferenza, o perfino di sdegno e di odio?
A una domanda di questo genere non possiamo dare una risposta certa con le sole risorse della nostra intelligenza, della nostra esperienza e nemmeno del nostro cuore.
Per questo Gesù – la sua vita e la sua parola, la sua croce e la sua risurrezione – è la realtà di gran lunga più importante di tutta la vicenda umana, la luce che brilla sul nostro destino.