XII stazione |
Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi.
Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.
Dal Vangelo secondo Luca 23,44-47
Era già verso mezzogiorno e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio, perché il sole si era eclissato.
Il velo del tempio si squarciò a metà.
Gesù, gridando a gran voce, disse: « Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito ».
Detto questo, spirò.
Visto ciò che era accaduto, il centurione dava gloria a Dio dicendo: « Veramente quest'uomo era giusto ».
Ti vedo, Gesù, e questa volta non ti vorrei vedere.
Stai morendo.
Eri bello da guardare quando parlavi alle folle, ma ora tutto è finito.
E io non voglio vedere la fine; troppe volte ho girato lo sguardo dall'altra parte, mi sono quasi abituato a fuggire il dolore e la morte, mi sono anestetizzato.
Il tuo grido sulla croce è forte, straziante: non eravamo pronti a tanto tormento, non lo siamo, non lo saremo mai.
Fuggiamo d'istinto, in preda al panico, di fronte alla morte e alla sofferenza, le rifiutiamo, preferiamo guardare altrove o chiudere gli occhi.
Invece tu resti lì in croce, ci aspetti a braccia aperte, aprendoci gli occhi.
È un mistero grande, Gesù: ci ami morendo, essendo abbandonato, donando il tuo spirito, compiendo la volontà del Padre, ritirandoti.
Tu resti in croce, e basta.
Non provi a spiegare il mistero della morte, del consumarsi di tutte le cose, fai di più: lo attraversi con tutto il tuo corpo e il tuo spirito.
Un mistero grande, che continua ad interrogarci e ad inquietarci; ci sfida, ci invita ad aprire gli occhi, a saper vedere il tuo amore anche nella morte, anzi a partire proprio dalla morte.
È lì che ci hai amati: nella nostra più vera condizione, ineliminabile e inevitabile.
È lì che cogliamo, seppure ancora in modo imperfetto, la tua presenza viva, autentica.
Di questo, sempre, avremo sete: della tua vicinanza, del tuo essere Dio con noi.
Ti prego Signore, apri i miei occhi, che io ti veda anche nelle sofferenze, nella morte, nella fine che non è la vera fine.
Turba la mia indifferenza con la tua croce, scuoti il mio torpore.
Interrogami sempre con il tuo mistero sconvolgente, che supera la morte e dona la vita.
Vidit suum dulcem Natum
moriendo desolatum,
dum emisit spiritum.