15 Novembre 2000

"La Parola, l’Eucaristia e i cristiani divisi"

( Lettura: Gv 17,20-21 )

1. Nel programma di quest’anno giubilare non poteva mancare la dimensione del dialogo ecumenico e di quello interreligioso, come già indicavo nella Tertio millennio adveniente ( cfr nn. 53 e 55 ).

La linea trinitaria ed eucaristica che abbiamo sviluppato nelle precedenti catechesi ci conduce ora a sostare su questo versante, prendendo in considerazione innanzitutto il problema della ricomposizione dell’unità tra i cristiani.

Lo facciamo alla luce della narrazione evangelica sui discepoli di Emmaus ( cfr Lc 24,13-35 ), osservando il modo in cui i due discepoli, che si allontanavano dalla comunità, furono spinti a fare il cammino inverso e a ritrovarla.

2. I due discepoli voltavano le spalle al luogo in cui Gesù era stato crocifisso, perché questo evento era per loro una delusione crudele.

Per lo stesso fatto, si allontanavano dagli altri discepoli e tornavano, per così dire, all’individualismo.

‘Conversavano di tutto quello che era accaduto’ ( Lc 24,14 ), senza capirne il senso.

Non capivano che Gesù era morto ‘per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi’ ( Gv 11,52 ).

Vedevano soltanto l’aspetto tremendamente negativo della croce, che rovinava le loro speranze: ‘Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele!’ ( Lc 24,21 ).

Gesù risorto si accosta e cammina con loro, ‘ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo ’ ( Lc 24,16 ), perché dal punto di vista spirituale, si trovavano nelle tenebre più oscure.

Gesù allora s’impegna con ammirevole pazienza a rimetterli nella luce della fede per mezzo di una lunga catechesi biblica: ‘Cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui’ ( Lc 24,27 ).

Il loro cuore cominciò a ardere ( cfr Lc 24,32 ).

Pregarono il loro misterioso compagno di restare con loro.

‘Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro.

Ed ecco si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero.

Ma lui sparì dalla loro vista’ ( Lc 24,30-31 ).

Grazie alla spiegazione luminosa delle Scritture, erano passati dalle tenebre dell’incomprensione alla luce della fede ed erano divenuti capaci di riconoscere Cristo risorto ‘nello spezzare il pane ’ ( Lc 24,35 ).

L’effetto di questo cambiamento profondo fu un impulso a ripartire senza indugio e a fare ritorno a Gerusalemme per raggiungere ‘gli Undici e gli altri che erano con loro ’ ( Lc 24,33 ).

Il cammino di fede aveva reso possibile l’unione fraterna.

3. Il nesso tra l’interpretazione della parola di Dio e l’Eucaristia appare anche altrove nel Nuovo Testamento.

Giovanni nel suo Vangelo intreccia questa parola all’Eucaristia quando nel discorso di Cafarnao ci presenta Gesù che evoca il dono della manna nel deserto reinterpretandolo in chiave eucaristica ( cfr Gv 6,32-58 ).

Nella Chiesa di Gerusalemme, l’assiduità ad ascoltare la didaché, cioè l’insegnamento apostolico basato sulla parola di Dio, precedeva la partecipazione alla ‘frazione del pane’ ( At 2,42 ).

A Troade, quando i cristiani si riunirono attorno a Paolo per ‘spezzare il pane’, Luca riferisce che il raduno cominciò con lunghi discorsi dell’Apostolo ( cfr At 20,7 ), certamente per nutrire la fede, la speranza e la carità.

Da tutto questo risulta chiaro che l’unione nella fede è la condizione previa alla partecipazione comune all’Eucaristia.

Con la Liturgia della Parola e l’Eucaristia - come ci ricorda il Concilio Vaticano II citando san Giovanni Crisostomo ( In Joh. hom. 46 ) - ‘i fedeli uniti col Vescovo hanno accesso a Dio Padre per mezzo del Figlio, Verbo incarnato, morto e glorificato, nell’effusione dello Spirito Santo, ed entrano in comunione con la Santissima Trinità, fatti ‘partecipi della natura divina’ ( 2 Pt 1,4 ).

Perciò per mezzo della celebrazione dell’Eucaristia del Signore in queste singole Chiese, la Chiesa di Dio è edificata e cresce, e per mezzo della celebrazione si manifesta la loro comunione ’ ( Unitatis redintegratio, n. 15 ).

Questo legame col mistero dell’unità divina genera, dunque, un vincolo di comunione e di amore tra coloro che sono assisi all’unica mensa della Parola e dell’Eucaristia.

L’unica mensa è segno e manifestazione dell'unità.

‘Di conseguenza, la comunione eucaristica è inseparabilmente legata alla piena comunione ecclesiale e alla sua espressione visibile ’ ( La ricerca dell'unità - Direttorio ecumenico 1993, n. 129 ).

4. In questa luce si comprende come le divisioni dottrinali esistenti tra i discepoli di Cristo raccolti nelle diverse Chiese e Comunità ecclesiali limitino la piena condivisione sacramentale.

Il Battesimo è, tuttavia, la radice profonda di un’unità fondamentale che lega i cristiani nonostante le loro divisioni.

Se pertanto la partecipazione alla medesima Eucaristia rimane esclusa per i cristiani ancora divisi, è possibile introdurre nella Celebrazione eucaristica, in casi specifici previsti dal Direttorio ecumenico, alcuni segni di partecipazione che esprimono l’unità già esistente e vanno nella direzione della piena comunione delle Chiese attorno alla mensa della Parola e del Corpo e Sangue del Signore.

Così, ‘in occasioni eccezionali e per una giusta causa il Vescovo diocesano può permettere che un membro di un’altra Chiesa o Comunità ecclesiale svolga la funzione di lettore durante la Celebrazione eucaristica della Chiesa cattolica ’ ( n. 133 ).

Similmente ‘ogniqualvolta una necessità lo esiga o una vera utilità spirituale lo consigli e purché sia evitato il pericolo di errore o di indifferentismo’, tra cattolici e cristiani orientali è lecita una certa reciprocità per i sacramenti della penitenza, dell’Eucaristia e dell’unzione degli infermi ( cfr nn. 123-131 ).

5. Tuttavia l’albero dell’unità deve crescere fino alla sua piena espansione, come Cristo ha invocato nella grande preghiera del Cenacolo qui proclamata in apertura ( cfr Gv 17,20-26; UR n.22 ).

I limiti nell’intercomunione davanti alla mensa della Parola e dell’Eucaristia devono trasformarsi in un appello alla purificazione, al dialogo, al cammino ecumenico delle Chiese.

Sono limiti che ci fanno sentire più fortemente, proprio nella Celebrazione eucaristica, il peso delle nostre lacerazioni e contraddizioni.

L’Eucaristia è così una sfida e una provocazione posta nel cuore stesso della Chiesa per ricordarci l’intenso, estremo desiderio di Cristo: ‘Siano una cosa sola’ ( Gv 17,11.21 ).

La Chiesa non dev’essere un corpo di membra divise e doloranti, ma un organismo vivo e forte che avanza sostenuto dal pane divino, come è prefigurato nel cammino di Elia ( cfr 1 Re 19,1-8 ), fino alla vetta dell’incontro definitivo con Dio.

Là finalmente si compirà la visione dell’Apocalisse: ‘Vidi anche la città santa, la nuova Gerusalemme, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una Sposa adorna per il suo Sposo ’ ( Ap 21,2 ).